ciad -ennedi ……..26.11

Dopo colazione, una lunga passeggiata sulle sabbie di questo deserto per osservarlo bene, oltre 3 km a piedi, calpestando orme di aninali fra i pochi bassi cespugli di una scarsa vegetazione, in lontananza diversi gruppi di gazzelle. Si riprendono le macchine che ci porteranno all’incrocio della pista con il Bar El Ghazal vicino al villaggio di Koro Toro, in un ambiente quasi privo di insediamenti se non le poche tende dei nomadi arabi che vivono di pastorizia e della raccolta di graminacee selvatiche, in una dimensione per noi irreale. Al nostro passaggio, sentendo l’arrivo delle macchine, da ognuna di queste tende escono di corsa per salutarci con le loro manine tanti bambini, contenti del passaggio, anche se non ci fermiamo, rallentando qualche volta si avvicinano e diamo loro qualcosa, solo una volta dei ragazzini più grandi titrano dei sassi che vanno a colpire il vetro di una macchina, subito scende un degli autisti, con un grande rincorsa a slalom lo raggiunge, oltre a richiamarlo, molla quattro ceffoni di lezione.

Le maccine procedono secondo il solito ordine , noi siamo sulla quarta quando l’autista si accorge di aver bucato un gomma: ci si ferma con la macchina che ci segue, gli altri avanti. Non è per niente facile cambiare una ruota della macchina su una pista, inserire il cric che poggia sopra la sabbia, sollevarla e sganciare la ruota di scorta dalla sua sede posta sotto nella parte posteriore del mezzo, rimontare il tutto sotto un sole cocente, veramente bravi questi autisti, di fronte ad ogni problema sanno cavarsela.

Pausa pranzo in un’altra piccola oasi all’ombra di una grossa acacia; oramai siamo entrati nel Bahr el Ghazal, il fiume delle gazzelle, antico emissario del paleochad, nella regione del Kanem. A fine pranzo, si avvicinano a noi alcune donne con i loro bimbi, alcuni già grandicelli, hanno con loro dei polli e dei galli da vendere, hanno le zampe legate con una corda che non possano scappare nel deserto e poi magari non riuscire a riprenderli. E’ l’occasione che cercavo da tempo di trovare un oggetto sui galli o eventualmente una foto di un gallo ciadiano, come mi aveva chiesto il proprietario dell’osteria del gallo di Como. Bella la foto del ragazzo con in braccio il gallo, che farò stampare su tela per fare un quadro da esporre all’osteria. mborroni_ciad-1832

Si riparte per il campo serale lungo piste di sabbia nera, molto polverosa che, al nostro passaggio, si solleva formando nuvole che oscurano completamente i vetri rallentando spesso la marcia dei mezzi.

Si incontrano diverse piccole carovane di dromedari, di ritorno carichi di sacchi di merce varie dal villaggio, seguiti al loro fianco da uomini e donne. Il nuovo campo poco prima di Moussoro, in una grande radura dell’antico lago, sulle sabbie trovo casualmente alcune piccole conchiglie di milioni di anni fa. Ultimo campo, ma ancora bellissime stelle cadenti.

ciad -ennedi……… 25.11

Siamo a 17 kilometri da Kalait, dopo la levata del campo, la raggiungiamo: siamo nello stesso villaggio attraversato all’andata del nostro viaggio, al pozzo si fa l’ultimo rifornimento d’acqua e l’ultimo pieno di gasolio ai serbatoi, eseguito sempre a mano, dai bidoni per mezzo di una pompa. Salutiamo Eduards, uno dei collaboratori di Piero, che ci lascia per raggiungere Rocco Ravà e unirsi ad un’altra spedizione di facoltosi turisti americania a Faya, giunti lì in aereo da N’Diamena per giro nell’Ennedi. Sempre con l’aiuto di Eduards, Fosco, nostro compagno, con grande difficoltà riesce a comperare delle bottiglie di birra fresca, qui merce rara, metre noi giriamo tra le bancarelle del mercato.

