Dopo la solita sveglia mattutina e un’abbondante colazione, alle 7 con una giovane guida locale iniziamo la risalita al vulcano Pico de Fogo, alto 2825 metri.
Una breve strada sterrata di un paio di chilometri, poi per un ripido su un arduo sentiero, segnalato dalla guida, di rocce a tornanti, molto difficile e pericoloso, ma con un magnifico spettacolo sull’oceano e sugli altri monti dell’isola, fra cui il vicino altro vulcano attivo, il Pico Paqueno, alto 2067, nelle brevi soste fatte per irprendere fiato. Le ultime eruzioni di questo vulcano risalgono al 1995 e al 2014, l’ultima con grosse colate di lava che hanno sommerso il paese sottostante, grossi danni materiali ma senza vittime avendo avuto il tempo di evacuare il paese alle prime avvisaglie. Arrivati in cima siamo sul bordo del grosso cratere che si apre sotto davanti a noi, piccole fumarole e qualche tratto di parete gialla, causato dalle emissionui di zolfo nel tempo.
Dal bordo non ci si può muovere molto, si ha il tempo di bere e mangiare qualcosa, ammirare il bellissimo paesaggio e i letti di cenere nera che si stendono a lato del sentiero fatto per risalire. E’ la sorpresa che ci aspetta, infatti il ritorno sarà fatto, chi di corsa o a ruzzoloni col sedere, sollevando nuvole di polvere che riempie vestiti, scarponi e colorando gli zaini. Solo una piccola caduta di Carla, all’inizio su una roccia, ha rovinato per lei il fascino di questa nuova esperienza, ma aiutata e confortata da tutti noi, pur molto dolorante alla mano e medicata sommariamente, ha ripreso subito a scendere.
Scesi di nuovo al piano, mi accordo con la guida per andare alla ricerca del caffè in grani, entra in alcune case, solo in una merceria riesco a trovarlo, solo già macinato, va bene così. Birra fresca, doccia e un quasi riposo, perchè subito dopo vado con Nicola per vedere il paese visto prima dall’alto completamente ricorperto dalla colata di lava, larga circa 300 metri e alta oltre 4 metri. Una visione apocalittica di quello che la forza della natura può fare, case sventrate e completamente sepolte dalla nera lava, da cui emergono solo alcuni tetti sfaciati. In modo particolare mi ha colpito all’inizio la prima casa, si vede la lava che entrate sul retro dalle finestre dopo aver riempito le stanze, ha riempito il terrazzo fino al parapetto senza sfondarlo, una visione infernale.
Ora in fondo alla colata, prima della grossa foresta di alberi esistenti sulla montagna, qualcuno inizia a ricostruire qualche casa e ritorna la vita per coltivare le vigne sulle pendici del monte non intaccate dalle colate, allevano polli e qualche bovino.
Mi fermo con Nicola alla merceria dove avevo comperato il caffe, prendiamo un assaggio del vino dolce di Fogo, veramente ottimo, come passito, prima di rientrare per cena alla locanda. Pulizia zaini, birra in cortile chiaccherando con gli amici, ottima la cena a base di pesce con buoni sughetti, riso e verdure, con due bottiglie di vino bianco e rosso di Fogo, gelato finale.
A letto puntando la sveglia alle 5 dovendo partire con il minibus alle 6 con Italo per l’aeroporto per il volo per Praia.








































Veloci formalità d’imbarco, con 3 taxi ci si trasferisce in centro, al plateu centrale, fermandoci in un bar della piazza per una nuova colazione con torta e cappuccio.
dove si trova, vista mare, la residenza del Presidente della Repubblica ed altri edifici governativi, tutti controllati da militari armati agli ingressi, senza possibilità di fare foto, ma gentili quando chiedo loro informazioni. Sull’alta parete rocciosa, legati con corde come stessero scalando una parete ricciosa, alcuni militari stanno disbocando con moto sega la foresta che nel tempo si è formata; con Stefania vado al museo di Amilcar Cabral, eroe nazionale che ha portato nel 1975 all’indipendenza dal Portogallo le isole di capo Verde per poi proseguire il giro della città per altre vie, un buon caffè in una ottima pasticceria. Ci si ritrova tutti al solito bar in piazza dove tutti sono già arrivati, riesco ugualmentre ad andare a visitare il palazzo della cultura capoverdiana li di fronte.

