capo verde 14/2

Sveglia alle 5 e colazione alle 5.3o, alle 6 partenza con il minibus per Porto Novo, un’ora di viaggio lungo la litoranea fino alla stazione marittima per imbarcarci sul traghetto per Mindelo. Lascio quest’isola con un poò di rimpianto per la bella settimana trascorsa camminando, magari con fatica, attraverso queste bellissime valli, villaggi persi sulle montagne, nuova esperienza di notte a domire sulle terrazze e tanti altri ricordi. A Mindelo sempre con il minibus ci si trasferisce subito all’hotel Raian, lo stesso del primo giorno, per lasciare i bagagli e riprenderci le camere, evito Italo, dormirò in camera con Luigi. Si esce subito per andare in centro per pranzo, due tipi di piatti di pesce che ci si ditribuisce per assaggi fra noi, due passi al mercato

dove compero fagioli e aglio, bello quello del pesce con un grosso tonno in mostra sul tavolo, appena pescato, e tanti grossi, forse barracuda, dai grossi occhi che ti guardano dentro, veramente interessante questo mercato vicino alla falsa torre di Belem della città. Si torna in albergo per le 13.3o per ripartire subito con il minibus per il giro dell’isola di Sao Vincente, fermandosi spesso in alcuni punti caratteristici: prima su una lunga spiaggia sabbiosa per camminare, alcuni, in riva al mare, alcuni bimbi cercano di vendere delle piccole conghiglie, ne compero alcune, mentre due persone del posto cercano e provano a far alzare in volo, con il forte vento tendendo le corde, un telo tipo parapendio, molto colorato.

. Proseguendo ci si ferma ad una grande duna di sabbia bianchissima, nulla in confronto con quelle del Ciad, ma forte il contrasto le nere montagne di lava alle spalle. Si raggiunge un altro villaggio dove sono inn corso lavori per nuove residenze moderne, in contrasto con la realtà dell’esistente, porticciolo con acque basse e molte barche colorate messe a riva sulla sabbia. Ci si ferma in un’oasi con molti mulini a vento per sollevare l’acqua per irrigare questi giardini verdi ricchi di piante da frutto

. Si rientra in città, il gruppo si divide, alcuni rientrano in albergo, altri vanno al mercato del pesce, che pensa che ora sia chiuso, io vado alla ricerca di un libro fotografico su Capo Verde, non ci sono librerie vere e proprie, passo in due cartolerie, lo trovo infine in un negozio così per caso e ne sono contento. Riesco a visitare la casa dell’Armonia, rosa intenso che spicca nel contesto generale, casa museo dove sono conservati ricordi di Cesaria Evora, cantante famosa in tutto il mondo per la sua voce, e per aver cantato in moltissimi teatri in tutto il mondo. Appuntamento alle 19.30 in albergo per andare con il minibus in un ristorante per una cena etnica, con musica dal vivo, ma alla fine niente di speciale.

Al termine della cena Luigi ci comunica le difficoltà che ha avuto per organizzare il ritorno da Fogo, non trovando la possibilità di tornare in traghetto, ha optato per un volo aereo con poco aggravio di costi, ma decidendo, mancando i posti per tutti sul volo del pomeriggio, che Italo ed io prenderemo il volo del mattino, nessuna obiezione da parte nostra.

Con riferimento alla discussione con Italo, riporto una prefazione del libro di Tiziano Fratus, IL SOLE CHE N ESSUNO VEDE, meditare in natura e ricostruire il mondo :