Seguiamo ora il corso naturale dell’Oued Achim in un’ambiente selvaggio  e ricco di animali, come gazzelle dorcas, otarde, iene sciacalli, gazzelle dorcas che velocemente fuggono davanti a noi al minimo rumore quando ci scorgono da lontano, attraversando la pista velocemente. Siamo a circa 500 km dalla capitale, percorso che faremo nei prossimi 3 giorni, in questa piana desertica con la vista che si apre all’infinito a 360 gradi su tutti i lati con leggeri ondulati saliscendi. Appena fuori dal villaggio, è stato cosruito un nuovo grande mercato in muratura, finito mai utilizzato ed  ora completamente vuoto perchè i mercanti vi si rifiutano di trasferirsi perchè sono nomadi e non vogliono essere inquadrati con regole ferree o per pagare eventuali tasse. La pista ora attraversa una grande area trasformata in una grande pista di atterraggio per aerei, un aereoporto nel deserto ma senza segnali o torre di controllo, subito dopo un cimitero di guerra che accoglie i resti dei morti libici nella guerra degli anni 80, e un ex forte coloniale francese, ormai in rovina. Proseguiamo su pista larga centinaia di metri, solo un piatto deserto su ogni lato della stessa, ogni tanto in lontananza delle gazzelle, alcuni sciacalli davanti noi di scatto attraversano la pista e volpi si ergono diritte in piedi a guardia delle loro tane. Ci fermiano vicino ad un pozzo, profondo un centinaio di metri, intorno al quale sono fermi decine di dromedari: l’acqua viene sollevata con un secchio legato ad una corda collegata alla sella di un dromedario sul quale sta seduto un bimbo che percorre un pezzo del deserto per tutta la lunghezza della corda, sollevata, i cammellieri svuotano il contenitore in una vasca per abbeverare i dromedari.

In un angolo poco lontano, vediamo una femmina di dromedario con il suo piccolo, bianco, appena nato. Questa è la vera vita dei nomadi per procurarsi l’acqua, sia per gli animali che per loro, questione di vita o di morte. Pausa pranzo in una foresta di spinose acacie, una zona secca e brulla, ma all’ombra per un breve riposo. Sempre sulla stessa pista si prosegue fino al campo che Piero trova alle piane della Morcha, un bel tramonto luminoso ,

dopo cena una volta celeste stupenda, una stella cadente lumisosa e una lunghissima scia la accompagna a spegnersi all’infinito, mai vista nella mia vita una stella simile a occhio nudo.

ciad – ennedi …………24.11

Si lascia questo campo per arrivare prima alle magnifiche cattedrali arenacee di Bichagara, isole di pietra ad ovest del massiccio, note anche per loro pitture rupestri per poi immettersi nella grande pista che costeggiando l’Ennedi ci condurrà fino a Kalait per gli ultimi rifornimenti. Dopo la sveglia e la colazione, si avvicinano al campo alcune donne nomadi per cercare di vendere i loro  prodotti artigianali, una successiva bellissima camminata su queste sabbie per raggiungere le macchine, che ci avevavo preceduto per un tratto dopo lo smontaggio del campo. Rifornimento d’acqua da un pozzo situato in una grande oasi di palme dove Vanni riesce a trovare e a fotografarmi un gallo.

Si riprende verso sud, sulle sabbie di questo deserto si incontrano spesso i verdissimi coloquintuidi, che come un incantesimo ingannatore, attirano, con il loro verde vivo e i loro frutti succosi la nostra attenzione e gli animali in genere, cela invece terribili sostanze tossiche immangiabili. Siamo ora presso delle magnifiche cattedrali di pietra con le dune e la sabbia del deserto che si incunea fra loro creando un paesaggio unico. A piedi si risale un di esse, con ai lati pareti di roccia frastagliata, e solo con alcuni risalgo con fatica una parete di sabbia dorata ma dall’alto vengo ripagato dalla magnifica visione sottostante e dalla soddisfazione di essere riuscito ad arrivarci in cima.

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Ci si ritrova dalla parte opposta di questa duna per una pausa caffè, su quest’area si trovano molte pietre silicee lavorate dall’auomo preistorico e trasformati in  oggetti taglienti per vari usi e per la caccia agli animali.

Si riprende per arrivare per la pausa pranzo ai piedi di una nuova piccola valle inserita fra due alte pareti di roccia piena di grotte, in una di queste  sulle pareti un nuovo tesoro di pitture e incisioni rupestri, una ricchezza inimmaginabile da scoprire.

