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GIAPPONE – SHIKOKU

Tra passato e presente .

L’immagine stereotipata che noi abbiamo del Giappone è quella di una nazione dell’estremo oriente che, grazie all’ingegno e alla laboriosità dei propri abitanti e allo straordinario dinamismo della sua economia, costituisce il paese tecnologicamente più progredito e avanzato in assoluto, e quindi anche il più “occidentaliazzato”, uno specchio buono per intuire il futuro che ci attende come nazioni occidentali un pò attardate su questa incredibile strada. Sicuramente risulta corretta l’immagine di enormi megalopoli sovraffollate di grattacieli tutto vetro, cemento e luci al neon, dove si stipa l’80% della popolazione perchè il 67% dei giapponesi vive nel 3,3% appena del suo territorio, raggiungendo densità limite di 4 mila persone per kmq, dei treni superveloci che spostano ogni giorno decine di milioni di pendolari (costretti a passare una parte della propria esistenza in movimento), di una vita scandita tra orari, fast food e case in miniatura, il tutto dominato da una teconologia sofisticata presente ovunque. Ma il Giappone è il paese per antonomasia delle contraddizioni e dei contrappassi, a cominciare dal fatto di un’economia -seconda al mondo- pressochè priva di risorse naturali e energetiche e per giunta su un suoloballerino come nessun’altro, per cui è bene abituarsi fin da subito al tutto e al suo contrario. Esiste infatti, meno noto, anche un Giappone rurale e decongestionato, dominato da paesaggi di una bellezza struggente che paiono uscire da stampe antiche, con verdissime foreste montane (il 67% del territorio risulta piantumato, il 14 protetto), risaie terrazzate, case rurali con il tetto di paglia, paesini e borghi dove l’orologio si è fermato da secoli, castelli e fortezze di legno risalenti al Medioevo e all’epopea romantica dei samurai, templi, pagode e monasteri buddisti e shintoisti, veri capolavori d’arte e meta di pellegrinaggi a riprova di una fede e di una spiritualità ben radicate, nonostante il progresso. Un pò più grande dell’Italia, ma con una popolazione più che doppia e una densità tra le più alte (343 ab/kmq) il Giappone è un arcipelago al largo delle coste orientali asiatiche situato tra il mar omonimo e l’oceano Pacifico, di fronte a Russia, Corea e Cina. Disposto in un arco lungo oltre 3mila km, convesso verso l’Asia e concavo verso il Pacifico, è formato da 4 isole principali ravvicinate (e dal 1998 collegate tra loro da ponti e tunnel sotterranei stradali e ferroviari a formare un unico territorio per il 97% del totale, nonchè da una marea di isole e isolette, oltre 3000 in tutto. La sua ubicazione nel punto di contrasto e di frizione tra le placche tettoniche continentali e sottomarine di Asia, Pacifico e Filippine giustifica la sua intensa attività sismica e vulcanica, che ne fa una terra ballerina, la meno stabile del pianeta, con 290 vulcani di cui 60 ancora attivi (compreso il Fusj Yama, la vetta più alta a 3776 m e elemento più noto del paesaggio nipponico), 1500 terremoyti all’anno e maremoti periodici di intensità anche catastofiche.   