ciad – ennedi ……….15.11

Dopo molti anni sono tornato a dormire in tenda, questa volta nel deserto: alle prime luci dell’alba, alle cinque, dopo la sveglia ognuno smonta la propria tenda, viene riacceso il fuoco per scaldare l’acqua per il tè e per il caffè, per la pausa di metà mattina, si fa colazione. Scambio di impressioni sulla notte appena trascorsa, tutti contenti e positivi.  Una breve passeggiata su una lunga spianata di sabbia con pochi alberi e cespugli,  per raggiungere i fuoristrada.  Alle nove si riprende la strada, solita gimkana per evitare le buche, per questa lunga giornata di trasferimento verso l’Ennedi, immersi in una dimensione di verace e autentica Africa saheliana in cui si susseguono senza soluzione di continuità villaggi e mercati. Rallentiamo e ci fermiamo ad osservare un gruppo di pastori nomadi con la loro carovana di dromedari, attraversano la strada, diretti a sud, in cerca di nuovi pascoli, sul dorso di alcuni di essi sono stati messi piccole strutture per alleviare e far riposare donne e i bimbi durante la transumanzaimg_6121. Ancora posti di blocco dei militari armati per il controllo dei documenti, ogni volta Piero deve esibire  e spiegare loro con l’aiuto del suo autista di etnia tubu, credo che non tutti questi militari riescano a capirli e leggerli , da come leggono e guardano i fogli . Ci si ferma al villlaggio di Ab Touyour, primo incontro e impatto nella realtà del paese, fermandosi dopo circa due ore al villaggio di  Mongo per il rifornimento di acqua prelevata al pozzo, sollevata a mezzo di una pompa a motore così da riempire tutti i nostri bidoni, mentre altri persone del villaggio fanno le loro scorte con bidoni caricati sui carretti.

Sotto un albero, alcune donne sedute per terra, fanno un piccolo mercato ponendo davanti a loro dei catini per la vendita dei loro prodotti e di quel poco che hanno: frutti di mango , cavallette fritte insaporite con limoni, delle patate da sabucciare e altro, Paola ne prende un cartoccio che ne offre un assaggio a tutti noi , che non ci trova per niente entusiasti del loro sapore. img_6089 img_6097 img_6088Dall’alto, seduti a bordo strada, un gruppo di ragazzini osserva intensamente noi turisti , quali saranno i loro commenti? Dopo il rifornimento di carburante ad una stazione di servizio, e scorta d’acqua in bottigliette al negozio retrostante, si riparte per Abeche.  In macchina, su un lato della strada, vediamo camminare a piedi piccoli gruppi, o di solo uomini o di sole donne, in fila indiana, vestiti come fosse un giorno di festa, forse arrivano anche da molto lontano, così mi spiega Vittorio, del loro uso e costume di recarsi a fare le condoglianze a casa di una persona morta, forse importante da vivo. Lungo la strada sono stati piantati molti alberi di acacie,  protetti al piede grossi contenitori circolari di mattoni di terra per evitare di essere mangiate dalle capre o altri ruminanti. mborroni_ciad-1876Vittorio mi spiega del B R I C S , sigla di un’associazione di alcuni di stati del mondo, dalle loro iniziali, Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa, riuniti per aiutare economicamente, anche per i loro interessi, alcuni paesi sottosvilpuppati  del mondo.  Un argomento che a casa andrò ad approfondire. Ancora si incontrano molte carovane di dromedari, mandrie di vacche e greggi di capre, nomadi e pastori  seguono i loro animali in queste distese infinite del sahel alla ricerca dei pozzi, poca la vegetazione, solo alcune acacie dal tronco rosso, da cui dovrebbero ricavare della gomma arabica, si vede qualche raro campo coltivato a sorgo, poco a granoturco. Un carro armato, residuato bellico, fa parte ora del paesaggio,  li rimasto da quando il Sudan invase il Ciad. Pausa pranzo sotto una pianta di fichi, non buoni, mentre altre carovane di dromedari passano vicino a noi, in cielo corvi neri o avvoltoi in cerca di carcasse di animali morti. Si attraversa il fiume Batha, in secca, con un forte vento caldo di scirocco che solleva un gran polverone di sabbia, per riprendere la strada  principale per Abeche, sempre direzione est, ne mancano ancora oltre 150 km, una breve fermata per la preghiera islamica del pomeriggio dei nostri autisti sunniti, alla nostra destra un nuovo villaggio con un grande esteso mercato,  in lontananza grandi e alti silos cilindrici, forse granai, per la raccolta dei cereali .Attraversiamo la splendida regione del Guerà, all’orizzonte appaiano davanti a noi grandi montagne dalle forme più strane, ci si ferma ai piedi di una di esse per montare il nuovo campo, siamo alla roccia delle iene a circa 40 km da Abeche . Dopo la cena tutti ad osservare la luna piena che sorgerà fra due alti picchi rocciosi. Vedere sorgere la luna dalle cime sopra di noi che illuminana a giorno il nostro campo è stupendo, con molti alberi e cespugli alle nosgtre spalle nessun problema per i servizi, per evitare di inquinare bisogna bruciare la carta usata. Durante la notte alcune mandrie di vacche passano vicino alle tende, al mattino Piero racconta che un paio di persone del vicino villaggio sono passati di notte e l’hanno svegliato, per sapere chi eravamo e se avevamo i permessi per accamparci , come già successo in altre occasioni.

ciad -ennedi………… 14.11

gruppo

Ora ci siamo tutti, pronti alla scoperta di questo nuovo mondo:

Piero Ravà, guida e capo, e sua moglie Marina.

