11 agosto ..9

VERSO ESSO

Colazione e smontaggio delle tende sotto una leggera pioggia che ci ha accompagnato tutta la notte con un leggero vento, per niente facile pur aiutandoci fra noi. Si fa a ritroso lo stesso percorso dell’andata per arrivare in pianura, si attraversa di nuovo la taiga e il fiume, ogni ora uno stop per sgranchirsi, nonostante i mosquitos. Pranzo sulla sponda del fiume Kamchatka, un breve spuntino preparato dal cuoco con fette di pane spalmate con salsa di salmone, birra al fresco nelle acque del fiume, ottima dopo tanti giorni di tè, acquistata poco prima in paese. Nel tardo pomeriggio arriviamo ad Esso, sempre su strada sterrata incrociando poche macchina lungo tutto il tratto percorso: Esso e’ una cittadina di 10000 abitanti, un’enclave abitata da varie etnie di nativi, originari dalla Kamchatka (eveni, kuriachi, ciutsci, aleuni e da alcuni russi), tante piccole case lungo un fiume in questa valle, sembra quasi di essere in Svizzera. Siamo alloggiati in un bellissimo hotel di recente costruzione, belle camere con una grande sala ristorante, alla russa, ottima la  piscina esterna con acqua calda. Dopo una doccia e aver rimesso in ordine i bagagli, usciamo in gruppo per visitare Esso e il villaggio degli eveni: dall’alto, dove è situato l’albergo, sembra facile da visitare, ma una volta scesi al piano, non è facile orientarsi, tutte le strade sono sterrate e sembrano uguali fra loro, si arriva al villaggio degli eveni, situato appena oltre il fiume, dove vediamo nuotare centinaia  di salmoni che lo stanno risalendo, poche tende e case, non molto abitato, niente di speciale. Passiamo al museo in cui è ricostruita la loro storia, con gli usi e i costumi dei primi abitanti, abbastanza interessante, nelle 6 sale  la guida locale ce lo illustra, Natalia traduce per noi dal russo in inglese, Maria lo fa per me in italiano. Si torna in albergo sotto una leggera pioggerellina per una cena veramente ottima, bene annaffiata con birre fresche. Dopo cena a teatro  in paese, per una spettacolo folcloristico con canti e balli in lingua russa, interpretato da molti attori, anche con la partecipazione di alcuni bimbi   per inserirli gradualmente e proseguire nel tempo le loro tradizioni. Questo gruppo è stato anche in Italia, a Gorizia, dove è stato invitato con altri gruppi provenienti da ogni parte del mondo per degli spettacoli folcloristici . Notte in albergo.

 

 

 

10 agosto …8

LATO NORD DEL VULCANO TOLBACHIK

Sveglia mattutina, colazione con porridge e tè, poi ci trasferisce con il mezzo, un’ora crica di viaggio, per iniziare di questa nuova escursione, una bellissima e calda giornata. Campi di mirtilli si stendono sotto di noi, pronti da mangiare ma anche cibo per orsi, bisogna attraversare  un torrente dalle acque tumultuose in piena, grosse difficoltà per superarlo su una tavola in legno non più larga di 15 cm, semplicemente appoggiata sulle due sponde e su massi non proprio stabili, ad un metro sopra le acque vorticose, non c’è altra via, uno alla volta con zaino in spalla e pertica di appoggio per sicurezza, riusciamo a passare senza bagnarsi.  Si sale bene su prati di rododrendi, non in fiore in mezzo a rocce laviche affioranti, alla nostra sinistra si apre una grande valle lavica dalle molte creste e da picchi  erosi dal vento. Arrivati  in quota, ai piedi della cima del vulcano, lasciati gli zaini sul prato, si risale di altri 300 mt. per osservare su questo lato molti ghiacciai  che scendono a valle, una cima maestosa innevata in lontananza si staglia su un cielo blu senza nuvole. Ci concediamo un meritato riposo sognando in grande, solo il  silenzio ci circonda mentre si pranza con pane e salmone, dolce e un frutto ci ridanno forza per il ritorno. Si torna a valle, alla base delle formazioni vulcaniche viste durante la salita, scoprendo nuove grotte dalle formazioni granitiche particolari, internamente ricoperte di piantine verdi, come dei capelvenere, che sopravvivono con la poca umidità della roccie e protette dal vento. Una nuova lunga camminata, con continui saliscendi, per raggiungere il torrente da un’altra parte, da riattraversare, stavolta ancora in una situazione piu’ difficile:  la guida trova un tronco lungo circa 5 metri, con un diametro di circa 15 cm, lo appoggia fra le due sponde del torrente, ne trova un’altro più piccolo e tenendolo in mano, aiutato da un altra persona, lo usa come parapetto, così da permetterci a tutti di superare le acque su questo tronco, in bilico e con molta paura, poca  sicurezza e tanta tremarella resta. Si raggiunge il camion parcheggiato in un’area da picnic, dove pranziamo, dove una famiglia russa sta cuocendo della carne fatta alla griglia, che ci viene pure offerta, per la fame che abbiamo è veramente buona e tenera.  Si rientra al campo base alle 17  per l’ultima notte in tenda, cena per poi sedersi attorno al fuoco a raccontarci le nostre precedenti esperienze di viaggi e i nostri sogni.