Il territorio è montuoso per tre quarti, con versanti scoscesi e piccole pianure costiere, per cui soltanto un quinto del terreno riusulta abitabile e produttivo. I fiumi sono brevi e irruenti, con forte pendenza, e numerosi i laghi; molto diffuse e parecchio utilizzate, anche le sorgenti termali.   Registra una notevole varietà climatica, con sensibili variazioni stagionali.  Presenta una sviluppo costiero di ben 33300 km, dei quali 6000 dovute a strutture artificiali costruite sul mare per ampliare lo spazio utilizzabile e urbano. Data la sua struttura morfologica, quella giapponese può essere definita una civiltrà del mare: abili pescatori e grandi consumatori di pesce, con le loro immani navi-officine pescano in tutti gli oceani, in  patria hanno sviluppato un’intensa acquicoltura, sono i primi per la cantieristica navale e per flotta marittima commerciale. La prima unificazione dell’arcipelago risale al VII sec a.C., sotto la guida del mitico imperatore Jummu Tenno, e nel VI sec.d.C. era già una federazione feudale sotto un’autorità prevalentemente religiosa. A partire dal X sec. il ruolo dell’imperatore sfumò fino a diventare simbolico, mentre il potere reale passò nelle mani degli shogun, alla lettera protettori militari dell’imperatore ma in realtà dittatori che basavano la loro forza sulla casta miliotare e la nobiltà dei samurai. E per il paese, chiuso rigidamente in se stesso e sprofondato in un bellicoso Medioevo, furono secoli bui. Nel XIX sec. il contatto con le flotte occidentali mise in luce quanto il paese fosse tecnologicamente arretrato e vulnerabile. La ribellionre della borghesia mercantile portò ad una guerra civile con le forze tradizionaliste che si concluse nel 1868 con la fine dello shogunato. L’assunzione dei pieni poteri da parte dell’imperatore e l’orgoglio patriottico confuciano comportarono una rapida modernizzazione, capace in pochi decenni di farne una potenza economica e militare in grado di sconfiggere la Cina (1895) e la Russia (1905), dando inizio ad un impero d’oltremare che occupò in successione Corea, Manciuria, Cina, Indonesia, Malesia, Filippine e Indocina: furono i prodromi della 2′ guerra mondiale, riosoltasi con la disfatta dell’impero sancita dai bombardamenti atomici di Hiroshiama e Nagasaki. Ma lo straordinario dinamismo di questo popolo seppe risollevarsi da un baratro che pareva senza via d’uscita, arrivando in pochi decenni a diventare la seconda potenza economica mondiale. Tra il 1950 e il 1990 è stata capace di aumentare di venti volte il reddito pro capite, con il risultato che il 2,5% della popolazione mondiale produceva il 10% del PIL  planetario e controllava il 12% del commercio intenazionale. Risultati strabilianti e insuperabili, affiancati sul piano sociale da parametri come un altissimo livello medio di istruzione, il tasso più basso di mortaslità infantile e la piàù alta speranza di vita, con il primato dio longevità di 82 anni. Quale la chiave del successo per un paese quasi privo di risorse natrurali e energetiche e con un territorio ostile?  La risposta sta essenzialmente nel carattere dei suoi abitanti: ubbidienti, gregari e sociali, nazionalisti e tradizionalisti ma anche aperti alle sfide del futuro, laboriosissimi, parechi e risparmiosi, orgogliosi fino allo stoicismo e all’abnegazione più assoluta nel compiere con diligenza il proprio dovere.   Un popolo singolare, forse unico.