” L’uomo che entra in un bosco o in una riserva, in cammino o in qualsiasi trekking da solo o in gruppo, dovrebbe farlo in silenzio. Anzitutto per dimostrare rispetto al luogo che sta per accogliere, di conseguenza per meglio godere del vociare sommesso della natura. Un bosco non è mai completamente in silenzio, così come un uomo non lo è nemmeno quando tace. Produciamo rumore camminando, produciamo rumore respirando. La nostra sola presenza influenza lo scorrere della vita in un bosco. La volpe che ci intravede lungo il sentiero sfuma in un lampo di coda, dietro gli alberi. Sentendoci arrivarele anatre fra i giunchi riprendono il largo. Il martin pescatore muta postazione di tuffo sapendoci seduti in riva al lago. L’unica possibilità di ascoltare il silenzio assoluto l’abbiamo dentro di noi, soltanto lì, in fondo, laggiù, al cospetto del sole che neassuno vede. “

capo verde 13/2

Pur avendo il sacco a pelo e dormito su un buon materasso, nonostante le abbondanti bevute di rum della sera precedente, è stata una notte abbastanza fredda, siamo sempre ad oltre i 1300 metri d’altezza. Dopo colazione e in attesa di ripartire, avviso Luigi che mi assenterò per mezz’ora, voglio andare alla scuola elementare dove molti bimbi, maschi e femmine di 9-10 anni circa, tutti indossano il loro grembiule, come da noi una volta, in un’aula chiedo il permesso ad una insegnante di entrare, accossente, mi siedo vicino ad alcuni di loro sfogliando i loro libri e quaderni, per quel poco che possa giudicare, sono in ordine, ben tenuti e scritti bene, un ricordo finale con una foto di gruppo.

Una breve risalita dal villaggio, per prendere il sentiero che precipita a valle, verso il mare, con tanti gradini sconnessi e tratti di ghiaino o sabbiosi, che non mi evitano pur stando attento, alcune scivolate. Sono sempre solo davanti, mentre tutti gli altri in ordine sparso li osservo quando rallento sui vari tornanti. L’unica cosa che continua a disturbarmi è il chiacchericcio a voce alta di Italo, comasco di Lezzeno, che parla sempre del più e del meno con tutti, cercherò di fargli osservare del fastidio che mi ha dato nel momento opportuno, che si presenta poco tempo dopo. Non sapendo la strada, al primo villaggio che incontro, mi fermo ad aspettarli, quando da lontano sento chiamare il mio nome, è Edi, la nostra guida, che lasciato il gruppo è sceso a cercarmi, risalgo con lui i 1o minuti di strada fatta in più, ritrovo il gruppo al bivio di un nuovo sentiero laterale che non avevo visto, dove tutti stanno ad aspettarmi, chiedo scusa ma mi sfogo con Italo mandandolo a quel paese, è dir poco, non è mai capitato in vita mia di trattare così male una persona. Ora siamo nella vallata di Paul, con tante coltivazioni di canna da zucchero, di guayaba e di banane, piante di fagioli, vere piante e non rampicanti come li vediamo da noi, e tanti altri frutti e legumi tropicali, da cui gli abitanti dell’isola traggono il loro sostentamento.

Ci sono anche piantagioni di caffè, da una signora fuori dalla sua casa riesco a comperarne due sacchetti, uno in grani, l’altro gia macinato. Nel primo pomeriggio si raggiunge il villaggio di Lombo Comprido, dove in un’area da picnic in un parco pubblico, con piscina, tutto ora molto dismesso e abbandonato, ci fermiamo per il pranzo, non ho molta fame e non riesco a finire il cibo della schiscetta, portata sempre nello zaino. Un breve riposo, per raggiungere poi in mezz’ora la casa dove dormiremo per l’ultima notte sulla terrazza. E’ una bella casa in questo nuovo villaggio, accolti dal proprietario, Cristiano di nome, dove troviamo già i nostri bagagli arrivati poco prima con un mezzo, sistemati i materassini fatta la doccia, ho davanti a mne tutto il resto del pomeriggio. Non riesco proprio a pensare di stare fermo, chiedo a Cristiano indicazioni per scendere al mare, e come risalire eventualmente in taxi alla casa e il suo costo. Nessuno vuole venire con me, prendo e m’incammino, in discesa pima per sentieri poi per strada trafficata, incontrando alcuni turisti che hanno trovato da dormire presso altri b&b più lussuosi del nostro terrazzo, quasi tutti francesi, nessuna ombra di un italiano, arrivo in questa cittadina di mare, un ottimo bar sulla spiaggia dove mi siedo per una bella birra fresca sentendo le onde dell’oceano sulla battigia. Ricevo un messaggio da Luigi che mi prega di comperare due bottiglie di vino di Fogo per la cena, alcuni negozi li trovo chiusi, in una merceria ne compero due, che si riveleranno, quando saranno aperte per la cena, quanto di peggio si poteva desiderare, forse troppo vecchio ed ormai marsalato, quasi imbevibile. La statua di sant’Antonio domina il paese in alto sul colle, come fosse un faro, bellissima però la distesa di bouganvilla rossa che copre l’intera fascia collinare sotto la statua.