 

 

 

 

9 agosto …7

SUI MINI VULCANI ATTORNO AL TOLBACHIK – ALAID e CLAW

Oggi sarà una giornata più tranquilla, escursione ai due piccoli coni vulcanici, diversi fra loro e non molto alti, ma sempre attivi con fumarole che escono dalle loro cime e dai fianchi. Ci si trasferisce con il camion al piede di uno dei due per risalirlo: è alto non più di 300 mt ma ha una spettacolare vista sulla sottostante pianura lunare, paesaggio lavico dove sembra di vivere in un mondo in bianco e nero con tante tonalità. Arrivati in cima, davanti a noi un incredibile tappeto multicolore di pietre vulcaniche, gialle, rosse, arancioni e viola, tutte mescolate tra loro.  Il terreno sotto i nostri piedi scotta, da alcune fessure della crosta fuoriescono vapori caldi,  sotto queste spaccature c’è evidentemente lava liquida: infatti la guida avvicina con un bastoncino un foglio di carta ad una di queste fessure che prende immediatamente fuoco, da non credere se non l’avessi visto di persona. Si scende dall’Alaid, e dopo esserne scesi per una parte, si risale al Claw, l’altro cono vulcanico confinante, il cui cratere mi sembra simile al VULCANO delle isole Eolie, salito un po di anni fa durante una vacanza con Maristella. Sempre paesaggio spettacolare, sulla cresta diverse fumarole emanano vapori di zolfo , come odori di uova marce, il giallo dello zolfo colora a macchie la superficie lavica, cratere  con pareti vertiginose sotto di noi e una lunga spaccatura sul fronte opposto dove da una bocca, durante l’ultima eruzione  di pochi anni fa, era fuoruscita una grossa colata lavica. Sulla cima breve momento di sosta per ammirare il paesaggio e per fotografare, si ridiscende alla base dei vulcani per un pranzo veloce e per riprendere forza, sul deserto di lava qualche piccolo arbusto rinasce per ricominciare la vita della natura.   Sempre con il mezzo andiamo verso la foresta pietrificata: davanti a noi una vasta scheletrica distesa di tronchi di alberi e conifere, sepolti da oltre 6 metri di cenere, tutto a seguitodell’eruzione del vulcano e della nube piroclastica del 1975, ad una temperatura di oltre 1000 gradi, ha ucciso all’istante ogni forma di vita presente nell’area.   La vita e la natura non si arrendono mai, ora alcune piante pioniere stanno ricolonizzando nuovamente queste terre per creare una nuova foresta, almeno fino a quando il vulcano si risveglierà.   Proseguiamo con una passeggiata a piedi per circa 7 km, su una pista di cenere attraverso questa nuova foresta per raggiungere due grotte, uniche per la loro forma.   Torniamo al campo base con il camion, che nel frattempo ci aveva recuperato, anche oggi una giornata diversa   favoriti dal bel tempo, senza pioggia e vento. Cena e serata attorno al fuoco in compagnia degli scalatori russi rientrati al campo base,uno di loro racconta che è appena rientrato da Curmayor, dopo una scalata al monte Bianco e dopo aver visitato Milano. Notte in tenda.

 

