capo verde 16/2

Dopo la solita sveglia mattutina e un’abbondante colazione, alle 7 con una giovane guida locale iniziamo la risalita al vulcano Pico de Fogo, alto 2825 metri. img_6921Una breve strada sterrata di un paio di chilometri, poi per un ripido su un arduo sentiero, segnalato dalla guida, di rocce a tornanti, molto difficile e pericoloso, ma con un magnifico spettacolo sull’oceano e sugli altri monti dell’isola, fra cui il vicino altro vulcano attivo, il Pico Paqueno, alto 2067, nelle brevi soste fatte per irprendere fiato. Le ultime eruzioni di questo vulcano risalgono al 1995 e al 2014, l’ultima con grosse colate di lava che hanno sommerso il paese sottostante, grossi danni materiali ma senza vittime avendo avuto il tempo di evacuare il paese alle prime avvisaglie. Arrivati in cima siamo sul bordo del grosso cratere che si apre sotto davanti a noi, piccole fumarole e qualche tratto di parete gialla, causato dalle emissionui di zolfo nel tempo.

Dal bordo non ci si può muovere molto, si ha il tempo di bere e mangiare qualcosa, ammirare il bellissimo paesaggio e i letti di cenere nera che si stendono a lato del sentiero fatto per risalire. E’ la sorpresa che ci aspetta, infatti il ritorno sarà fatto, chi di corsa o a ruzzoloni col sedere, sollevando nuvole di polvere che riempie vestiti, scarponi e colorando gli zaini. Solo una piccola caduta di Carla, all’inizio su una roccia, ha rovinato per lei il fascino di questa nuova esperienza, ma aiutata e confortata da tutti noi, pur molto dolorante alla mano e medicata sommariamente, ha ripreso subito a scendere.

Scesi di nuovo al piano, mi accordo con la guida per andare alla ricerca del caffè in grani, entra in alcune case, solo in una merceria riesco a trovarlo, solo già macinato, va bene così. Birra fresca, doccia e un quasi riposo, perchè subito dopo vado con Nicola per vedere il paese visto prima dall’alto completamente ricorperto dalla colata di lava, larga circa 300 metri e alta oltre 4 metri. Una visione apocalittica di quello che la forza della natura può fare, case sventrate e completamente sepolte dalla nera lava, da cui emergono solo alcuni tetti sfaciati. In modo particolare mi ha colpito all’inizio la prima casa, si vede la lava che entrate sul retro dalle finestre dopo aver riempito le stanze, ha riempito il terrazzo fino al parapetto senza sfondarlo, una visione infernale.

Ora in fondo alla colata, prima della grossa foresta di alberi esistenti sulla montagna, qualcuno inizia a ricostruire qualche casa e ritorna la vita per coltivare le vigne sulle pendici del monte non intaccate dalle colate, allevano polli e qualche bovino. Mi fermo con Nicola alla merceria dove avevo comperato il caffe, prendiamo un assaggio del vino dolce di Fogo, veramente ottimo, come passito, prima di rientrare per cena alla locanda. Pulizia zaini, birra in cortile chiaccherando con gli amici, ottima la cena a base di pesce con buoni sughetti, riso e verdure, con due bottiglie di vino bianco e rosso di Fogo, gelato finale.

A letto puntando la sveglia alle 5 dovendo partire con il minibus alle 6 con Italo per l’aeroporto per il volo per Praia.

capo verde 15/2

Sveglia alle 5, colazione alle 5.30, subito trasferimento allì’aeroporto per il volo delle 9 per Praia, capitale di Capo Verde, sull’isola di Santiago per un’ora di volo. Veloci formalità d’imbarco, con 3 taxi ci si trasferisce in centro, al plateu centrale, fermandoci in un bar della piazza per una nuova colazione con torta e cappuccio.

Ora mentre Luigi deve andare in agenzia per fare i biglietti del traghetto, per l’andata a Fogo, con alcuni di noi andiamo in giro per il corso principale in centro, fermandoci al mercato generale, tante bancarelle interne e molta gente locale a far acquisti, sopratutto di frutta e verdura.

