kamchatka………t.i.

da terre incognite

Russia

Kamchatka, terra di fuoco e di ghiaccio

Se non fosse per il gioco del Risiko, dove costituisce una fondamentale pedina territoriale per la conquista dell’Asia o Nordamerica, della Kamchatka non conosceremmo neppure l’esistenza.  Troppo lontana da noi: 10 mila km in linea d’aria e ben 11 ore di fuso orario; insomma un altro mondo. Si tratta di una penisola dell’estremo oriente russo, nell’est della Siberia, lunga 1250 km e grande una volta e mezzo l’Italia e quanto il Giappone, protesa da nord a sud nell’alto dell’oceano Pacifico. Al suo largo si trova la fossa delle Kurili, -10500m, una delle maggiori profondità oceaniche. Territorio montuoso, possiede due catene parallele che si spingono fino a 4750 m di altezza, 14 mila fiumi, 100 mila laghi fra grandi e piccoli, 414 ghiacciai perenni. L’inverno si presenta rigidissimo, con temperature fino a -40’C, otto metri di neve e fiumi e laghi ghiacciati per sette mesi l’anno. Una terra di ghiaccio, dunque?  Non esattamente, perchè nella breve estate le foreste di betulle, che coprono un terzo del territorio, si popolano incredibilmente di animali e di piante, e poi anche il fuoco si gioca una parte non secondaria, sotto forma di vulcani e di manifestazioni geotermiche di vario genere come pozze ribollenti di fango, fumarole, geyser e sorgenti termali terapeutiche, grazie alla presenza di vari tipi di minerali, dallo zolfo al boro. Trovandosi nel punto di frizione tra la zolla tettonica continentale euroasiatica e quella nordamericana noto con il nome di “Anello di fuoco del Pacifico”, l’energia sotterranea si scarica un numero rilevante di vulcani: oltre 160 quelli in quiescenza e una trentina ancora attivi. Ma i numeri non vanno presi alla lettera: nel 2007 vi è stato scoperto un vulcano inativo di 1,5 milioni di anni, con un diametro di ben 35 km, tra i maggiori del mondo. Quindi una terra di fuoco e di ghiaccio al tempo stesso, dominata da una natura preponderante quasi per nulla intaccata e alterata dall’uomo, un museo ecologico all’aperto con 60 specie di mammiferi, dall’alce all’orso bruno, dalla pecora delle nevi al gallo cedrone, dalle lepri alle volpi rosse e polari, e 160 uccelli terrestri, rapaci e marini, con in mare leoni marini, foche, lontre, delfini, balene e orche, un ambiente dove si fondono gli ecosistemi della tundra artica e della taiga siberiana, con laghi acidi dai mille irreali colori, sorgente termali calde in mezzo ai ghiacciai, imponenti cascate, brune colate pioetrificate di lava e incredibili sculture di pietra create dalle eruzioni.    E poi il 27′ del territorio protetto con 5 parchi nazionali e due naturali e il territorio dei vulcani tutelato dall’Unesco come Patrimonio dell’Umanità. Può sembrare strano, ma questa penisola estrema è anche una terra di curiosità e di primati a cominciare dalla densità, con meno di un abitante per kmq, tra le più basse del pianeta, e dalla bellezza delle sue donne, cantata da stornellatori e poeti, non ultimo quel donnaiolo di D’Annunzio. La penetrazione russa cominciò soltanto nella seconda metà del 1600 ad opera di cacciatori, pescatori ed avventurieri che iniziarono un lento processo di russificazione, cristianizzazione e poi di sovietizzazione, trovando questi ultimi terreno facile nei nativi che per loro indole atavica non riuscivano proprio a concepire l’dea della proprietà privata. Animisti convinti, essi vivevano infatti da sempre in armonia con l’ambiente, capace di fornirgli tutto ciò di cui avevano bisogno, sia che fossero pescatori, cacciatori o allevatori di renne. Le prime esplorazioni per terra o per mare risalgono al 1725 e furono opera di Vitus Johannes  Bering, incaricato dallo Zar Pietro il Grande di verificare se vi fosse un collegamento tra Siberia e Nord America. Per ben due volte la Kamchatka è stata sul punto di diventare uno degli Stati Uniti d’America, e non stiamo parlando di una partita di Risiko: nel 1867, quando la Russia vendette l’Alaska agli USA, anche lei era in vendita, poi Stalin per fare cassa tentò di venderla ad un miliardario americano, ma con la clausola che dovesse rimanere comunista, e non se fece nulla. Poi fino agli anni 90 è stata interdetta a stranieri e russi per motivi strategici e militari, e un timido turismo ecologico di scoperta è iniziato soltanto in questi ultimi tempi. I luoghi incantevoli e gli spettacoli affascinanti non mancano. Come la valle dei Geyser, un canyon di non facile accesso scoperto soltanto nel 1951, percorsa da un torrente termale di acqua calda disseminata da caldere ribollenti di fango e da 20 grandi geyser che sputano ritmicamente colonne di vapore acqueo alte fino a 12 metri, oppure il cratere del vulcano attivo Mutnovsky, dove si penetra nell’immensa caldera attraverso uno stretto canyon tra fumarole di zolfo, acque ribollenti e ghiacciai fumanti, in un’ambiente fantastico e inquietante degno di Viaggio al centro della terra. Oppure percorre la baia di Avacha, di fronte al capoluogo Petropavlosk, tra migliaia di uccelli (pulcinelle di mare, pucinelle dai ciuffi, urie, fulmari, aquile di mare e gabbiani siberiani) che nidificano su isole e scogliere, mentre nelle fredde acque, dove si specchiano i ghiacciaio circostanti, nuotano leoni marini, foche, lontre marine, delfini, balene e orche. Abbiamo parlato di primati della Kamchatka. I suoi fiumi e i suoi laghi costituiscono uno dei principali luoghi al mondo per la riproduzione dei salmoni. Ogni anno 2 milioni di questi pesci ritornano in queste acque per il loro perenne rito di amore, riproduzione e morte, attesi regolarmente al varco sulle sponde da una miriade di orsi bruni, pronti a fare una bella scorpacciata ed offrire uno degli spettacoli più belli della natura. L’orso locale, che qui registra la più alta concentrazione, è il maggiore della terra: supera i 3 metri di altezza, per un peso di 350 kg. Anche l’alce di queste contrade è da primato, con una tonnellata di peso eun palco di corna ampio 170 cm.   Infine pure i rapaci rsaggiungono da queste parti una delle maggiori densità del pianeta: aquile di mare, aquile dalla coda bianca e aquile dorate-

