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IN RICORDO DELLA SIRIA

questo articolo, scritto nel 2009, riflette la situazione di allora.   Purtroppo in seguito le tensioni etniche, religiose e politiche si sono aggravate a tal punto da trasformarsi in una spietata guerra civile oggi anche totale con le conseguenze a tutte note.

SIRIA

Crocevie di civiltà .

Non si può certo dire che la Siria goda di una buona fama in Occidente. Gli Stati Uniti l’hanno inserita nella lista degli “stati canaglia” punendola con sanzioni economiche e diplomatiche per il suo sostegno agli Hezbollah e le simpatie filoiraniane, mentre per ogni crisi in Medioriente spunta sempre, a ragione o a torto, il suo nome, come per ogni bomba che esplode in Libano si sospettano i servizi segreti siriani.    Probabilmente un fondo di verità c’è, ma bisognerebbe sforzarsi di vedere le cose anche dal punto di vista di Damasco, già fortemente intaccata nella sua integrità fisica, umiliata nell’orgoglio nazionale, oberata da milioni di profughi palestinesi e libanesi prima e iracheni oggi che pesino non poco nella sua fragile economia, minacciata nella stessa sopravvivenza dalla politica americana e israeliana.    Di sicuro la sua posizione geografica, che in passato fece la sua fortuna quale epicentro imprescindibile  per i traffici commerciali fra il Mediterraneo e Penisola Arabica, tra Nord Africa e Mesopotamia, tra Mar Rosso e Golfo Persico, oggi tende invece a penalizzarla.   Questa nazione del Vicino Oriente, grande poco oltre la metà dell’Italia, ma abitata da un terzo di persone, confina infatti con la Turchia, separate da odi atavici per la rivendicazione territoriale su Antiochia, un tempo siriana, l’Iraq con tutto quello che rappresenta e ne consegue, il tormentato Libano (siriano fino al 1926), la Giordania, con la quale non è mai corso buon sangue, e infine Israele, contro il quale ha combattuto tutte le guerre possibili e che occupa tuttora le alture del Golan.     Viste dalla Siria le prospettive cambiano, e non poco.    Un paese moderno e efficiente, pulito e sicuro, islamico ma laico e niente affatto integralista, dove si consuma liberamente alcool, le donne non portano veli e gli uomini vestono all’occidentale, pieno di paraboliche, cellulari e internet, dove da millenni convivono in armonia etnie, lingue e religioni diverse, che altrove invece si massacrano, dove le chiese affrancano le moschee e i mussulmani visitano normalmente i monasteri cristiani perchè le tre religioni monoteistiche hanno parecchi punti in comune.      Le strade della capitale Damasco sono piene di gigantografie  del giovane presidente Assad, e questa potrebbe essere propaganda del regime, ma quando la stessa immagine la ritrovi nelle case devi pensare che goda davvero del sostegno popolare.    Di certo i siriani non nutrono simpatie per Israele e per la politica mediorientale americana, ma ditemi voi dove questo avviene.   Nessuna preclusione invece per l’Occidente e l’Europa, guardate con simpatia.    In fondo la Siria si sente una piccola ma incisiva potenza regionale, sostenitrice del naziolanismo arabo, ma incompresa e minacciata dai vicini .      Per questo amano la storia, l’archeologia e l’arte, e subiscono il fascino dell’Oriente levantino, la Siria dovrebbe costituire una meta imprescindibile.    Nessun’altra nel Mediterraneo può offrire una così ricca varietà e successione di civiltà, ognuna delle quali ha lasciato tracce significative.   E la storia parte da molto lontano, tanto lontano da travilacere la preistoria.  In quell’ampia porzione di territorio compreso tra i fiumi Eufrate e Tigri, la Mesopotamia definita dagli storici la Mezzaluna fertile”, 10 mila anni orsono avvenne una delle più significative trasformazioni tecniche, sociali e culturali che abbia mai interessato l’umanità, la cosidetta rivoluzione neolitica.    Qui l’uomo imparò a coltivare le piante e ad addomesticare gli animali, modificando totalmente la propria alimentazione ed economia, qui fu inventata la ceramica e l’alfabeto cuneiforme, qui furono realizzate le più antiche opere idrauliche e sorsero le prime città, qui l’uomo concepì i concetti dim divino e di arte, qui nacquero le dinastie reali, gli insediamenti coloniali, le prime vie del commercio, gli eserciti di conquista, le professioni specializzate e le classi sociali.     