E’ un giorno feriale, una città viva in fermento con tante attività commerciali, fabbricati nuovi che si intersecano con alcuni vecchi, nulla che mi colpisce in particolare modo. Torno in piazza al bar, per dare il cambio agli altri amici che desiderano andare, anche loro, in giro per la città, resto a custodire gli zaini fino al ritorno di qualcuno di loro prendendo una birra. Rientra Luigi con i biglietti, vado con Stefania a visitare la parete sud del plato, dove si trova, vista mare, la residenza del Presidente della Repubblica ed altri edifici governativi, tutti controllati da militari armati agli ingressi, senza possibilità di fare foto, ma gentili quando chiedo loro informazioni. Sull’alta parete rocciosa, legati con corde come stessero scalando una parete ricciosa, alcuni militari stanno disbocando con moto sega la foresta che nel tempo si è formata; con Stefania vado al museo di Amilcar Cabral, eroe nazionale che ha portato nel 1975 all’indipendenza dal Portogallo le isole di capo Verde per poi proseguire il giro della città per altre vie, un buon caffè in una ottima pasticceria. Ci si ritrova tutti al solito bar in piazza dove tutti sono già arrivati, riesco ugualmentre ad andare a visitare il palazzo della cultura capoverdiana li di fronte.

Alle 13 con 3 taxi andiamo alla stazione marittima in attesa del traghetto delle 3, controlli passaporti prima di entrare nella hall e prima di uscirne, i nostri bagagli vengono caricati sul un camioncino, successivamente tutti quelli degli altri viaggiatori sopra i nostri formando un’immagine di non senso, prima che questo mezzo venga anche lui imbarcato carico sul traghetto. A piedi dalla stazione al traghetto,

si sale nell’unico grande salone, ad ognuno viene consegnato un sacchetto in plastica in quanto questa traversata viene segnalata come traghetto del vomito per le sempre avverse condizioni dell’oceano, per le alte onde. Acque tranquille e calme all’uscita dal porto, ma subito dopo si comincia a ballare, infatti molte persone cominciano ad avere questo problema, preferisco uscire e passare buona parte del viaggio, anche con Nicola, in uno piccolo spazio di ponte esterno con vista sull’oceano e sulle alte onde, alcune veramente alte, forse oltre i 5 metri, che sballottano e sollevano la nave continuamente. Veramente bello vedere queste onde gigantesche, e la lunga scia spumeggiante lasciata in coda dai motori della nave, il sole che inizia a calare e i suoi riflessi sull’acqua formando meravigliosi arcobaleni, forse in lontananza potremmo aver visto la sagoma fdi alcune balene.

Impressionante è vedere dall’alto il camioncino dei bagagli con il carico che porta. Dopo oltre 4 ore di traversata, si arriva al porto di Sao Filippe, sull’isola di Fogo, attacca su un molo , viene stesa una piccola passerella dove scendono tutti i passeggeri, i bagagli restano sul camioncino in quanto non funziona la ribalta per farlo scendere, oppure essendo in ritardo e la nave deve proseguire per Brava, i bagagli si devono scaricare manualmente, dallo stesso creando un caos indescrivibile mai immaginabile, si va all’assalto della diligenza, ancora più difficile per i nostri che sono stati caricati per primi, in qualche modo riusciamo a ricuperarli senza farli cadere a mare compreso la valigia blu di Italo. Fuori dalla stazione, ormai al buio della serata, ci aspetta la guida nostra di Fogo, che con il suo minibus ci porterà alla sua locanda al villaggio ai piedi del vulcano, ad oltre 1800 metri di quota, prima parte su una strada lastricata in pietra, poi per sterrati senza vedere nulla di quello che ci circonda  dei pochi villaggi che attraversiamo. Arrivati alle 21.30, alla Cha das Calderas, al ristorante della casa ci aspetta una cena con pollo, riso, budino al cioccolato, un buon vino tinto di Fogo per cominciare ad entrare in questa terra. Poca acqua e solo fredda per le docce, belle le camere che danno tutte su un cortile interno di questa casa.