dai grossi occhi che ti guardano dentro, veramente interessante questo mercato vicino alla falsa torre di Belem della città.
Si torna in albergo per le 13.3o per ripartire subito con il minibus per il giro dell’isola di Sao Vincente, fermandosi spesso in alcuni punti caratteristici: prima su una lunga spiaggia sabbiosa per camminare, alcuni, in riva al mare, alcuni bimbi cercano di vendere delle piccole conghiglie, ne compero alcune, mentre due persone del posto cercano e provano a far alzare in volo, con il forte vento tendendo le corde, un telo tipo parapendio, molto colorato.
Non sapendo la strada, al primo villaggio che incontro, mi fermo ad aspettarli, quando da lontano sento chiamare il mio nome, è Edi, la nostra guida, che lasciato il gruppo è sceso a cercarmi, risalgo con lui i 1o minuti di strada fatta in più, ritrovo il gruppo al bivio di un nuovo sentiero laterale che non avevo visto, dove tutti stanno ad aspettarmi, chiedo scusa ma mi sfogo con Italo mandandolo a quel paese, è dir poco, non è mai capitato in vita mia di trattare così male una persona. Ora siamo nella vallata di Paul, con tante coltivazioni di canna da zucchero, di guayaba e di banane, piante di fagioli, vere piante e non rampicanti come li vediamo da noi, e tanti altri frutti e legumi tropicali, da cui gli abitanti dell’isola traggono il loro sostentamento.
Ci sono anche piantagioni di caffè, da una signora fuori dalla sua casa riesco a comperarne due sacchetti, uno in grani, l’altro gia macinato. Nel primo pomeriggio si raggiunge il villaggio di Lombo Comprido, dove in un’area da picnic in un parco pubblico, con piscina, tutto ora molto dismesso e abbandonato, ci fermiamo per il pranzo, non ho molta fame e non riesco a finire il cibo della schiscetta, portata sempre nello zaino. Un breve riposo, per raggiungere poi in mezz’ora la casa dove dormiremo per l’ultima notte sulla terrazza. E’ una bella casa in questo nuovo villaggio, accolti dal proprietario, Cristiano di nome, dove troviamo già i nostri bagagli arrivati poco prima con un mezzo, sistemati i materassini fatta la doccia, ho davanti a mne tutto il resto del pomeriggio. Non riesco proprio a pensare di stare fermo, chiedo a Cristiano indicazioni per scendere al mare, e come risalire eventualmente in taxi alla casa e il suo costo. Nessuno vuole venire con me, prendo e m’incammino, in discesa pima per sentieri poi per strada trafficata, incontrando alcuni turisti che hanno trovato da dormire presso altri b&b più lussuosi del nostro terrazzo, quasi tutti francesi, nessuna ombra di un italiano, arrivo in questa cittadina di mare, un ottimo bar sulla spiaggia dove mi siedo per una bella birra fresca sentendo le onde dell’oceano sulla battigia. Ricevo un messaggio da Luigi che mi prega di comperare due bottiglie di vino di Fogo per la cena, alcuni negozi li trovo chiusi, in una merceria ne compero due, che si riveleranno, quando saranno aperte per la cena, quanto di peggio si poteva desiderare, forse troppo vecchio ed ormai marsalato, quasi imbevibile. La statua di sant’Antonio domina il paese in alto sul colle, come fosse un faro, bellissima però la distesa di bouganvilla rossa che copre l’intera fascia collinare sotto la statua.