E tanto altro ancora, come ci attestano gli insediamenti protostorici di Ugarit, Mari, Ebla e di altri minori ancora in via di scoperta.   In questa terra si sono addensati, condensati e sovrapposti 5 mila anni di storia e di civiltà.   Sumeri, Amorriti, Aramei, Assiri, Babilonesi, Fenici, Persiani, Greci, Seleucidi, Romani, Bizantini, Arabi Mamelucchi egiziani e turchi, Ottomani, ognuno lasciando testimonianze eccelse da farne un museo a cielo aperto.    Il nero teatro romano di Bosra, ammirato anche da Maometto, i monumentali resti di Palmira, la maggior necropoli romana nel deserto e capitale delle antiche vie carovaniere dell’incenso e della seta, la basilica bizantina di San Simeone Stilita, la moschea Omayyade di Damasco, una delle più antiche città del modo abitata ininterrottamente da 5 millenni e prima capitale del califfato arabo, la cittadella fortificata di Aleppo, i monasteri cristiani di Saydnaya e di Maulaloula dove si prega ancora in aramaico, la lingua di Gesù, i suq storici di Damasco e Aleppo ridontanti di spezie e di manufatti atrtigiani pregiati, tanto per citarne solo i siti più rimarchevoli, sono dei veri capolavori degni di figurare nel Patrimonio dell’Umanità dell’Unesco.   Dai suoi porti partirono le navi fenicie per i primi commerci nel Mediterraneo, qui nacque e si sviluppò il Cristianesimo (la Palestina e il Libano facevano parte in passato della Siria), qui si assistette alle gesta non sempre gloriose dei Crociati per la liberazione di Gerusalemme e del Ssnto Sepolcro, i quali eressero stupendi castelli come il noto Crak dei Cavalieri.   Non si sa se fosse siriano l’anonimo autore de Mille e una notte, stupenda raccolta di fiabe arabe parecchie delle quali ambientate a Damasco, mentre era siriano Salah an Din, il famoso Saladino anticristiano uno dei maggiori eroi mussulmani, che conquistò Gerusalemme nel 1187 e poi la bellissima e colta regina Zenobia, regina di Palmira, capace di tenr testa per parecchio all’esercito romano.     Il paese offre paesaggi diversi: verde e fertile lungo la costa, dove predomina la macchia mediterranea, poi si eleva fino a 2800 metri nella catena dell’Antilibano, dominata da foreste di conifere e dei maestosi cedri, quindi scende con un vasto tavolato verso la steppa e il deserto siriano punteggiato dalle nere tende dei beduini con le loro mandrie di capre e dromedari, quindi ritorna fertile nella regione della Mesopotamia, verso il confine con l’Iraq.     La stragrande maggioranza della popolazioneè araba e musulmana, ripartita in diverse sette e confessioni dove predominano però i sunniti, ma sono presenti anche consistenti minoranze appartenenti ad altre etnie che parlano altre lingue e seguono altre religioni: Curdi, Armeni, Circassi, Turkmeni e cristiani di varie confessioni, ognuno con la propria storia e tradizione.   Ma abituati da sempre a convivere gomito a gomito, nel rispetto e nella tolleranza l’uno per l’altro.   Visto dall’interno la Siria non appare affatto uno stato canaglia, quanto un invidiabile modello di connivenza interetnica, dove la pace viene considerata un presupposto di prosperità.    Eppure in questa terra si sono misurati e scontrati eserciti di mezzo mondo fin dai tempi più remoti: Sumeri, Accadi, Egizi, Hittiti, Assiri, Achemenidi, Macedoni, Romsani, Arabi, Crociati europei, Mammalucchi egiziani, turchi Ottomani, tutti con finalità di espansione e di dominio, compreso i Mongoli di Tamerlano.    L’ndipendenza è invece una conquista assai recente e risale al 1946.   Da allora si sono suseguite guerre e tensioni con i vicini e colpi di stato all’interno, ma negli ultimi decenni sembra aver conseguito una stabilità ineriore e un ruolo di primo piano nello schiacchiere mediorientale.    Perdersi nel dedalo di vicoli e di stradine vocianti nei vivacissimi suq di Damasco e di Aleppo costituisce un raro piacere :  è come compiere un viaggio a ritroso nel tempo, trasportasti dagli aromi delle erbe e spezie che si mescolanoall’odore dell’incenso e del caffè turco.  La Siria costituisce un luogo magico e ideale per lo shopping di pregio: tappeti e kilim, gioielli berberi d’argento, armi da taglio, rami e ottoni cesellati, strumenti musicali levantini, broccati e tessuti damascati di cotone con decorazione in seta, scatole in legno di noce intarsiate con madreperla.    Le valigie si riempiranno senza nemmeno accorgersene.