Trovo chiusa la banca, non riesco a cambiare gli euro, prendo il taxi che per 1000 scudi mi riporta in 20 minuti a casa, senza fatica. Il tempo di fermarsi a riposarsi e a scrivere in attesa della  ottima e abbondante la cena, fatta nel portico coperto al piano terra. Notte sul terrazzo.

capo verde 12/2

Ottima e abbondante colazione, alle 9 inziamo la lunga risalita verso le creste boscose dell’isola, tra i boschi di Pini Canari, sentiero a tornanti dove incontriamo diversi contadini, uomini e donne, sono intenti nei lavori dei loro campi terrazzati che iniziano a piantare fagioli.

Oltre ai muli che utilizzano per muoversi, hanno nel poco pascolo a disposizione alcuni bovini per la produzione di latte che adoperano per i loro buonissimi formaggi che abbiamo gia assaggiato. Entrando in pineta, sembra di essere in un nostro paesaggio alpino del Trentino, un lungo tratto pianeggiante in mezzo a questa foresta con profumi intensi di resina e del sottobosco, ci si ferma per pranzo e riposino sul bordo superiore della caldera del vulcano Cova de Paul, ad oltre 1200 metri di quota, lo sguardo arriva all’infinito dell’oceano con l’isola di Sao Vincente davanti a noi.

Con Nicola una breve passeggiata al radiofaro posto in cima al pico molti fiori alla base, una sola casa per il custode di guardia un grosso bue nero, sta riposando saporitamente. Si scende sulla pista che costeggia il cratere tra mimose fiorite, per una bella strada lastricata in pietra si va verso la fine tappa del giorno. Incuriosito dall’insegna di un locale-bar-risorante-locanda che decanta le piante endemiche e le varie erbe aromatiche della zona, entro con le tre amiche, viene incontro il proprietario che è un italiano, di Mondovì, qui trasferitosi per cambiare vita. Ritrovati gli altri compagni, mi faccio da solo gli ultimi 5 chilometri di salita,

poche macchine in strada, raggiungo la piazza di Pico da Cruz, dove sul marciapiede e lungola strada è in corso una tombolata: ogni giocatore ha per terra davanti a se alcune cartelle, chi tiene il tombolone estrae, dopo averla agitata ogni volta, un numero ad alta voce lo dice, ognuno con un sassolino lo segna sulla propria cartella, fino a quando uno urla la propria gioia per aver vinto, il primo e unico premio sono due galline vive che il vincitore corre a slegarle e a prenderle e le consegna a sua madre in piazza ad assistere al gioco.

Scene che non dimenticherò facilmente. Arrivano ora tutti gli altri, la locanda dove alloggeremo è li vicino, prendiamo possesso dei letti nelle varie camere, birra per dissetarci, doccia e breve riposo per me.

Per non farmi mancare nulla, con Nicola e Giovanni decido di salire in cima al pico, bellissimo panorama su Sao Vincente e sulla foresta di Pini Canari sottostante, mezz’ora di fatica in più ma ne valeva la pena. Ottima la cena, in un locale al piano terra, con il locale merceria, un quasi buncker sempre chiuso a chiave, ogni tanto persone del posto vengono a far spesa di generi alimentari.

capo verde 11/2

Questa notte ho diviso la camera con Luigi, pure lui dorme poco e si sveglia presto, così alle 6.30 siamo giù prima degli altri ad iniziare colazione con un buon caffè, alle 7 tutti insieme su due tavolate dove è stato preparato di tutto, ottimo inizio di una nuova giornata di cammino.