capo verde 14/2

Sveglia alle 5 e colazione alle 5.3o, alle 6 partenza con il minibus per Porto Novo, un’ora di viaggio lungo la litoranea fino alla stazione marittima per imbarcarci sul traghetto per Mindelo. Lascio quest’isola con un poò di rimpianto per la bella settimana trascorsa camminando, magari con fatica, attraverso queste bellissime valli, villaggi persi sulle montagne, nuova esperienza di notte a domire sulle terrazze e tanti altri ricordi. A Mindelo sempre con il minibus ci si trasferisce subito all’hotel Raian, lo stesso del primo giorno, per lasciare i bagagli e riprenderci le camere, evito Italo, dormirò in camera con Luigi. Si esce subito per andare in centro per pranzo, due tipi di piatti di pesce che ci si ditribuisce per assaggi fra noi, due passi al mercato

dove compero fagioli e aglio, bello quello del pesce con un grosso tonno in mostra sul tavolo, appena pescato, e tanti grossi, forse barracuda, dai grossi occhi che ti guardano dentro, veramente interessante questo mercato vicino alla falsa torre di Belem della città. Si torna in albergo per le 13.3o per ripartire subito con il minibus per il giro dell’isola di Sao Vincente, fermandosi spesso in alcuni punti caratteristici: prima su una lunga spiaggia sabbiosa per camminare, alcuni, in riva al mare, alcuni bimbi cercano di vendere delle piccole conghiglie, ne compero alcune, mentre due persone del posto cercano e provano a far alzare in volo, con il forte vento tendendo le corde, un telo tipo parapendio, molto colorato.

. Proseguendo ci si ferma ad una grande duna di sabbia bianchissima, nulla in confronto con quelle del Ciad, ma forte il contrasto le nere montagne di lava alle spalle. Si raggiunge un altro villaggio dove sono inn corso lavori per nuove residenze moderne, in contrasto con la realtà dell’esistente, porticciolo con acque basse e molte barche colorate messe a riva sulla sabbia. Ci si ferma in un’oasi con molti mulini a vento per sollevare l’acqua per irrigare questi giardini verdi ricchi di piante da frutto

. Si rientra in città, il gruppo si divide, alcuni rientrano in albergo, altri vanno al mercato del pesce, che pensa che ora sia chiuso, io vado alla ricerca di un libro fotografico su Capo Verde, non ci sono librerie vere e proprie, passo in due cartolerie, lo trovo infine in un negozio così per caso e ne sono contento. Riesco a visitare la casa dell’Armonia, rosa intenso che spicca nel contesto generale, casa museo dove sono conservati ricordi di Cesaria Evora, cantante famosa in tutto il mondo per la sua voce, e per aver cantato in moltissimi teatri in tutto il mondo. Appuntamento alle 19.30 in albergo per andare con il minibus in un ristorante per una cena etnica, con musica dal vivo, ma alla fine niente di speciale.

Al termine della cena Luigi ci comunica le difficoltà che ha avuto per organizzare il ritorno da Fogo, non trovando la possibilità di tornare in traghetto, ha optato per un volo aereo con poco aggravio di costi, ma decidendo, mancando i posti per tutti sul volo del pomeriggio, che Italo ed io prenderemo il volo del mattino, nessuna obiezione da parte nostra.