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UZBEKISTAN

Tra Bukhara e Samarcanda.

Ubicato nel cuore dell’Asia cedntralre, l’Uzbekistan costyituisce di gran lunga la più nota tra le diverse repubbliche autonome sorte nel 1991 dopo il dissolvimento dell’Unione Sovietica, grazie al fatto di essere stato per due millenni e mezzo, culla di importantio civiltà e punto obbliogato di passaggioperi mercanti e le merci in transito tra oriente e occidente lungo la Via della Seta, tanto da lasciare in eredità al presente il più cospicuo patrimonio artistico e culturale di tutta la regione.   Basta ricordare i nomi armoniosi di Bukara, Khiwa e Samarcanda, tutte protette dall’Unesco come patrimonio dell’umanità per i loro retaggi storici e artistici, le principali città carovaniere del passato fattesi capitali degli imperi di Alessandro Magno e Tamerlano, per capire di cosa stiamo parlando.   Grande una volta e mezzo l’Italia e con 25 milioni di abitanti, lungo 1500 km e largo in media 300, presenta ad ovest immense steppe aride e semidesertiche e pianeggianti attorno a quel che resta del lago d’Aral, mentre ad est incontra le propaggini delle possenti catene montuose del Tian Shan, dell’Alaj e del Pamir; in questa zona si trova anche la fertile valle di Fargana, una consistente fossa tettonica particolarmente adatta all’agricoltura con imponenti coltivazioni di cotone (di cui è secondo produttore al mondo), sericoltura, ortaggi e frutta, ma anche culla dell’artigianato uzbeko, in particolare quello ceramico.   A differenza degli altri paesi confinanti qui prevalgono infatti i contadini stanziali rispetto ai pastori nomadi, i quali tuttavia producono la vellutata lana delle pecore karakul, ma si tratta comunque di una nazione piuttosto povera dove risulta ancora assai praticato il baratto.     La storia parte da lontano dagli Sciiti e prosegue con l’impero achemenide persiano vinto da Alessandro Magno, il quale proprio a Samarcanda si sposò con una principessa ed ebbe l’unico figlio, poi fu la volta dei regni partico e sasanide fino ai mongoli di Gengis Kan.     L’uzbeko Tamerlano  fece di Samarcanda la splendida capitale del suo impero, a cui seguirono vari kanati locali tra i quali priomeggiò quello dell’altrettanta splendida Bukara, capolavoro dell’arte religiosa islamica.   Nel 1800 entrò nellì’orbita russa, per diventare poi una delle repubbliche dell’Asia centrale sovietica, fino all’indipendenza conseguita nel 1991.   Una costante storica, viene rappresentata dalla presenza di sanguinari titranni, da Gengis Kan a Tamerlano, da Nasrullah Khan a Stalin, fino al dittatore Karimov dei gioprni nostri, perchè il crollo del comunismobin Asia cemtrale non è servito a modificarela mentalità autoritaria dei governanti.    La lingua principale è quella uzbeka, seguita dal russo, di origine turca scritta dapprima in arabo, poi in ciriullico e oggi in caratteri latini.

