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Prima di partire da Sarang, compero dei piccoli ricordini, non pesanti e non voluminosi avendo solo lo zaino: si comincia a salire passando un torrente su un ponte sospeso tibetano, incontriamo i primi chorten e sull’altopiano ecco un mani pade un, il piu lungo dell’intero Tibet,  davvero unico e meraviglioso. Faccio meno fatica rispetto agli altri giorni, aiutato forse da una vista spettacolare dei quattro 8000 che ci circondano, con colori delle rocce di diverse tonalità . Siamo  sempre sopra i 3800 mt, raggiungiamo un passo con davanti a noi l’altopiano del Tibet, dove i colori del cielo, della terra e delle montagne, in una luce incredibile, si uniscono fra loro. Siamo in vista della capitale del Mustang, Lo Mantang, scendiamo e entriamo in questo paese o villaggio che possa essere: nelle strette vie alcune donne  lavano i i loro abiti nei piccoli canali interni, mentre altre lavano e lucidano pentole con molta volontà, contemporaneamente yak e ad altri animali girano tranquillamente in città, lasciando tutti i loro escrementi a terra. Le fotografie non riescono mai a descrivere fedelmente le impressioni, ma quello che abbaimo davanti è veramente unico. Come tradizione ogni gruppo di turisti che arriva a Lo Matang, come tradizione per aiutare la popolazione locale, compra un montone che poi verrà cucinato per cena. Riscaldamento della guest hause, dove siamo a cena, è alimentato dallo sterco di yak  essiccato, fuori fa molto freddo. Il campo tendato è stato montato fuori le mura, al tramonto verranno chiuse tutte le porte della città. Durante la cena Adeep, figlio sedicenne del capo guida, ha avuto un attacco epilettico, Carlo e Marco vorrebbero curarlo con le nostre medicine, viene chiamato un medico, che potrebbe essere lo stregone di Lo Matang, provvede a suo modo, fino all’arrivo di un lama che pronuncia alcune preghiere, getta del riso sul viso del ragazzo, il quale dopo tre ore si  riprende. Questi nepalesi ritengono che la malattia venga dagli spiriti maligni che sono dentro noi, così dicono, ma è tutto bene quel che finisce bene, ma il giorno dopo il padre fa venire un elicottero per trasportarlo in ospedale a Katmandhu per le opportune analisi .

 

 

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Dopo una buona colazione e dopo aver smontato il campo tendato, abbiamo davanti un dura e lunga giornata di risalita, con vari passi da superare ma saremmo ripagati dalle stupende viste dei monti e dal paesaggio naturale incontaminato che incontreremo. Una salita faticosa fino a 4100 metri, per ridiscendere per pranzo in un piccolo villaggio dove incontriamo diversi piccoli gruppi di turisti. Un breve riposo, per risalire al muro mani pade mun, luno muro di pietra con incise preghiere buddiste, magnifica la visione delle montagne che abbiamo tutte attorno a noi. Molto faticosa e snervante la salita al passo successivo a 3875 mt, che sembra non arrivare mai, subito dopo una discesa spettacolare su Sarang dove osserviamo un bellissimo stupa e il suo monastero. Giornata molto difficile, cena e subito in tenda per la notte.

 

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Smontato il campo tendato, si prosegue sempre su sentieri impervi ma affascinanti, ogni giorno, una nuova conoscenza del territorio e delle montagne che ci circondano. Si comincia a salire raggiungendo i 3800 mt di quota, senza problemi particolari per l’altitudine con la stanchezza che comincia a farsi sentire, nuovo campo tendato ai margini di un bosco.

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Sveglia alle 6, davanti alle tende abbiamo il te bollente e un catino di acqua calda, rimetterci in forma. Ora ha inizio il vero e proprio trekking nel Mustang; lasciasmo Kagbeni camminando sulle sabbie e sui ciotoli del fiume, la Kala Kandaki, dobbiamo guadarla in alcuni tratti dove l’acqua è bassa senza alcun pericolo, cominciamo a risalire per sentieri di montagna abbastanza impegnativi, siamo attorno ai 2900 metri di altitudine. Lungo il letto del fiume  raccogliamo diverse ammonniti, non molto grandi, con  impressi pesci fossili o altro che ricordano che qui milioni di anni fa  c’erano le acque di un oceano. Lungo il percorso le guide ci porgono sempre del te caldo con i biscotti, discese e salite sono continue, in questo tratto, sentieri stretti e scoscesi. Ci si ferma per il pranzo preparato dai cuochi dello staff a Chasa: all’esterno del locale-ristorante, due donne prima mungono gli yack, poi avvicinano i vitellini ai capezzoli delle loro mamme per far prendere anche a loro del latte. Proseguiamo sempre  lungo il fiume, attraversiamo il primo ponte tibetano sospeso, salendo per ripidi sentieri a Chale, dove le guide montano il campo base e le tende per la notte. Un buon te e un breve riposo in tenda prima della cena, tira un forte vento, in paese troviamo due donne francesi, in giro con i loro sherpa, parliamo del nostro trekking ma chiedono a Carlo informazioni specifiche su un viaggio in Mongolia che Carlo, come tour operetor sta organizzzando. Siamo arrivati a circa 3100 mt  di quota.

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Alcuni di noi hanno problemi intestinali, Carlo decide di prendere un giorno per far un buon acclimatamento in quota. Leo prende e sale da solo al monastero sulla montagna che abbiamo di frontre a 3900, mentre i 5 del gruppo che stanno meglio, saliamo a Muktinath, fermandoci ai  3400 metri nei pressi di una casa, con  bar e negozio appresso, dove prendiamo un te. Si rientra alle tende per pranzo, è stata scaldata l’acqua per delle doccie, ognuno provvede con con la sua brocca d’acqua calda a lavarsi all’aperto, uno per volta in un angolo predisposto, un pentolone di acqua. Cena al campo base con canti e balli nepalesi e con canzoni popolari italiane, fra le più popolari.