Vicino alla zona dove siamo fermi per la pausa pranzo, si apre davanti a noi un arco naturale, tra i più alti fra quelli incontrati fin’ora, sempre diversi uno dall’altro, come un arco trionfale simboleggia  la porta d’entrata al massicio dell’Ennedi, quasi inaccessibile che perfino Boris per una migliore ripresa fotografarlo non riesce ad arrampicarci sopra.mborroni_ciad-1718

Si prosegue per raggiungere il prossimo campo serale, di nuovo mandrie di dromedari e pochi fuoristrada di nomadi sulla pista, ancora residuati bellici fra cui un aereo libico abbattuto, al tramonto Piero trova una grande spianata sabbiosa ai lati della pista ai piedi di un’altura sulla quale poi al buio notiamo le luci di un villaggio. Stasera per cena il nostro cuoco prepara un piatto tipico ciadiano, la taguella con impasto di farina e acqua come una nostra polenta mischiata a sughi di verdura e di carne, buona e gustosa, con un te caldo finale.

ciad – ennedi ………23.11

Ha soffiato poco vento questa notte sul nostro campo, posto ai lati della pista di Ouadi Doum, diversi compagni hanno preferito, come altre volte, dormire all’aperto sui lettini, senza tenda e sotto le stelle. Ieri sera, dopo il tramonto e per tutta la notte, sulle piste del deserto da noi percorse ieri, si sono osservati le luci dei fari di numerosi autocarri, dato le grandi distanze sembravano puntini fissi sulla sabbia. Smontato il campo la nostra carovana dei mezzi  si dirige a sud ovest verso Kora, una delle porte d’ingresso del massiccio dell’Ennedi. Il paesaggio inizialmente brullo e desolante, diventa via via più accattivante con piccoli tassili e lingue di sabbia, le macchine sbuffano e faticano in questo terreno misto e impegnativo. Prima un pausa caffè, poi altre due ore di viaggio prima della pausa pranzo.

all’ombra di una grossa acacia con pasta al pomodoro e mozzarella, gia preparate ieri.

Ci si ferma, ad un certo punto della pista, per osservare dall’alto sopra una grande area desertica i resti degli armamenti bellici lasciati dai libici durante la loro ritirata verso la Libia, dopo aver perso la guerra contro i ciadiani: impressionante vedere i resti di decine di carri armati abbandonati e sparsi sulle sabbie, mai rimossi, e vedere mucchi di  centinaia di proiettili, ancora inesplosi, di varie dimensioni ai lati della pista scaricati li in fretta dai loro mezzi in ritirata per essere più leggeri durante la fuga. Decine di migliaia di morti e feriti, dei prigionieri di entrambi i fronti , non si sa nulla, quanto questo possa servire da monito contro le guerre per le generazioni future non si sa, da li transitano solo pochi turisti o i trafficanti di vario genere.

Si ferma un pick up, da cui scende un nomade per osservare lo stesso paesaggio, sta trasportando una anziano ferito dolorante, che ha rotture varie, forse al femore o altre malattie, arriva da molte miglia lontana e ne avrà ancora molte da percorrere prima di arrivare da un medico per le prime cure, sperando che ci arrivi vivo. Si supera volecemente questa piana, ora sabbiosa, dove alcune volte le macchine rimangono insabbiate, incontrando pochi fuoristrada di altri nomadi che a grande velocità, sollevando enormi nuvole di sabbia, risalgono le piste dirigendosi verso i loro villaggi. Al tramonto Piero riesce a trovare un ottimo campo per la notte nei pressi del pozzo di Ouei . Solite operazioni di ogni giorno, stasera una nuova bacinella d’acqua per i nostri bisogni corporali. Controllo le mie pietre raccolte, che desideravo portare a casa, ma seguendo i consigli del capo, seleziono e abbandono.

ciad – ennedi ……..22.11

A causa del vento, l’aria entrava da ogni parte nelle tende, che continuava a gonfiarsi, quasi impossibile dormire. Avvicinandosi al campo, il vento a divelto il paravento a protezione del tavolo, la sabbia sotto le ruote del primo fuoristrada a monte è stata portata via dal vento, ora lo si vede notevolmente inclinato su un lato, difficile tirarla fuori ma alla fine operazione riuscita