L’itinerario

Tre sono le località imprescindibili per qualsiasi tipo di viaggio in Uzbekistan: Bukara, Khiwa e Samarcanda, città che evocanogià nei nomi i  profumi e il cosmopolitismo della Via della Seta, attiva per quasi tre millenni già a partire dal 1500 a.C. Samarcanda, già prospera nel V sec. a.C. sotto il dominio persiano a cui pose termine il macedone Alessandro, ne era il principale caravanserraglio e divenne splendida quando assume il ruolo di capitale dell’impero di Tamerlano, spietato ma anche attivo mecenate dell’arte e della cultura, facendole assumere un ruolo egemone in tutta l’Asia centrale.     Da allora il centro storico è rimasto immutato, compreso lasua  magica atmosfera, con le madrase dalle cupole di maiolica, le moschee dai minareti azzurri, i mausolei e le tombe, mentre il frenetico bazar costituisce un museo etnico dal vivo.    Bukhara, capitale fino al IX sec. del regno persiano samanide, rappresenta la città sacra per eccellenza dell’Asia centrale, con il suo enorme bagaglio culturale alimentato nel tempo da torme di artisti, letterati e scienziati.    Con i suoi edifici millenari protetti e un centro storico tuttora abitato e immutato negli ultimi due secoli, rappresenta uno dei luoghi migliori per farsi un’idea di come fosse la regione prima dell’arrivo dei russi.    Inutile cercare nei suoi animati bazar i famosi tappeti omonimi tanto apprezzati in occidente, perchè in realtà oggi vengono prodotti in Turkmenistan.    Khiva, capitale nel XVI sec dell’impero timuride, è invece una piccola città carovaniera famosa purtroppo per il suo mercao degli schiavi, il maggiore dell’Asia centrale, durato per tre secoli.    Il suo centro storico, già attivo come fortezza e caranserraglio nell’VIII sec e ancora oggi racchiuso entro ura, è rimasto talmente integro da poter essere definito una vera città-museo.

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IRAN

Le grandi civiltà della Persia.

E’ bastato un cambio di primo ministro, dall’estremista Ahmadinejad al più moderato Rouhani, aprire le porte delle centrali nucleari agli ispettori internazionali, smettere di gridare ogni giorno contro Usa e Israele e un discorso distensivo alle Nazioni Unite per far cambiare -dopo decenni di anatemi e ssanzioni- l’immagine internazionale dell’Iran nel volgere di pochi giorni.     E da allora -siamo nell’autunno del 2013- è scoppiata la corsa dei visitatori stranieri, anche se le donne debbono andarci a capo coperto, prima titubanti ad andare in un poaese canglia fomentatore di estremismi politici e religiosi, con il risultato di creare overbooking perenni nei voli e negli alberghi e far lievitare i prezzi alle stelle.   Evidentemente c’era voglia e curiosità di Iran in giro per il mondo, non soltanto per conoscere una delle maggiori fucine di civiltà attiva da almeno 6000 anni, ma anche per confrontarsi con 70 milioni di persone che vivono improntando ogni loro gesto quotidiano di severi dettami della religione sciita, formata soltanto dalla paura.   Sopratutto oggi, che la realpolitik occidentale sta facendo diventare il nemico (l’Iran) del nostro nuovo nemico.    Perchè l’Iran, l’antica Persia racchiusa tra mar Caspio e golfo Persico, non è una nazione qualunque.   Questo paese medioorientale, cerniera tra mondo arabo e mondo centro asiatico, diciottesimo per superfice sulla terra (grande oltre cinque volte l’Italia) dove si alternano montagne alte oltre 5600 m e deserti infuocati, è stata una delle culle delle più antiche civiltà, nella quale si sono succeduti Achemenidi, Greci, Seleucidi, Parti e Sasanidi, quindi i Califfi islamici poi i Selgiuchidi e i Safavidi fino alla dinastia Pahlavi dell’ultimo scia e all’attuale regime di democrazia autocratica e teocratica.     Susa, la città più antica, risale al 4395 a.C. . Ma, a differenza che altrove dove grandi civiltà sono cresciute e poi dissolte, in Persia c’è stata una successione stratigrafica, dove ogni civiltà si è sovrapposta a quella precedente, lasciando però consistente tracce di se nell’architettura, nell’arte, nella cultura e nella letteratura.   Inoltre questo paese, all’apparenza così monolitico nella religione e nella morale, risulta in realtà composto da un vero caleidoscopio etnico: infatti alla maggioranza persiana (61%) si sommano consistenti minoranze azere, curde, luri, arabi beluchi e turchi, tutte ben integrate, così come la netta maggioranza sciita lascia spazio a minoranze cristiane, ebree e zoroastriane, quest’ultima una delle religioni più antiche in assoluto.