 

L’itinerario

Un possibile itinerario tra presente e passato prevede la visita della capitale Tokyo, una delle più moderne e popolose metropoli del mondo, dove il visitatore si trova spaesato in un intrico di strade senza nome e di edifici senza numero, il parco nazionale del vulcano Hakone, di Takayama, antica cittadina seicentesca fortificata, di Shirakawago e Gokayama, antichi paesini rurali di montagna con le vecchie cascine di legno e i tetti di paglia (patrimonio Unesco), di Kanazana, importante centreo feudale d’epoca feudale.   Si prosegue con la città martire di Hiroshima e l’isola santuario di Miyajima, sede di un famoso santuario scintoista patrimonio Unesco, con il castello di Himeji dalla strraordinaria architettura lignea (patrimonio Unesco), con le antiche capitali Kyoto e Nara (patrimonio Unesco), e Osaka, la più antica città nipponica, per finire con la città santa del Monte Koya e  i suoi 120 templi buddisti risalenti al XI secolo.

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GIORDANIA

Civiltà nel deserto arabico

Basterebbe la sola presenza di Petra, la più affascinante per la sua unicità tra le città antiche del Mediterraneo e ancora oggi una delle sette meraviglie del mondo, per giustificare ampiamente una visita in Giordania, paese che ad un viaggiatore colto e curioso ha da offrire anche delle altre chicche.     Ubicata nel nord-ovest della penisola arabica la Giordania, grande meno di un terzo dell’Italia e dalla curiosa forma a farfalla, prende il nome dal fiume Giordano che segna ad ovest il confine con Israele e Territori Palestinesi, mentre sugli altri lati confina con Siria, Iraq e Arabia Saudita.    Presenta tre distinti habitat geografici e climatici: la fertile valle del Giordano incassata in una profonda fossa tettonica assieme ai laghi di Tiberiade e Mar Morto, con foreste di pini, alberi di cedri, olivi e coltivi; l’altopisano montuoso della Transgioredania dove si trovano tutte le città e i siti archeologici, entrambi con clima mediterraneo, e infine tutto attorno l’arido deserto roccioso e sabbioso ancora abitato dagli ultimi beduini nomadi, che occupa ben due terzi dell’intera superefice.   L’unico sbocco marittimo è sul Mar Rosso, con la sommità dello stretto golfo di Aqaba.   Nonostante la sua collocazione in Medio Oriente non possiede petrolio o altri minerali (salvo fosfati e sali potassici) e con l’85% del suolo improduttivo la sua economia si basa su industria, turismo, servizi, aiuti internazionali e rimesse degli emigranti.  Terra di storia antichissima fin dagli albori della civilta, dat la sua posizione intermedia vide transitarvi un pò tutti i popoli mediterranei e del Vicino Oriente, ognuno dei quali ha lasciato monumenti e influenze culturali.   Come nazione è invece giovanissima, nata dal dissolvimento dell’impero ottomano dopo la prima guerra mondiale, tanto che fino all’inizio del secolo scorso non esistevano vere città, indipendente e con il proprio nome soltanto dal 1946, ma con l’ultimo mezzo secolo talmente pieno di vicende traumatiche che ne hanno modioficato sia la geografia che la composizione etnica, basata in origine sui beduini arabi.

l’itinerario

Nonostante le ridotte dimensioni e la netta prevalenza del deserto, in Giordania c’è parecchio da vedere, a cominciare dalla caotica Amman, capitale dal 1921 ma già città neolitica 8500 anni fa, dove visitare la cittadella medioevale e l’anfiteatro romano. La vicina Jerash, scavata solo in minima parte, è una città ellenistica-nabatea-romana vecchia di 6500 anni tra le maggiori e meglio conservate della regione, non a caso chiamata la Pompei del Medio Oriente, insegne esempio dell’urbanistica romana imperiale con stradfe colonnate, piazze e bagni pubblici, templi e teatri racchiusi entro mura.   I 335 km che separano le colline di Amman dal golfo di Aqaba costituiscono la cosidetta “Antica strada dei re”, un cammino su 500o anni di storia attraverso diverse zone ecologiche tra foreste, canyon, deserti rocciosi e sabbiosi fino alle calde acque del Mar Rosso, toccando insediamenti preistorici, città bibliche, templi nabatei, fortezze romane, chiese paleocristiane, castelli crociati e vetuste città islamiche.    Non bastano poche righe per descrivere il fascino di Petra, dove la natura e l’ingegno umano si fondano in uno dei più armoniosi spettacoli offerti dal tempo e dalla storia.    Capitale per secoli a cavallo dell’era cristiana dei Nbatei, popolo di commercianti carovanieri ma anche abili architetti e idraulici, costituiva una dei più importanti terminali delle due principali strade commerciali dell’antichità, la Via dell’Incenso e delle spezie dal sud arabico e dall’oceano Indiano e della Via della Seta dall’Oriente.      Capitale della provincia roman dell’Arabia Petrrea, incanta ancora oggi per le centinaia di imponenti monumenti tombali scavati nella roccia entro profondi canyon.    Wadi Rum, splendida location cinematografica, viene considerato uno dei più spettacolari deserti rocciosi della penisola arabica, disseminato di canyon, monoliti din roccia corrosa in mille forme bizzarre dal vento, archi e ponti naturali, incisioni rupestri protostoriche; ancora abitato dai beduini nomadi, fu all’inizio del secolo scorso il quartiere generale della rivolta araba guidata dall’emiro Feisal e da Lawrence d’Arabia.   Il Mar Morto è un vasto lago chiuso al confine tra Israele, Palestina e Giordania, in una delle  maggiori depressioni della terra: le sue acque, dieci volte più salate degli oceani e prive di ogni forma di vita, si trovano infatti a -398 mn sotto il livello del mare e il fondo a -800 ; le sue note proprietà curative, oggi notevole richiamo turistico, erano già note e utilizzate dai Romani.