20 agosto ….18

RITORNO IN ITALIA

Questo viaggio ha soddisfatto tutte le mie aspettative, posso dire che è stato il migliore fra quelli fatti fin’ora, quello che non abbiamo potuto vedere lo rimandiamo ad un prossimo futuro viaggio. In aeroporto , poche formalità per l’imbarco per Mosca con Aeroflot. Un gruppo molto affiatato  il nostro, devo dire un grazie a tutte queste persone con cui ho trascorso questi giorni, riconoscente a Maria che mi ha aiutato non poco e che spero di rivederla. Puntuali  a Mosca, accompagniamo Maria che prosegue  in treno per raggiungere e visitare San Pietroburgo. Resto con gli altri  in attesa del chekin fino alle 5 per un ultimo boccale di birra,  girando per negozi per gli ultimi acquisti, ci si saluta con un arrivederci, che come è’ successo con Sarah, ci si puo’ rincontrare sempre in qualsiasi parte del mondo, magari su Marte con Antonio. Il volo per Milano è tranquillo, in orario ma il  borsone non è arrivato, pazienza arriverà, treno per Saronno, dove trovo Serena che mi riaccompagnerà a Caomo, avendo perso la coincidenza del treno.

 

 

19 agosto ….17

PARATUNKA

Sveglia e colazione con calma, si resta del mezzo tornato ieri nella capitale, previsto per le 11, giocando con gli opossum. Regalo a Natalia le mie racchette e un vocabolarietto russo-italiano che potrà tornare utile. Arriva il nuovo camion, alla guida un autista russo, grande, grosso ed enorme in tutti i sensi con a bordo sua figlia, una bella bimba bionda di 3 anni di nome Vittoria, dopo la timidezza iniziale, si apre e comincia a giocare con noi. Caricato il tutto, si parte per il nuovo campo, in città ci si ferma in un grosso mercato popolare per poter acquistare regalini vari, come uova di salmone di vari tipi, trovo pure due dvd di cartoni per i miei nipotini, che penso non abbiano visto in Italia. Picnic lungo la strada a base di salmone affumicato, appena acquistato, prima dell’arrivo in albergo a Paratunka, molto bello con varie piscine calde che proveremo.  Salutiamo Barbara e Rousland che ci lasciano avendo finito quanto previsto a contratto per noi, ci si rilassa in camera prima della cena. Andiamo in una fattoria tipica locale in riva ad un lago vicino all’albergo, dove troviamo un tipo molto particolare (contadino, coltivatore di erbe selvatiche, cuoco, suonatore e tanto altro) . Ci illustra e ci fa vedere le varie erbe che crescono naturalmente nel suo giardino, che lui  raccoglie mentre sua moglie le cucina. Si cena in giardino con riso accompagnato da 7 tipi di verdure, tutto annaffiato con tanta vodka, lui inizia a cantare mentre suona la chitarra e il pianoforte piazzato in giardino, invitando ognuno di noi  a cantare le canzoni del proprio paese. Si ritorna in albergo per la notte.

 

18 agosto ….16

 VULCANO AVACHA