L’itinerario

Un itinerario per scoprire i milli tesori nascosti di questo enorme paese richiede almeno due settimane.   Si parte dalla capitale Teheran, città caotica, inquinata e troppo popolata ma ricca di importanti musei, fondamentali per comprendere la cultura persiana.  In volo per Alvaz si raggiunge Chopa Zambil per ammirare la magnifica zapparat (sito Unesco) enorme tempio piramidale in mattoni crudi, migliore esempio architettonico elamita della metà del XIII sec. a.C.     L’antica Susa vanta una storia lunga: antica capitale nel III millennio del regno elamita, venne distrutta dal re assiro Assurbanipal nel 521, ma ricostruita da Ciro I che ne fece la capitale invernale del regno achemenide: il palazzo di Dario offre colonne alte 22m.  Bishaput, nel sud est, è la grandiosa capitale del re sassanide Shapur I, che sconfisse per ben tre volte i Romani: la città venne infatti costruita nel 260 d.C. dai prigionieri romani dell’imperatore Valeriano.    Shiraz si presenta come unas raffinata città, capitale letterario medioevale, tra il XIII e XIV sec. vi vissero Hafez e Saidi, i due maggiori poeti nazionali, depositari dei valori culturali persiani, capitale nel 1700, possiede un gran numero di monumenti, come moschee, palazzi, giardini, mausolei e vetusti bazar.    La maestosa Persepoli (sito Unesco) fu la capiatale imperiale di Dario il Grande fondata nel 512 a.C.; considerata uno dei più importanti complessi di rovine del pianeta, una monumentale scalinata conduce all’antica porta della città regale, dove i diversi palazzi sono decorati da straordinari bassorilievi inneggianti al Re dei Re.    Nella vicina necropoli reale achemenide di Naqsh-e-Rostam si possono ammirare quattro tombe scavate nella roccia.    Pasargarde fu la fugace capitale di Ciro il Grande: originale la tomba megaliticadi Ciro nella sua maestosa essenzialità.   Yazd è una delle tre città più antiche del mondo e imponente nodo carovaniero visitato anche da Marco Polo, a 1200 m di quota circondata da deserti: nel centro storico, protetto dall’Unesco, svettano le lugubri torri del silenzio, dove i corpi dei defunti vengono offerti agli avvoltoi, e le Torri del Vento, antico sistema architettonico di condizionamento termico.     Nel tempio roroastriano del fuoco brucia una fiamma dal 470 a.C. e la sua santità la fece risparmiare dai saccheggi di Gengis Kan e Tamerlano.  Isfahan, sito Unesco famoso per le sue cupole verdi e turchese, i curati giardini e i vocianti bazar, fu distrutta dai Mongoli e quindi capitale imperiale della dinastia safavide nel XVI sec. : presenta una monumentale piazza centrale, innumerevoli moschee e palazzi.  Infine Kashan, oasi a bordi del desertoDah-e-Kavir e notevole centro commerciale di epoca qagiara, presenta uno dei più curati giardini persiani, e poi Abyaneh antico villaggio con ripidi vicoli tortuosi e case color ocra con grate alle finestre e fragili balconi in legno.   Un paese che verrà ricordato non soltanto per i suoi monumenti, ma anche per l’estrema cordialità delle sue persone.

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GIAPPONE – SHIKOKU

Tra passato e presente .