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ANATOLIA ORIENTALE

UN ANGOLO SCONOSCIUTO DI TURCHIA

Anche quanti possono vantare di conoscere bene la Turchia, difficilmente si sono spinti oltre i camini di fate e le chiese rupestri della Cappadocia, nell’Anatolia Centrale, perchè l’Anatolia orientale rimane ancora oggi una regione isolata e di difficile accesso, povera e arretrata pur se di rilevante fascino e ricca di testimonianze storiche ed artistiche.     L’altopiano anatolico verso i confini orientali con la Georgia, Armenia, Iran, Iraq e Siria si presenta come un enorme tavolato ad una quota di 1800 m, compresso a nord dai monti del Ponto affacciati sul Mar Nero e a sud dai monti del Tauro e dell’Hakkari, dai quali nascono  i grandi fiumi mesopotamici del Tigri e dell’Eufrate, tutti alti oltre i 4000 m, mentre ad est svetta la possente mole conica dell’Ararat, la montagna biblica dell’arca di Noè perennamente imbiancatadi neve con i suoi 5165 m di altitudine.    Una terra aspra, selvaggia e poco abitata, dove vivono ancora lupi e orsi e prevale la pastorizia seminomade, legata ad uno stile di vita tradizionale più centroasiatica che mediterraneo, eppure una regione con una storia antichissima di lontane civiltà in quanto ponte naturale tra l’Asia Minore e il continente asiatico e passaggio obbligato per le rotte commerciali tra l’Oriente e gli imperi romani e bizantini, dalla Cina al Mediterraneo.    Ma anche di passaggio di tutti gli eserciti invasori diretti a ovest o ad est.    Da qui sono transitati Ittiti, Assiri, Egizi, Persiani, Macedoni, Romani, Bizantini, Arabi, Ottomani, Selguichidi, Mongoli e Russi, tanto per ricordarne i più importanti; da qui passò nel 400 a.C. Senofonte con la sua armata di mercenari di ritorno dalla Persia e poi Marco Polo in viaggio per il Catai.   La sua posizione geografica vide l’affermarsi di avanzate civiltà in epoca ancora remota, che già 5000 anni fa diedero vita alle prime città-stato, a cui fece seguito il potente impero Ittita, capace di tenere testa all’esercito egizio.   Molto dopo gli armeni, popolazione storicamente e culturalmente prevalente, arrivarono a creare un regno estreso dal Caucaso al Mediterraneo, pur schiacciati da ingombranti e potenti vicini con i quali cercarono di installare buoni rapporti commerciali che non scontri armati.    L’Armenia fu anzi la prima nazione ad adottare il cristianesimo come religione di stato, portata nel 303 da San Gregorio, come attestano ancora numerose basiliche.   Lo stile architettonico armeno, come pure quello georgiano, risente dell’influsso di Bisanzio e della Persia, ma ha avuto un suo sviluppo originale autonomo, con apogeo nei secoli attorno al Mille.    Le chiese, costruite in scura pietra vulcanica, presentano all’inizio pianta basilicale con una o più navate, ma già a partire dal VI sec. hanno pianta centrale sormontata da cupola con caratteristico tetto conico; gli esterni si presentano semplici, con arcate e lesene, finestre ogivali di tipo gotico e motivi zoomorfi o vegetali in rilievo, mentre gli interni offrono intricati motivi ornamentali con accurati rilievi.   L’altra etnia della zona, oltre a quella armena e alla turca, è rappresentata dai Caurdi, fiera e combattiva popolazione iranica di allevatori seminomadi disseminata tra Turchia, Iran e Iraq che da sempre aspira ad una propria nazione; aspirazione finora frustrata nel sangue, con la sua lingua scritta contemporaneamente con caratteri arabi, latini e cirillici.