Con riferimento alla discussione con Italo, riporto una prefazione del libro di Tiziano Fratus, IL SOLE CHE N ESSUNO VEDE, meditare in natura e ricostruire il mondo :

” L’uomo che entra in un bosco o in una riserva, in cammino o in qualsiasi trekking da solo o in gruppo, dovrebbe farlo in silenzio. Anzitutto per dimostrare rispetto al luogo che sta per accogliere, di conseguenza per meglio godere del vociare sommesso della natura. Un bosco non è mai completamente in silenzio, così come un uomo non lo è nemmeno quando tace. Produciamo rumore camminando, produciamo rumore respirando. La nostra sola presenza influenza lo scorrere della vita in un bosco. La volpe che ci intravede lungo il sentiero sfuma in un lampo di coda, dietro gli alberi. Sentendoci arrivarele anatre fra i giunchi riprendono il largo. Il martin pescatore muta postazione di tuffo sapendoci seduti in riva al lago. L’unica possibilità di ascoltare il silenzio assoluto l’abbiamo dentro di noi, soltanto lì, in fondo, laggiù, al cospetto del sole che neassuno vede. “

capo verde 13/2

Pur avendo il sacco a pelo e dormito su un buon materasso, nonostante le abbondanti bevute di rum della sera precedente, è stata una notte abbastanza fredda, siamo sempre ad oltre i 1300 metri d’altezza. Dopo colazione e in attesa di ripartire, avviso Luigi che mi assenterò per mezz’ora, voglio andare alla scuola elementare dove molti bimbi, maschi e femmine di 9-10 anni circa, tutti indossano il loro grembiule, come da noi una volta, in un’aula chiedo il permesso ad una insegnante di entrare, accossente, mi siedo vicino ad alcuni di loro sfogliando i loro libri e quaderni, per quel poco che possa giudicare, sono in ordine, ben tenuti e scritti bene, un ricordo finale con una foto di gruppo.

Una breve risalita dal villaggio, per prendere il sentiero che precipita a valle, verso il mare, con tanti gradini sconnessi e tratti di ghiaino o sabbiosi, che non mi evitano pur stando attento, alcune scivolate. Sono sempre solo davanti, mentre tutti gli altri in ordine sparso li osservo quando rallento sui vari tornanti. L’unica cosa che continua a disturbarmi è il chiacchericcio a voce alta di Italo, comasco di Lezzeno, che parla sempre del più e del meno con tutti, cercherò di fargli osservare del fastidio che mi ha dato nel momento opportuno, che si presenta poco tempo dopo. Non sapendo la strada, al primo villaggio che incontro, mi fermo ad aspettarli, quando da lontano sento chiamare il mio nome, è Edi, la nostra guida, che lasciato il gruppo è sceso a cercarmi, risalgo con lui i 1o minuti di strada fatta in più, ritrovo il gruppo al bivio di un nuovo sentiero laterale che non avevo visto, dove tutti stanno ad aspettarmi, chiedo scusa ma mi sfogo con Italo mandandolo a quel paese, è dir poco, non è mai capitato in vita mia di trattare così male una persona. Ora siamo nella vallata di Paul, con tante coltivazioni di canna da zucchero, di guayaba e di banane, piante di fagioli, vere piante e non rampicanti come li vediamo da noi, e tanti altri frutti e legumi tropicali, da cui gli abitanti dell’isola traggono il loro sostentamento.

Ci sono anche piantagioni di caffè, da una signora fuori dalla sua casa riesco a comperarne due sacchetti, uno in grani, l’altro gia macinato. Nel primo pomeriggio si raggiunge il villaggio di Lombo Comprido, dove in un’area da picnic in un parco pubblico, con piscina, tutto ora molto dismesso e abbandonato, ci fermiamo per il pranzo, non ho molta fame e non riesco a finire il cibo della schiscetta, portata sempre nello zaino. Un breve riposo, per raggiungere poi in mezz’ora la casa dove dormiremo per l’ultima notte sulla terrazza. E’ una bella casa in questo nuovo villaggio, accolti dal proprietario, Cristiano di nome, dove troviamo già i nostri bagagli arrivati poco prima con un mezzo, sistemati i materassini fatta la doccia, ho davanti a mne tutto il resto del pomeriggio. Non riesco proprio a pensare di stare fermo, chiedo a Cristiano indicazioni per scendere al mare, e come risalire eventualmente in taxi alla casa e il suo costo. Nessuno vuole venire con me, prendo e m’incammino, in discesa pima per sentieri poi per strada trafficata, incontrando alcuni turisti che hanno trovato da dormire presso altri b&b più lussuosi del nostro terrazzo, quasi tutti francesi, nessuna ombra di un italiano, arrivo in questa cittadina di mare, un ottimo bar sulla spiaggia dove mi siedo per una bella birra fresca sentendo le onde dell’oceano sulla battigia. Ricevo un messaggio da Luigi che mi prega di comperare due bottiglie di vino di Fogo per la cena, alcuni negozi li trovo chiusi, in una merceria ne compero due, che si riveleranno, quando saranno aperte per la cena, quanto di peggio si poteva desiderare, forse troppo vecchio ed ormai marsalato, quasi imbevibile. La statua di sant’Antonio domina il paese in alto sul colle, come fosse un faro, bellissima però la distesa di bouganvilla rossa che copre l’intera fascia collinare sotto la statua.