Alle 8 prendiamo il loro minibus per evitare un lungo tratto strdale sulla costa fino a Ribeira Grande e il succerssivo tratto di strada in pietra per la risalita della vallata fino a Boca de Figueirat, da dove inizierà il nostro cammino di oggi. Luigi risente ancora della forte bronchite che ha in corso, per non peggiorare il suo stato fisico, consigliato, si farà trasportare più tardi con il pulmino, sul quale aveva caricato tutti i nostri bagagli, dandoci appuntamento a Corda, il primo villaggio che incontreremo al termine della prima risalita per poi riprendere assieme il cammino.

Oggi fa molto caldo, il primo tratto è faticoso e difficile con molti tornanti, saliscendi continui, bello il paesaggio sulle valli osservando i contadini al lavoro nei loro campi e negli orti terrazzati, ben sostenuti da muretti a secco continuamente bagnati dall’acqua che viene prelevata dalle lanzade, nulla viene sciupata, l’acqua passa per caduta irrigando bene le varie zone. Arrivo al termine della salita, fradicio di sudore, maglietta bagnata, fortunatamente è arrivato Luigi con i bagagli, riesco a prendere il mio borsone, cambiarmi prima di riprendere a salire. Davanti a noi ora abbiamo 4 chilometri di risalita su strada lastricata in pietra, con diverse macchine che risalgono alla vetta, molte sono dei residenti, ma diverse altre sono minibus che trasportano turisti. Poche le case isolate, fuori di esse due bimbe vengono ad offrire e cercano di venderci delle mele, mentre un altro bimbo su un banchetto, lungo la strada, cercherà di venderle a sacchetti, diamo loro un piccolo contributo per vederli sorridere.

Al villaggio dove ora arriviamo, fuori dalle case sono appesi file e file di vestiti, ad asciugare, oltre a grandi stoffe colorate e tappeti di ogni genere, uno spettacolo pure questo. Lasciamola strada per prendere una lunga discesa per sentieri, buona parte sono oltre 3000 gradini di varie dimensioni e altezze variabili, alcuni tratti sterrati con terriccio e ghiaino, veramente da prestare la massima attenzioni , ricompensati però dalla bellezza delle vallate che ci circondano. Al termine di questa infinita discesa, ci si ferma per pranzo in uno spazio immersi nel verde, su grossi massi che affiorano dal ruscello che scende da un’altra valle, le cui acque incanalate bagnano nuovi terrazzamenti coltivati a tuberi di vari tipi.

Pranzo con molta fame dalla schiscetta preparata, ognuno sceglie il suo sasso per riposarsi, prima di ripartire alle 2.30 in risalita con nuovi tornanti a gradini, ammazza ginocchia, prima di ridiscendere al villaggio dove dormireno questa notte nell’ultima casa alla fine dello stesso. Ci sistemiamo in un’unico locale all’ultimo piano, si coperto con spessi stratti di foglie di palma o banani, ma finestre aperte su tutti i lati con un unico servizio due piani sotto: materassini sui 4 lati e tavolo per cena e colazione al centro. In attesa della cena, andiamo a vedere la lavorazione delle canna da zucchero, che passata sotto un rullo di una macchina, viene prodotto un succo, scaldato sopra un camino acceso e passato poi da un alambicco, fermentato e stagionato vien trasformato in rum.

Visitiamo la loro semplice cantina dove viene stagionato in botti, per la conservazione prima di essere rivenduto come bevanda tipica dell’isola, un po alcoolica. Anche noi l’assaggiamo, prelevando prima da un bidone un bicchiere di succo appena spremuto, poi da loro viene offerto un buon rum. In attesa della cena mi fermo sulla strada ad osservare un contadino che sta tagliando e rifacendo un nuovo manico per il suo attrezzo da lavoro nei campi, con un ramo di nespolo, tagliandolo a mano e piallando ripassandolo continuamente per renderlo liscio, dallo stesso ricava un cuneo, che inserirarà per bloccarlo nell’attrezzo alla fine, un vero artigiano molto bravo.