L’immagine stereotipata che noi abbiamo del Giappone è quella di una nazione dell’estremo oriente che, grazie all’ingegno e alla laboriosità dei propri abitanti e allo straordinario dinamismo della sua economia, costituisce il paese tecnologicamente più progredito e avanzato in assoluto, e quindi anche il più “occidentaliazzato”, uno specchio buono per intuire il futuro che ci attende come nazioni occidentali un pò attardate su questa incredibile strada. Sicuramente risulta corretta l’immagine di enormi megalopoli sovraffollate di grattacieli tutto vetro, cemento e luci al neon, dove si stipa l’80% della popolazione perchè il 67% dei giapponesi vive nel 3,3% appena del suo territorio, raggiungendo densità limite di 4 mila persone per kmq, dei treni superveloci che spostano ogni giorno decine di milioni di pendolari (costretti a passare una parte della propria esistenza in movimento), di una vita scandita tra orari, fast food e case in miniatura, il tutto dominato da una teconologia sofisticata presente ovunque. Ma il Giappone è il paese per antonomasia delle contraddizioni e dei contrappassi, a cominciare dal fatto di un’economia -seconda al mondo- pressochè priva di risorse naturali e energetiche e per giunta su un suoloballerino come nessun’altro, per cui è bene abituarsi fin da subito al tutto e al suo contrario. Esiste infatti, meno noto, anche un Giappone rurale e decongestionato, dominato da paesaggi di una bellezza struggente che paiono uscire da stampe antiche, con verdissime foreste montane (il 67% del territorio risulta piantumato, il 14 protetto), risaie terrazzate, case rurali con il tetto di paglia, paesini e borghi dove l’orologio si è fermato da secoli, castelli e fortezze di legno risalenti al Medioevo e all’epopea romantica dei samurai, templi, pagode e monasteri buddisti e shintoisti, veri capolavori d’arte e meta di pellegrinaggi a riprova di una fede e di una spiritualità ben radicate, nonostante il progresso. Un pò più grande dell’Italia, ma con una popolazione più che doppia e una densità tra le più alte (343 ab/kmq) il Giappone è un arcipelago al largo delle coste orientali asiatiche situato tra il mar omonimo e l’oceano Pacifico, di fronte a Russia, Corea e Cina. Disposto in un arco lungo oltre 3mila km, convesso verso l’Asia e concavo verso il Pacifico, è formato da 4 isole principali ravvicinate (e dal 1998 collegate tra loro da ponti e tunnel sotterranei stradali e ferroviari a formare un unico territorio per il 97% del totale, nonchè da una marea di isole e isolette, oltre 3000 in tutto. La sua ubicazione nel punto di contrasto e di frizione tra le placche tettoniche continentali e sottomarine di Asia, Pacifico e Filippine giustifica la sua intensa attività sismica e vulcanica, che ne fa una terra ballerina, la meno stabile del pianeta, con 290 vulcani di cui 60 ancora attivi (compreso il Fusj Yama, la vetta più alta a 3776 m e elemento più noto del paesaggio nipponico), 1500 terremoyti all’anno e maremoti periodici di intensità anche catastofiche.   Il territorio è montuoso per tre quarti, con versanti scoscesi e piccole pianure costiere, per cui soltanto un quinto del terreno riusulta abitabile e produttivo. I fiumi sono brevi e irruenti, con forte pendenza, e numerosi i laghi; molto diffuse e parecchio utilizzate, anche le sorgenti termali.   