Trovo chiusa la banca, non riesco a cambiare gli euro, prendo il taxi che per 1000 scudi mi riporta in 20 minuti a casa, senza fatica. Il tempo di fermarsi a riposarsi e a scrivere in attesa della  ottima e abbondante la cena, fatta nel portico coperto al piano terra. Notte sul terrazzo.

capo verde 12/2

Ottima e abbondante colazione, alle 9 inziamo la lunga risalita verso le creste boscose dell’isola, tra i boschi di Pini Canari, sentiero a tornanti dove incontriamo diversi contadini, uomini e donne, sono intenti nei lavori dei loro campi terrazzati che iniziano a piantare fagioli.

Oltre ai muli che utilizzano per muoversi, hanno nel poco pascolo a disposizione alcuni bovini per la produzione di latte che adoperano per i loro buonissimi formaggi che abbiamo gia assaggiato. Entrando in pineta, sembra di essere in un nostro paesaggio alpino del Trentino, un lungo tratto pianeggiante in mezzo a questa foresta con profumi intensi di resina e del sottobosco, ci si ferma per pranzo e riposino sul bordo superiore della caldera del vulcano Cova de Paul, ad oltre 1200 metri di quota, lo sguardo arriva all’infinito dell’oceano con l’isola di Sao Vincente davanti a noi.

Con Nicola una breve passeggiata al radiofaro posto in cima al pico molti fiori alla base, una sola casa per il custode di guardia un grosso bue nero, sta riposando saporitamente. Si scende sulla pista che costeggia il cratere tra mimose fiorite, per una bella strada lastricata in pietra si va verso la fine tappa del giorno. Incuriosito dall’insegna di un locale-bar-risorante-locanda che decanta le piante endemiche e le varie erbe aromatiche della zona, entro con le tre amiche, viene incontro il proprietario che è un italiano, di Mondovì, qui trasferitosi per cambiare vita. Ritrovati gli altri compagni, mi faccio da solo gli ultimi 5 chilometri di salita,

poche macchine in strada, raggiungo la piazza di Pico da Cruz, dove sul marciapiede e lungola strada è in corso una tombolata: ogni giocatore ha per terra davanti a se alcune cartelle, chi tiene il tombolone estrae, dopo averla agitata ogni volta, un numero ad alta voce lo dice, ognuno con un sassolino lo segna sulla propria cartella, fino a quando uno urla la propria gioia per aver vinto, il primo e unico premio sono due galline vive che il vincitore corre a slegarle e a prenderle e le consegna a sua madre in piazza ad assistere al gioco.

Scene che non dimenticherò facilmente. Arrivano ora tutti gli altri, la locanda dove alloggeremo è li vicino, prendiamo possesso dei letti nelle varie camere, birra per dissetarci, doccia e breve riposo per me.

Per non farmi mancare nulla, con Nicola e Giovanni decido di salire in cima al pico, bellissimo panorama su Sao Vincente e sulla foresta di Pini Canari sottostante, mezz’ora di fatica in più ma ne valeva la pena. Ottima la cena, in un locale al piano terra, con il locale merceria, un quasi buncker sempre chiuso a chiave, ogni tanto persone del posto vengono a far spesa di generi alimentari.