ASCESA DEL VULCANO PLOSKY TOLBACHIK
Non è ancora sorta l’alba quando ci si alza perchè ci attende una lunga giornata di cammino, il vento che ha soffiato tutta la notte ha spazzato via gran parte delle nuvole, le lontane vette dei vulcani sono ancora immerse nelle nubi, il cratere del vulcano Plosky Tolbachik che sarà la nostra meta di oggi, a quota 2850 m, si staglia all’orizzonte. Daopo una abbondante colazione, con il camion si risale su piste di lava solidificata avvicinandosi il più possibile all’inizio del sentiero dove comincerà la risalita a piedi a quota 1680 m. Ci si ritrova avvolti in una fitta nebbia quano partiamo, salendo dense nuvole coprono il cielo con il vento che inizia fischiare, per la cima un dislivello di ben 1200 m. Il sentiero, in questa primo tratto, è facile con una leggera pendenza, si cammina tranquillamente sopra alcuni neva, per poi passare su campi di cenere e di lava, a lato del sentiero troviamo alcune bombe di lava, di varie dimensione e forme fantastiche, animali o uccelli, sparate dal vulcano nell’ultima eruzione del 1975 . Una breve pausa pranzo fermandoci su un pianoro a circa 2000 m. al riparo dal vento, ai piedi del cratere prima dell’ultima strappo finale. Sopra di noi, mentre si continua a salire, splende uno stupendo cielo di un blu intenso lasciando osservando la grande pianura sottostante punteggiata da tanti coni vulcanici formatisi nelle varie epoche da precedenti eruzioni. Dopo diverse ore di risalita, anche su sentieri duri e difficili, si arriva sull’orlo del cratere che ha un diametro di circa 1000 mt e profondo oltre 500 mt, la cui bocca è passata dai 100 mt agli attuali 1000 dopo la forte eruzione del 1975. Sull’altro lato del cratere rispetto a dove siamo arrivati, davanti a noi un enorme ghiacciaio scarica le sue acque in fondo al lago, il sole alto colora le rocce che si riflettono passsando dal giallo al rosso a diverse tonalità di grigio. Tutti vicino al precipizio ad osservare l’immeso cratere, rendendoci conto di quanto nulla possa fare l’uomo davanti alle forze immense e inimmaginabili che la natura può scatenare in qualsiasi momento. Ricomincia a soffiare il vento, rinunciando a salire oltre, bisogna scendere, in alcuni tratti a causa della violente folate del vento siamo costretti a stenderci a terra completamente, aggrappandosi ai piccoli cespugli o arbusti per non cadere giù, stessa forza che può fare la bora a Trieste. Il ritorno è abbastanza duro, incontriamo numerosi scalatori russi impegnati per arrampicate su altre vette, faranno bivacco in quota e in tenda, con loro due vulcanologi russi che si sono consultati con la ns. guida per delle loro ricerche in corso. Dopo 15 km di salita e i 15 di discesa, siamo arrivati al parcheggio del camion ,rientriamo al campo base quasi alle 19, per un meritato riposo, cena e subito dopo a dormire in tenda, stanchi, affaticati ma soddifatti di questa nuova esperienza.