Registra una notevole varietà climatica, con sensibili variazioni stagionali.  Presenta una sviluppo costiero di ben 33300 km, dei quali 6000 dovute a strutture artificiali costruite sul mare per ampliare lo spazio utilizzabile e urbano. Data la sua struttura morfologica, quella giapponese può essere definita una civiltrà del mare: abili pescatori e grandi consumatori di pesce, con le loro immani navi-officine pescano in tutti gli oceani, in  patria hanno sviluppato un’intensa acquicoltura, sono i primi per la cantieristica navale e per flotta marittima commerciale. La prima unificazione dell’arcipelago risale al VII sec a.C., sotto la guida del mitico imperatore Jummu Tenno, e nel VI sec.d.C. era già una federazione feudale sotto un’autorità prevalentemente religiosa. A partire dal X sec. il ruolo dell’imperatore sfumò fino a diventare simbolico, mentre il potere reale passò nelle mani degli shogun, alla lettera protettori militari dell’imperatore ma in realtà dittatori che basavano la loro forza sulla casta miliotare e la nobiltà dei samurai. E per il paese, chiuso rigidamente in se stesso e sprofondato in un bellicoso Medioevo, furono secoli bui. Nel XIX sec. il contatto con le flotte occidentali mise in luce quanto il paese fosse tecnologicamente arretrato e vulnerabile. La ribellionre della borghesia mercantile portò ad una guerra civile con le forze tradizionaliste che si concluse nel 1868 con la fine dello shogunato. L’assunzione dei pieni poteri da parte dell’imperatore e l’orgoglio patriottico confuciano comportarono una rapida modernizzazione, capace in pochi decenni di farne una potenza economica e militare in grado di sconfiggere la Cina (1895) e la Russia (1905), dando inizio ad un impero d’oltremare che occupò in successione Corea, Manciuria, Cina, Indonesia, Malesia, Filippine e Indocina: furono i prodromi della 2′ guerra mondiale, riosoltasi con la disfatta dell’impero sancita dai bombardamenti atomici di Hiroshiama e Nagasaki. Ma lo straordinario dinamismo di questo popolo seppe risollevarsi da un baratro che pareva senza via d’uscita, arrivando in pochi decenni a diventare la seconda potenza economica mondiale. Tra il 1950 e il 1990 è stata capace di aumentare di venti volte il reddito pro capite, con il risultato che il 2,5% della popolazione mondiale produceva il 10% del PIL  planetario e controllava il 12% del commercio intenazionale. Risultati strabilianti e insuperabili, affiancati sul piano sociale da parametri come un altissimo livello medio di istruzione, il tasso più basso di mortaslità infantile e la piàù alta speranza di vita, con il primato dio longevità di 82 anni. Quale la chiave del successo per un paese quasi privo di risorse natrurali e energetiche e con un territorio ostile?  La risposta sta essenzialmente nel carattere dei suoi abitanti: ubbidienti, gregari e sociali, nazionalisti e tradizionalisti ma anche aperti alle sfide del futuro, laboriosissimi, parechi e risparmiosi, orgogliosi fino allo stoicismo e all’abnegazione più assoluta nel compiere con diligenza il proprio dovere.   Un popolo singolare, forse unico.

