ciad -ennedi……… 25.11

Siamo a 17 kilometri da Kalait, dopo la levata del campo, la raggiungiamo: siamo nello stesso villaggio attraversato all’andata del nostro viaggio, al pozzo si fa l’ultimo rifornimento d’acqua e l’ultimo pieno di gasolio ai serbatoi, eseguito sempre a mano, dai bidoni per mezzo di una pompa. Salutiamo Eduards, uno dei collaboratori di Piero, che ci lascia per raggiungere Rocco Ravà e unirsi ad un’altra spedizione di facoltosi turisti americania a Faya, giunti lì in aereo da N’Diamena per giro nell’Ennedi. Sempre con l’aiuto di Eduards, Fosco, nostro compagno, con grande difficoltà riesce a comperare delle bottiglie di birra fresca, qui merce rara, metre noi giriamo tra le bancarelle del mercato.

Seguiamo ora il corso naturale dell’Oued Achim in un’ambiente selvaggio  e ricco di animali, come gazzelle dorcas, otarde, iene sciacalli, gazzelle dorcas che velocemente fuggono davanti a noi al minimo rumore quando ci scorgono da lontano, attraversando la pista velocemente. Siamo a circa 500 km dalla capitale, percorso che faremo nei prossimi 3 giorni, in questa piana desertica con la vista che si apre all’infinito a 360 gradi su tutti i lati con leggeri ondulati saliscendi. Appena fuori dal villaggio, è stato cosruito un nuovo grande mercato in muratura, finito mai utilizzato ed  ora completamente vuoto perchè i mercanti vi si rifiutano di trasferirsi perchè sono nomadi e non vogliono essere inquadrati con regole ferree o per pagare eventuali tasse. La pista ora attraversa una grande area trasformata in una grande pista di atterraggio per aerei, un aereoporto nel deserto ma senza segnali o torre di controllo, subito dopo un cimitero di guerra che accoglie i resti dei morti libici nella guerra degli anni 80, e un ex forte coloniale francese, ormai in rovina. Proseguiamo su pista larga centinaia di metri, solo un piatto deserto su ogni lato della stessa, ogni tanto in lontananza delle gazzelle, alcuni sciacalli davanti noi di scatto attraversano la pista e volpi si ergono diritte in piedi a guardia delle loro tane. Ci fermiano vicino ad un pozzo, profondo un centinaio di metri, intorno al quale sono fermi decine di dromedari: l’acqua viene sollevata con un secchio legato ad una corda collegata alla sella di un dromedario sul quale sta seduto un bimbo che percorre un pezzo del deserto per tutta la lunghezza della corda, sollevata, i cammellieri svuotano il contenitore in una vasca per abbeverare i dromedari.

In un angolo poco lontano, vediamo una femmina di dromedario con il suo piccolo, bianco, appena nato. Questa è la vera vita dei nomadi per procurarsi l’acqua, sia per gli animali che per loro, questione di vita o di morte. Pausa pranzo in una foresta di spinose acacie, una zona secca e brulla, ma all’ombra per un breve riposo. Sempre sulla stessa pista si prosegue fino al campo che Piero trova alle piane della Morcha, un bel tramonto luminoso ,

dopo cena una volta celeste stupenda, una stella cadente lumisosa e una lunghissima scia la accompagna a spegnersi all’infinito, mai vista nella mia vita una stella simile a occhio nudo.

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