Doccia spartana prelevando con un piccolo contenitore l’acqua fredda da una tinozza all’esterno del bagno e versandola addosso per lavarsi. Ottima cena  con riso e verdure, cosce di pollo, e dolce finale prima di addormentarsi.

capo verde 10/2

Ci voleva una notte così, prima di riprendere il cammino. Colazione alle 8 sempre sotto il portico della sera precedente, poi si resta in attesa della partenza: mi ritrovo in piazza con due delle ragazze, sul piazzale della chiesa, ancora chiusa, mi avvicino a due vecchietti per chiedere come poter vederla, questi chiamano un altro anziano all’angolo opposto della piazza, che dovrebbe essere il sacrestano, viene da noi, apre la porta della sacrestia, entriamo per la curiosità, ma niente di interessante. Riformato il gruppo, si riprende la strada di ieri fino oltre il cimitero, non ci fermiamo alla spiaggia, con calma e in ordine sparso camminiamo per un’antica strada lastricata in sassi neri vulcanici squadrati e protetti lato mare, da un parapetto di muro in pietra a secco, ben conservato.

Arrivo fra i primi a Cruzinha de Garca, con Alessandro, ci si riposa su delle panchine in cemento in una piazzetta vicino ad una scuola, nel cortile esterno alcune bimbe stanno facendo educazione fisica, a pallone, con il loro insegnante.

Su un’altra panchina è ferma una coppia di turisti francesi con un loro bimbo, forse di 2 anni, con il quale mi metto a giocare mimando mosse da clown, ridendo assieme. Mezz’ora dopo, alle 12.30 si rifà il gruppo, per andare a pranzo su in paese, in un ristorante sul mare, prenotato dalla guida, tutto buono con tante verdure, manioca, frutti dell’albero del pane, tanti fagioli al sugo di carne e pollo, tanta birra e budino finale. Mezz’ora di riposo sulle panchine di cemento, prima di riprendere il cammino, che costeggia sempre l’oceano in un continuo saliscendi. Diversi tratti di questo sentiero sono franati, ma sono in corso da parte di vari gruppi di operai, donne e uomini, il rifacimento, alcuni partendo direttamente dalla fondazione sulla scarpata a picco sul mare, con pericoli non da poco, sollevando e trasportando a mano le grosse pietre necessarie.

Oggi per sentire solo il silenzio e il rumore dell’oceano ho deciso di camminare in solitudine, in testa al gruppo, ma in una breve sosta vengo raggiunto da un gruppo di francesi, chiaccheroni, che abbandono subito. A Corvo, lascio l’oceano, da li comincia una lunga risalita con il caldo che comincia a farsi sentire per passare dal livello del mare ad oltre 1000 metri di quota, è proprio una via crucis, nei vari tornanti sono posizionate le cappellette indicanti le 14 stazioni, in cima è uno spettacolo meraviglioso, davvero unico vedere il sentiero tortuoso a tornanti sottostante, osservare tutti gli altri compagni che stanno risalendo. C

i si ritrova in cima prima di iniziare la nuova discesa verso Fontainas, dove si rifà il gruppo per prendere una strada lastricata in pietra, percorsa da poche macchine dirette a Ponta do Sol, meta della nostra giornata di oggi dove ci aspetta un b&b al centro di questa cittadina di mare. Noi sempre a piedi, vi arriviamo dall’alto passando vicino ad un allevamento di maiali in una bella cittadina viva con molti giovani in giro per le strade. Assegnate le camere, doccia e riposo, poi di nuovo al porto e sulla pista del’aeroporto per i pochi aerei che vi arrivano, dove tutti vi passeggiano, forse ha anche una torre di controllo. Cena al ristorante, ma niente di speciale. Non troviamo neanche un bar per il nostro rum del giorno.