L’ITINERARIO

Un possibile itinerario attraverso la Turchia orientale parte dalla capitale Ankara, dove visitare lo stupendo Museo delle Civiltà Anatoliche, e prosegue con la città ittita di Harrusas, vecchia di 4000 anni, Amasya, importante centro teologico in età ottomana, e Trabzon, grande porto sul Mar Nero con la duecentesca chiesa di Santa Sofia.   Si raggiunge Erzurum, antica città carovaniera a 195o m ricca di monumenti di età selgiuchide, quindi Ani, scenografica città morta già capitale del regno armeno con una dozzina di chiese risalenti al X-XIII sec, Dogubayazit, la città turca più orientale dominanata dall’Ararat, dove merita una visita la curiosa residenza seicentesca di un emiro curdo, arrivando al lago Van, specchio d’acqua salatissima grande dieci volte il Garda, sulle cui sponde si susseguono siti storici ed archoelogici.    Si riparte per Cavustepe, capiatle del regno urarteo nell’VIII sec. A.C., la chiesa del X sec.sull’isola di Akdamar, capolavoro dell’architettura armena, Diyarbakir, antico nodo carovaniero dalla bella cinta muraria, Mardin, sede di antichi monasteri ortodossi, e Sanliurfa, la città di Abramo, per raggiungere uno dei luoghi più affascinanti e singolaridi tutto il paese: la vetta del monte Nemrut Dagi con la monumentale tomba di Antioco I, satrapo locale del I secolo a.C., circondata da enormi teste di leoni, aquile, dei e personaggi, nelle quali si fondano elementi culturali ellenistici, anatolici e persiani.