Siamo nell’Eyo Demi, formazione arenacea rossastra, si piega a ovest per il primo lago del sistema lacustre di Ounianga, sprofondato in una conca sabbiosa circondata da palme e quinte roccioso, incredibile. Alcuni compagni si incamminano a piedi per andare verso il lago, smontato il campo vengono poi raggiunti, stiamo passando dalle sabbie del deserto ad un’oasi di palme che spuntano inaspettate dalla sabbia dove si trova questo splendido lago di acqua dolce, Ounianga Serir, per un bagno ristoratore fatto solo da alcuni di noi, occasione non molto frequente nel Sahara.

Siamo circondati da formazione rocciose di arenaria multicolore dal bianco al rosso, e bionde dune che discendono fino all’acqua, costituiscono una delle visioni più inusuali di tutto il paesaggio sahariano. L’acqua di questo lago è dolce, ma data l’alta salinità del terreno, gli altri sono molto salati con diverse densità e colorazioni, dal blu al verde. Dopo la pausa caffè sotto il sole e la sabbia bollente, lasciamo questo paradiso per raggiungere il villaggio di Demi, costituito da pochissime capanne e da povere abitazioni in terra. Questo nucleo abitato, situato in un ambiente assolutamente selvaggio ed inospitale, vive sull’esiguo commercio del “sale rosso cristallino” , ricavato da saline a cielo aperto con un metodo di estrazione rudimentale, che viene portato dalle carovane nelle oasi del sud e scambiato con generi alimentari di prima necessità (miglio e sorgo). Da un pozzo, a mano a mezzo di un secchio appeso ad una lunga corda, si preleva l’acqua per la nostra scorta nei bidoni, li vicino una scuola in muratura bella esteriormente, ma le aule vuote ed abbandonata, i bimbi ormai non vanno più a lezione per mancanza di fondi da parte dello stato che non paga gli insegnanti. Appoggiati al muro esterno si sono radunate diverse donne con i loro bimbi, espongono piccoli  oggetti artigianali da loro prodotti, acquisto per 10000 c f a un ……… rivestito con lane multicolori che loro userebbero quando danzano.

Prima di uscire da questo villaggio, diversi controlli da parte dei militari e pagamento al capo villaggio di un forte pedaggio per ogni turista in transito. Si riparte per fermarsi dopo pochi km presso un altro lago salato, talmente salato che sulla sua superficie, per effetto di una reazione chimica del sale a queste alte temperature, si vengono a formare dei grandi ammassi di schiuma di sale, che partendo dalle rive, a grandi o piccole masse vanno a galleggiare sulla sua superficie

. Pausa pranzo sotto un grosso albero nei pressi di un nuovo laghetto salato, dove si arriva a piedi, mentre si alzano in volo alcuni uccelli.

Si riparte per Ounianga Kebit, grosso villaggio, che rimane il punto più a nord toccato nel nostro viaggio, situato a circa 200 km dal confine sud della Libia,  posto in alto sopra questa falesia che domina il lago, Lac Yoa,

con il sole del pomeriggio le sue acque sono di un verde brillante, dalle sue sinuose sponde con diverse insenature si levano in volo stormi di uccelli , boschi di palme da dattero lo adornano, un paesaggio fiabesco se confrontato con il villaggio, da cui ci stiamo affacciando, abbastanza sporco con immondizie di ogni genere in giro per le strade, compreso le sole ossa di un intero scheletro di un animale. In questo villaggio si riesce a fare il pieno di gasolio dei mezzi, non da una stazione di servizio che qui non esistono, ma dopo una continua ricerca in diverse postazioni, da un negoziante che tiene un deposito di bidoni che arrivano dalla Libia e pompata artigianalmente con una pompa nei vari serbatoi, roba da non credere.

Nel villaggio circolano diverse camionette e  pik up carichi di militari armati e con le mitragliatrici posizionate sui tetti. In un quasi bar li vicino bottigliette di acqua fresca. Si riprende la pista di Ouadi Doum, dirigendosi ora verso sud, per il nuovo campo, che Piero lo trova dopo un’altra ora di viaggio, poco prima del tramonto.mborroni_ciad-1529