8 agosto …6

ASCESA DEL VULCANO PLOSKY TOLBACHIK

Non è ancora sorta l’alba quando ci si alza perchè ci attende una lunga giornata di cammino, il vento che ha soffiato tutta la notte ha spazzato via gran parte delle nuvole, le lontane vette dei vulcani sono ancora immerse nelle nubi, il cratere del vulcano Plosky Tolbachik  che sarà la nostra meta di oggi, a quota 2850 m, si staglia all’orizzonte.  Daopo una abbondante colazione, con il camion si risale su piste di lava solidificata avvicinandosi il più possibile all’inizio del sentiero dove comincerà la risalita a piedi a quota 1680 m. Ci si ritrova avvolti in una fitta nebbia quano partiamo, salendo dense nuvole coprono il cielo con il vento che inizia fischiare, per la cima un dislivello di ben 1200 m.   Il sentiero, in questa primo tratto, è facile con una leggera pendenza, si cammina tranquillamente sopra alcuni neva, per poi passare  su  campi di cenere e di lava, a lato del sentiero troviamo alcune bombe di lava, di varie dimensione e forme fantastiche, animali o uccelli, sparate dal vulcano nell’ultima eruzione del 1975 . Una breve pausa pranzo fermandoci su un pianoro a circa 2000 m. al riparo dal vento, ai piedi del cratere prima dell’ultima strappo finale.  Sopra di noi, mentre si continua a salire, splende uno stupendo cielo di un blu intenso  lasciando osservando la grande pianura sottostante punteggiata da tanti coni vulcanici formatisi nelle varie epoche da precedenti eruzioni.  Dopo diverse ore di risalita, anche su sentieri duri e difficili, si arriva sull’orlo del cratere che ha un diametro di circa 1000 mt e profondo oltre 500 mt, la cui bocca è passata dai 100 mt agli attuali 1000 dopo la forte eruzione del 1975.  Sull’altro lato del cratere rispetto a dove siamo arrivati, davanti a noi un enorme ghiacciaio scarica le sue acque in fondo al lago, il sole alto colora le rocce che si riflettono passsando dal giallo al rosso a diverse  tonalità di grigio.  Tutti vicino al precipizio ad osservare l’immeso cratere,  rendendoci conto di quanto nulla possa fare l’uomo davanti alle forze immense e inimmaginabili che la natura può scatenare in qualsiasi momento.  Ricomincia a soffiare il vento, rinunciando a salire oltre, bisogna scendere, in alcuni tratti a causa della violente folate del vento siamo costretti a stenderci a terra completamente, aggrappandosi ai piccoli cespugli o arbusti per non cadere giù, stessa forza che può fare la bora a Trieste. Il ritorno è abbastanza duro, incontriamo numerosi  scalatori russi impegnati per arrampicate su altre vette, faranno bivacco in quota e in tenda, con loro due vulcanologi russi che si sono consultati con la ns. guida per delle loro ricerche in corso. Dopo 15 km di salita e i 15 di discesa, siamo arrivati al parcheggio del camion ,rientriamo al campo base quasi alle 19, per un meritato riposo, cena e subito dopo a dormire in tenda, stanchi, affaticati ma soddifatti di questa  nuova esperienza.

 

7 agosto ….5

CAMPO ALLA BASE DEL VULCANO TOLBACHIK

Come sempre mi sveglio presto, esco in giardino per gustarmi i maturi frutti di bosco, poi tè a colazione con salmone fresco, pane con fomaggio, di nuovo in giardino con Rosa sempre alla ricerca di nuove piante, prima non scoperte in questo eden. Si riparte fermandoci prima in paese, per gli ultimi acquisti personali,(lattine di birra, biscotti e cioccolati) che torneranno utili nei prossimi giorni, dove non troveremo nulla. Una lunga mattinata di trasferimento su una stretta pista che attraversa una intricata foresta di betulle, si avanza a fatica, alcuni tratti sono acquitrinosi, il fango arriva quasi al’altezza del serbatoio, sobbalzi a non finire, con    molti rami che invadono la carreggiata, guadando ruscelli, superando enormi pozze d’acqua dove qualunque veicolo non idoneo non sarebbe in grado di proseguire, si deve superare un fiume con la corrente d’acqua molto forte ad altezza delle ruote, quasi sommerse, un bravo eun grazie all’autista.  Una fermata tecnica necessaria per sgranchirsi, a lato del fiume, sempre assaliti dai mosquitos prima di ricominciare sempre attraverso la foresta di betulle: in questa stretta pista si incrocia ora un camion, proveniente dalla direzione opposta, uno dei due per consentire il proseguimento del viaggio ad entrambi, con difficoltà, si deve spostare. Finalmente siamo fuori dalla taiga dopo 5 ore di viaggio spossante, pausa per un tè, in lontananza si  vedono i primi vulcani, finisce la foresta, inizia ora un paesaggio vulcanico brullo e scuro. Si sale per il campo base di oggi posto ai 1150 metri: sembra di essere su un altro pianeta, mini coni vulcanici sparsi quà e là, il terreno è di un grigio cenere-rossastro mentre il cielo è coperto di nuvoloni, una inusuale luce arancione creata da un caldo tramonto ci sorprende. Si montano le tende dietro tre case di legno esistenti, adibite a cucina-pranzo, e che potrebbero essere utilizzate anche da eventuali gruppi di escursionisti o scalatori che potrebbero sopraggiungere. Nella tenda, alloggio per le prossime tre notti, stendiamo il materassino e il sacco a pelo con il proprio zaino o borsone. Alle 16 si pranza con un piatto di brodo e della carne bollita, alle 17 si inizia la prima escursione sul vulcano spento vicino al campo base: leggera salita con un giro attorno al cratere, paesaggio bello da rimanere affascinati. Di nuovo si ritorna al campo base, non stanchi, ma pronti a risalire subito su un altro cono vulcanico li vicino, sempre accompagnati dalla guida Rousland e da Natalia per un altro piccolo trekking, con la loro raccomandazione di non allontanarci da soli dal gruppo per un eventuale sempre probabile incontro con gli orsi, che noi non vediamo, ma che loro vedono e sentono la nostra vicinanza, troviamo comunque le loro impronte e dei loro escrementi. Cena alle 20,30 nella tenda cucina, poi si esce per sedersi attorno al fuoco a cantare unendoci ad altri gruppi di turisti sopraggiunti dopo, prima di andare a dormire per la prima notte in tenda.