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Russia

Kamchatka, terra di fuoco e di ghiaccio

Se non fosse per il gioco del Risiko, dove costituisce una fondamentale pedina territoriale per la conquista dell’Asia o Nordamerica, della Kamchatka non conosceremmo neppure l’esistenza.  Troppo lontana da noi: 10 mila km in linea d’aria e ben 11 ore di fuso orario; insomma un altro mondo. Si tratta di una penisola dell’estremo oriente russo, nell’est della Siberia, lunga 1250 km e grande una volta e mezzo l’Italia e quanto il Giappone, protesa da nord a sud nell’alto dell’oceano Pacifico. Al suo largo si trova la fossa delle Kurili, -10500m, una delle maggiori profondità oceaniche. Territorio montuoso, possiede due catene parallele che si spingono fino a 4750 m di altezza, 14 mila fiumi, 100 mila laghi fra grandi e piccoli, 414 ghiacciai perenni. L’inverno si presenta rigidissimo, con temperature fino a -40’C, otto metri di neve e fiumi e laghi ghiacciati per sette mesi l’anno. Una terra di ghiaccio, dunque?  Non esattamente, perchè nella breve estate le foreste di betulle, che coprono un terzo del territorio, si popolano incredibilmente di animali e di piante, e poi anche il fuoco si gioca una parte non secondaria, sotto forma di vulcani e di manifestazioni geotermiche di vario genere come pozze ribollenti di fango, fumarole, geyser e sorgenti termali terapeutiche, grazie alla presenza di vari tipi di minerali, dallo zolfo al boro. Trovandosi nel punto di frizione tra la zolla tettonica continentale euroasiatica e quella nordamericana noto con il nome di “Anello di fuoco del Pacifico”, l’energia sotterranea si scarica un numero rilevante di vulcani: oltre 160 quelli in quiescenza e una trentina ancora attivi. Ma i numeri non vanno presi alla lettera: nel 2007 vi è stato scoperto un vulcano inativo di 1,5 milioni di anni, con un diametro di ben 35 km, tra i maggiori del mondo. Quindi una terra di fuoco e di ghiaccio al tempo stesso, dominata da una natura preponderante quasi per nulla intaccata e alterata dall’uomo, un museo ecologico all’aperto con 60 specie di mammiferi, dall’alce all’orso bruno, dalla pecora delle nevi al gallo cedrone, dalle lepri alle volpi rosse e polari, e 160 uccelli terrestri, rapaci e marini, con in mare leoni marini, foche, lontre, delfini, balene e orche, un ambiente dove si fondono gli ecosistemi della tundra artica e della taiga siberiana, con laghi acidi dai mille irreali colori, sorgente termali calde in mezzo ai ghiacciai, imponenti cascate, brune colate pioetrificate di lava e incredibili sculture di pietra create dalle eruzioni.    E poi il 27′ del territorio protetto con 5 parchi nazionali e due naturali e il territorio dei vulcani tutelato dall’Unesco come Patrimonio dell’Umanità. Può sembrare strano, ma questa penisola estrema è anche una terra di curiosità e di primati a cominciare dalla densità, con meno di un abitante per kmq, tra le più basse del pianeta, e dalla bellezza delle sue donne, cantata da stornellatori e poeti, non ultimo quel donnaiolo di D’Annunzio. La penetrazione russa cominciò soltanto nella seconda metà del 1600 ad opera di cacciatori, pescatori ed avventurieri che iniziarono un lento processo di russificazione, cristianizzazione e poi di sovietizzazione, trovando questi ultimi terreno facile nei nativi che per loro indole atavica non riuscivano proprio a concepire l’dea della proprietà privata. Animisti convinti, essi vivevano infatti da sempre in armonia con l’ambiente, capace di fornirgli tutto ciò di cui avevano bisogno, sia che fossero pescatori, cacciatori o allevatori di renne. Le prime esplorazioni per terra o per mare risalgono al 1725 e furono opera di Vitus Johannes  Bering, incaricato dallo Zar Pietro il Grande di verificare se vi fosse un collegamento tra Siberia e Nord America. Per ben due volte la Kamchatka è stata sul punto di diventare uno degli Stati Uniti d’America, e non stiamo parlando di una partita di Risiko: nel 1867, quando la Russia vendette l’Alaska agli USA, anche lei era in vendita, poi Stalin per fare cassa tentò di venderla ad un miliardario americano, ma con la clausola che dovesse rimanere comunista, e non se fece nulla. Poi fino agli anni 90 è stata interdetta a stranieri e russi per motivi strategici e militari, e un timido turismo ecologico di scoperta è iniziato soltanto in questi ultimi tempi. I luoghi incantevoli e gli spettacoli affascinanti non mancano. Come la valle dei Geyser, un canyon di non facile accesso scoperto soltanto nel 1951, percorsa da un torrente termale di acqua calda disseminata da caldere ribollenti di fango e da 20 grandi geyser che sputano ritmicamente colonne di vapore acqueo alte fino a 12 metri, oppure il cratere del vulcano attivo Mutnovsky, dove si penetra nell’immensa caldera attraverso uno stretto canyon tra fumarole di zolfo, acque ribollenti e ghiacciai fumanti, in un’ambiente fantastico e inquietante degno di Viaggio al centro della terra. Oppure percorre la baia di Avacha, di fronte al capoluogo Petropavlosk, tra migliaia di uccelli (pulcinelle di mare, pucinelle dai ciuffi, urie, fulmari, aquile di mare e gabbiani siberiani) che nidificano su isole e scogliere, mentre nelle fredde acque, dove si specchiano i ghiacciaio circostanti, nuotano leoni marini, foche, lontre marine, delfini, balene e orche. Abbiamo parlato di primati della Kamchatka. I suoi fiumi e i suoi laghi costituiscono uno dei principali luoghi al mondo per la riproduzione dei salmoni. Ogni anno 2 milioni di questi pesci ritornano in queste acque per il loro perenne rito di amore, riproduzione e morte, attesi regolarmente al varco sulle sponde da una miriade di orsi bruni, pronti a fare una bella scorpacciata ed offrire uno degli spettacoli più belli della natura. L’orso locale, che qui registra la più alta concentrazione, è il maggiore della terra: supera i 3 metri di altezza, per un peso di 350 kg. Anche l’alce di queste contrade è da primato, con una tonnellata di peso eun palco di corna ampio 170 cm.   Infine pure i rapaci rsaggiungono da queste parti una delle maggiori densità del pianeta: aquile di mare, aquile dalla coda bianca e aquile dorate-

