da ” autoritratto di un reporter “
Quello che scrivo risulta dalla somma di 3 fattori, il primo fondamentale è il viaggio in se, inteso naturalmente come viaggio di studio, tra l’antropologia e l’etnografico. Per me significa una grande fatica fisica e uno sforzo mentale, perchè bisogna essere sempre concentrati. Si deve sempre pensare che ci si trova in luoghi dove forse non si tornerà mai più, che si vive forse un momento unico della propria vita e quindi si deve cercare di osservare e ricordare ogni cosa, conoscere o meglio fagocitare il più possibile. Il secondo fattore sono le letture prima di partire, cerco di leggere un’enorme quantità di libri sul luogo, sulla cultura e sulla storia del luogo nel quale mi reco. Ho una biblioteca di consultazione composta da migliaia di volumi, cerco di non ripetere quello che ho già scritto, di introdurre qualcosa di nuovo. Il terzo fattore è la riflessione personale.
Esistono vari modi di viaggiare. La maggior parte della gente -le statistiche parlano addirittura del novantacinque per cento – parte per riposarsi. Vuole scendere in alberghi di lusso in riva al mare e mangiare bene, non importa se alle Canarie o alle isole Figi. I giovani compiono viaggi di tipo agonistico, come cimentarsi nell’attraversamento dell’Africa da nord a sud, o navigare sul Danubio in kajak. Non si interessano della gente incontrata per strada: il loro scopo è di mettersi alla prova, la soddisfazione di superare le difficoltà. Certi viaggi nascono per motivi di lavoro o di necessità – anche gli spostamenti dei piloti di linea e quelli dei profughi sono una particolare forma di viaggio. Per me il viaggio più prezioso è quello del reprtage, il viaggio etnografico o antropologico intrapreso per conoscere meglio il mondo, la storia, i cambiamenti avvenuti, in modo da trasmettere agli altri le conoscenze acquisite. Sono viaggi che richiedono concentrazione, ma che mi permettono di capire il mondo e le leggi che lo regolano.
Più si conosce il mondo, più ci rendiamo conto della sua inonoscibilità e sconfinatezza: non tanto in senso spaziale, ma nel senso di una ricchezza culturale troppo vasta per essere conosciuta.
QUANTO ANCORA DOBBIAMO IMPARARE DA LUI