 

L’itinerario

Un possibile itinerario tra presente e passato prevede la visita della capitale Tokyo, una delle più moderne e popolose metropoli del mondo, dove il visitatore si trova spaesato in un intrico di strade senza nome e di edifici senza numero, il parco nazionale del vulcano Hakone, di Takayama, antica cittadina seicentesca fortificata, di Shirakawago e Gokayama, antichi paesini rurali di montagna con le vecchie cascine di legno e i tetti di paglia (patrimonio Unesco), di Kanazana, importante centreo feudale d’epoca feudale.   Si prosegue con la città martire di Hiroshima e l’isola santuario di Miyajima, sede di un famoso santuario scintoista patrimonio Unesco, con il castello di Himeji dalla strraordinaria architettura lignea (patrimonio Unesco), con le antiche capitali Kyoto e Nara (patrimonio Unesco), e Osaka, la più antica città nipponica, per finire con la città santa del Monte Koya e  i suoi 120 templi buddisti risalenti al XI secolo.

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GIORDANIA

Civiltà nel deserto arabico

Basterebbe la sola presenza di Petra, la più affascinante per la sua unicità tra le città antiche del Mediterraneo e ancora oggi una delle sette meraviglie del mondo, per giustificare ampiamente una visita in Giordania, paese che ad un viaggiatore colto e curioso ha da offrire anche delle altre chicche.     Ubicata nel nord-ovest della penisola arabica la Giordania, grande meno di un terzo dell’Italia e dalla curiosa forma a farfalla, prende il nome dal fiume Giordano che segna ad ovest il confine con Israele e Territori Palestinesi, mentre sugli altri lati confina con Siria, Iraq e Arabia Saudita.    Presenta tre distinti habitat geografici e climatici: la fertile valle del Giordano incassata in una profonda fossa tettonica assieme ai laghi di Tiberiade e Mar Morto, con foreste di pini, alberi di cedri, olivi e coltivi; l’altopisano montuoso della Transgioredania dove si trovano tutte le città e i siti archeologici, entrambi con clima mediterraneo, e infine tutto attorno l’arido deserto roccioso e sabbioso ancora abitato dagli ultimi beduini nomadi, che occupa ben due terzi dell’intera superefice.   L’unico sbocco marittimo è sul Mar Rosso, con la sommità dello stretto golfo di Aqaba.   Nonostante la sua collocazione in Medio Oriente non possiede petrolio o altri minerali (salvo fosfati e sali potassici) e con l’85% del suolo improduttivo la sua economia si basa su industria, turismo, servizi, aiuti internazionali e rimesse degli emigranti.  Terra di storia antichissima fin dagli albori della civilta, dat la sua posizione intermedia vide transitarvi un pò tutti i popoli mediterranei e del Vicino Oriente, ognuno dei quali ha lasciato monumenti e influenze culturali.   Come nazione è invece giovanissima, nata dal dissolvimento dell’impero ottomano dopo la prima guerra mondiale, tanto che fino all’inizio del secolo scorso non esistevano vere città, indipendente e con il proprio nome soltanto dal 1946, ma con l’ultimo mezzo secolo talmente pieno di vicende traumatiche che ne hanno modioficato sia la geografia che la composizione etnica, basata in origine sui beduini arabi.

l’itinerario

Nonostante le ridotte dimensioni e la netta prevalenza del deserto, in Giordania c’è parecchio da vedere, a cominciare dalla caotica Amman, capitale dal 1921 ma già città neolitica 8500 anni fa, dove visitare la cittadella medioevale e l’anfiteatro romano. La vicina Jerash, scavata solo in minima parte, è una città ellenistica-nabatea-romana vecchia di 6500 anni tra le maggiori e meglio conservate della regione, non a caso chiamata la Pompei del Medio Oriente, insegne esempio dell’urbanistica romana imperiale con stradfe colonnate, piazze e bagni pubblici, templi e teatri racchiusi entro mura.   I 335 km che separano le colline di Amman dal golfo di Aqaba costituiscono la cosidetta “Antica strada dei re”, un cammino su 500o anni di storia attraverso diverse zone ecologiche tra foreste, canyon, deserti rocciosi e sabbiosi fino alle calde acque del Mar Rosso, toccando insediamenti preistorici, città bibliche, templi nabatei, fortezze romane, chiese paleocristiane, castelli crociati e vetuste città islamiche.    Non bastano poche righe per descrivere il fascino di Petra, dove la natura e l’ingegno umano si fondano in uno dei più armoniosi spettacoli offerti dal tempo e dalla storia.    Capitale per secoli a cavallo dell’era cristiana dei Nbatei, popolo di commercianti carovanieri ma anche abili architetti e idraulici, costituiva una dei più importanti terminali delle due principali strade commerciali dell’antichità, la Via dell’Incenso e delle spezie dal sud arabico e dall’oceano Indiano e della Via della Seta dall’Oriente.      Capitale della provincia roman dell’Arabia Petrrea, incanta ancora oggi per le centinaia di imponenti monumenti tombali scavati nella roccia entro profondi canyon.    Wadi Rum, splendida location cinematografica, viene considerato uno dei più spettacolari deserti rocciosi della penisola arabica, disseminato di canyon, monoliti din roccia corrosa in mille forme bizzarre dal vento, archi e ponti naturali, incisioni rupestri protostoriche; ancora abitato dai beduini nomadi, fu all’inizio del secolo scorso il quartiere generale della rivolta araba guidata dall’emiro Feisal e da Lawrence d’Arabia.   Il Mar Morto è un vasto lago chiuso al confine tra Israele, Palestina e Giordania, in una delle  maggiori depressioni della terra: le sue acque, dieci volte più salate degli oceani e prive di ogni forma di vita, si trovano infatti a -398 mn sotto il livello del mare e il fondo a -800 ; le sue note proprietà curative, oggi notevole richiamo turistico, erano già note e utilizzate dai Romani.