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l’tinerario

Ad un  turista colto e curioso la Dancalia ha parecchio da offrire, perchè costituisce unio dei musei natrurali più interessanti per l’osservazione delle morfologie tettoniche, passate e future.   Si comincia dal parco naturale del fiume Awash, poco sotto la capitale Adddis Abeba, un contesto di foreste e savane con canyon e cascate abitato da una ricca fauna, e dal lago Afrera, uno specchio di acque verdi salate circondato da basalti neri e da sorgenti termali situato 100 m sotto il livello del mare.    Si raggiunge facilmente il vulcano Erta Ale, il monte che fuma, il più spettacolare di una serie di crateri attivi alti sui 600 m allineati lungo una faglia, uno dei tre luoghi al mondo dove è possibile ammirare a cielo aperto un lago di lava in  perenne ebollizione a 1200’C, in quanto questo fenomeno avviene di solito nelle profondità marine.     La visione notturna della lava incandescente costituisce uno spettacolo unico e straordinario.  Attraverso sporadiche oasi di palme dun e colate di laghe si arriva al lago Assale, lago mobile salato che si sposta con i venti, e al cratere vulcanico di Dallol, uno dei punti più caldi e bassi della terra (-116m), un universo minerale di sorgenti geyseriane che producono stupendi laghetti con incredibili concrezioni e cristalli di cloruro di potassio, sodio e magnesio dai colori psichedelici, in un intenso afrore di zolfo.   Il vulcano ha anche costruito una distesa di guglie dalle diverse forme e dimensioni e dai colori intensi, quasi a formare una città fantasma e fantastica di roccia.    La contigua Piana del Sale èun’immensa pianura salina lunga 200 km, un’arido e rovente deserto di salgemma a perdita d’occhio, dove sempre Afar e Tigrini estraggono blocchi di sale che trasportano poi sull’altopiano etiopico con enormi carovane di dromedari, composte anche da duemila quadrupedi, uno dietro l’altro.    Lo storico egiziano Kosmos scriveva nel VI sec. che i re di Axum scambiavano il sale con l’oro.     Non costituisce affatto un caso che la Dancalia possieda uno dei maggiori depositi salini della terra.   In lontane epoche la depressione costituiva infatti un braccio laterale del Mar Rosso; poi sconvolgimenti geologici bloccarono l’accesso del mare e il lago evaporò, lasciando sul fondo strati di salgemma spessi centinaia di metri.    Si risale quindi per 2000 m l’altopiano assieme alle carovane bibliche del sale per raggiungere la regione del Tigray e il capoluogo Mekele (la Macallè italiana), dove visitare qualcuna delle misconosciute chiese rupestri ortodosse di Gheralta, risalenti le più antiche al IV-VI e le altre al IX-XV secolo, sconosciute fuori dalla regione fino al 1960, certo meno imponenti di quelle più famose di Lalibela ma ricche di elementi architettonici di pregio e di commoventi pitture.  In volo si rientra ad Addis Abeba, per una visita alla città e al suo pregevole museo antropologico e etnografico.