Sveglia alle 6, dopo colazione subito si inizia la risalita, si parte dagli 800 del campo base per arrivare in cima al vulcano alto 2748 mt, un bel dislivello da fare in un solo giorno, salita e discesa compresa. Comincio a capire il perchè di tutte questa gente qui radunate: è loro tradizione per una antica usanza o voto, che in questa data tutti devono salire in cima al vulcano, almeno quelli in grado, piccoli o grandi che siano, per ringraziare una loro divinità per qualche grazia ricevuta. Prima di partire noi, è iniziata una gara di corsa in salita per la cima, vediamo molti atleti in gara con i numeri sui pettorali ben in vista, mentre  noi stiamo salendo alcuni stanno già ridiscendendo avendo completato la gara. Il sentiero di sassi e ghiaia, alcuni tratti sono di cenere vulcanica, sale gradualmente lungo un pendio, molta gente  ci precede, molti di più sono quelli dietro di noi, tutti in una lunga fila indiana che sembra non abbai fine, dall’alto, man mano che si sale, le persone in fila a salire diventano sempre più piccole, tanti puntini o formichine colorate. Mi fermo spesso per riprendere fiato e bere, gli altri nostri amici, forse meno stanchi sono molto più avanti. Ora ho davanti a me un ultimo tratto di salita di 500 metri, costituita solo da cenere rossa, in forte pendenza, raccolgo le mie ultime forze aiutandomi con una corda  legata a degli spuntoni di roccia sporgenti dalla cenere,  zaino in spalla e con le racchette che non sempre riescono a far presa, pure incoraggiato da altri più in forma di me, riesco a raggiungere raggiungo alle 12,45 dopo 6 ore di salita, ben 426 persone sono già arrivate  prima di me, come da attestato dagli organizzatori con un foglio numerato che danno ad ognuno.  Un’altra  fila lunghissima di persone,  partite dopo, stanno risalendo il versante del vulcano e andranno avanti fino a sera. In cima ritrovo gli amici che mi stavano aspettando, con loro entriamo all’interno del primo cratere per cercare un posto libero per sedersi dove poter mangiare i panini preparati da Barbara. Da questa primo cratere con formazione di lava nerissima e lucente, escono molti vapori solforosi, l’ultima eruzione c’è stata nel 1991. Poi ci si sposta sul secondo cratere, rocce ora di un color rosso vivo, con tante tonalità,  da lì una magnifica vista sull’Oceano Pacifico e sulla valle di Nalycheva, uno dei migliori parchi naturali della Kamchatka, che non riusciremo a vedere. Completiamo il giro sui bordi del terzo cratere, lato destro del vulcano, qui solo rocce gialle, piene di zolfo e di fumarole, tutte presentano cristalli di ghiaccio. Forte il contrasto fra il nero della lava, il rosso delle precedenti  colate, il giallo della zona solforosa e il bianco dei cristalli di ghiaccio, una grande vista sulll’Oceano Pacifico, sui ghiacciai, sui vulcani circostanti con il verde della pianura sottostante. Dispiace lasciare questo ultimo vulcano, ma una lunga discesa non facile ci attende, specialmente il primo tratto da fare con corda ed un successivo con molti tornanti dove si affonda nella cenere, qualche scivolata o caduta non manca, urlando per avvisare le persone che stanno risalendo dell’eventuale caduta lungo il pendio di sassi piu o meno grossi, gridando in russo CANE, che vuol dire sasso, che tutti poi ripetono fino a quando la pietra stessa si ferma, sperando  che non sia finita addosso a qualcuno. Due ragazzi russi ci avvisano che al termine del percorso possiamo ritirare un diploma che attesti la nostra salita al vulcano, pure noi andiamo a ritirarlo prima di tornare nel cottage . Cena ottima preparata da Barbara, serata in piazza al campeggio per il concerto con cantanti e musiche dal vivo siberiane.

 

17 agosto…15

verso il VULCANO AVACHA

Questa mattina ci si sveglia con la pioggia, colazione e smontaggio delle tende, si scende a valle fermandoci per una bagno ristoratore nelle calde acque termali calde di Verkhne Paratunskie, ci si arriva dopo un breve sentiero in salita dalla strada di circa 20 minuti, indispensabile lavarsi dopo alcuni giorni passati con poca acqua. Si riprende dopo due ore per fermarsi in un centro commerciale per le ultime spese di gruppo, non posso non acquistare dei libri fotografici e un tubetto di maionese, tanto declamata da portare a casa. Lasciata la strada asfaltata, per raggiungere il nuovo vulcano, si deve percorrere una pista di circa 80 km, tutta lungo il letto di un fiume, ora in secca, Sukhaya. Non riesco a spiegarmi il perchè  ci siano molti fuoristrada, dove siano diretti, stanno risalendo come noi sulla stessa nostra pista. Eccoci arrivati in questo villaggio, ai piedi del vulcano, un immenso area adibita a parcheggio per i  fuoristrada, quasi un campeggio, ognuno ha la propria tenda montataa lato dei mezzi, senza servizi, persone arrivate dalla capitale, al centro del grande piazzale un grande palco montato, completo di impianti sonori e di luci, ci si ritrova in una bolgia infernale. Per noi era stato prenotato un cottage, dove dormiremo in un’unica stanza, in un sottotetto mansardato e basso, attenti ad alzarsi per non battere la testa. Ottima cena nel salone sottostante, doccia a pagamento al costo di 200 rubli cadauna in un bagnetto con accesso dall’esterno del locale. Il cottage è leggermente rialzato rispetto al piano strada, lì sotto vivono liberi diversi opossum, entrano ed escono ripetutamente per cercare da mangiare, attraverso  aperture appositamente fatte per loro, si avvicinano facilmente alle persone per prendere quasi dalle mani dei biscotti o del pane, lo rosicchiano o lo portano nelle loro tane. Notte quasi silenziosa, nonostante le musiche e i rumori che provengono dal parcheggio. Vedremo domani il motivo di questo raduno.