Boris Kester, olandese, che per lavoro e per passione ha visitato quasi la totalità dei paesi del mondo.

Tiziana Quattrocchi, medico.

Stefana Gavazova, medico di origine bulgara, ma residente a Milano.

Folco Fiocchi e sua moglie Paola Ferrari, di Saronno.

Selena Maltini, di Milano, grande viaggiatrice nei deserti sahariani.

Vittorio Gioni, romano ma nigeriano da oltre 50 anni, una grande persona.

Ursula Castelli, padre italiano, tedesca di Colonia, dai balli, a suo tempo, con Grace Kelly a Monaco, ora nelle tende del deserto.

Reinhard Temp, tedesco di Amburgo, professore di geografia.

Erhard Bielefeld, tedesco di Hannover, ottantenne fisico nucleare-

Vanni Piccoli, grande amico dancalico.

e per ultimo , Mario Borroni.

Negli ultimi giorni si è aggiunto a noi un altro collaboratore di Piero, di ritorno da un altro tour nel Ciad, Pier Paolo Rossi, ricercatore ed esperto di pitture rupestri, autore del libro “VIVERE IL SAHARA”

Cinque sono i fuoristrada, guidati da autisti ciadiani  e nigeriani, con noi un cuoco e due aiutanti.

In totale siamo in ventidue.

Ci aspettano 3300 km , fra pista e fuori pista desertica su vetture 4×4, con tappe quotidiane da 5 o 6 ore. Bivacchi e notte in tenda su materassini, cucina preparata da un cuoco esperto, servita su tappeti sahariani a mezzogiorno, sul tavolo con seggiole la sera.

programma giornaliero

Pur con tutte le possibili varianti che ci potranno essere,  la giornata tipo avrà questi ritmi:

  • sveglia all’alba, circa alle cinque del mattino.
  • ognuno si smonta la propria tenda, portata poi con il proprio materassino numerato sul tappeto sahariano per il successivo carico sui fuoristrada.
  • colazione alle 6 a base di tè, crostini per le marmellata, caffè, rifornimento d’acqua delle borracce, prelevata dai bidoni posti sui fuoristrada per il fabbisogno giornaliero.
  • alle 7,30, mentre i collaboratori di Piero smontano il campo, un breve passeggiata sulle sabbie del deserto per iniziare al meglio la giornata.
  • partenza  verso le 8,30 per arrivare entro sera al prossimo campo che Piero ha già in testa, profondo conoscitore di questi luoghi.
  • a metà mattina, verso le 10,30 pausa caffè con dolci a forma di palline di sesamo.
  • immancabilmente verso le 12, Piero trova sempre l’ombra di un’acacia per il pranzo e un breve riposo.
  • due ore dopo si riparte, paesaggio che cambia sempre, tutto da scoprire, fermandoci solo per sosta tecnica per servizi e per la preghiera di cinque dei collaboratori, mussulmani sunniti, riv0lgendosi verso La Mecca.
  • nell’immenso deserto, con la sua esperienza,  nuovo campo per la notte , sempre poco prima del tramonto, in posti quasi invisibili a noi ma che Piero conosce perfettamente.
  • scaricati borsoni e i materiali, viene montato il nuovo campo, ognuno si prepara la propria tenda, viene acceso il fuoco con la legna raccolta sul posto o in strada, preparata la cena, ogni giorno un menù  diverso.
  • ogni due giorni, possibilmente, un catino d’acqua per il proprio fabbisogno igienico personale.
  • prima di cena, ogni sera un nuovo aperitivo alcoolico preparato da Piero, con i vari liquori che ognuno di noi ha preso a Parigi.
  • sia a pranzo che a cena un primo diverso, seguito da un secondo e un dolce,  acqua e un bicchiere di vino, tisana finale calda a chiusura.
  • due chiacchere in compagnia, tutti a guardare il cielo stellato che solo così nel deserto si riesce a vedere, galassie e costellazioni, cercare di riconoscerle sulla volta celeste avvistando spesso diverse stelle cadenti, l’ultima veramente unica nella sua bellezza .
  • attorno alle 20, dopo una lunga giornata, ognuno alla propria tenda in attesa della nuova alba.

     insciallah

 

ora si comincia davvero

Colazione, in attesa dell’autobus per partire, faccio due passi all’esterno dell’albergo, sempre nel bunker supersorvegliato, con piscina e campo da tennis, qualche albero in mezzo ad aiuole squadrate, semplicità senza nessuna ricerca del bello, anche l’albergo alla luce dell’alba non è niente di speciale, rispetto alle abitazioni di N’Diamena è un superlusso.img_5993 Comincio a conoscere gli altri amici di questa nuova avventura, nella hall dell’albergo trovo Marina, moglie di Piero, e Vittorio, romano ma da cinquant’anni nigerino di Nimey proprietario di un famoso ristorante ad Agadez, un persona davvero unica. Caricati i bagagli sull’autobus , saluto Papik che rientrerà in Italia, si parte fermandosi subito all’hotel cinese, poco distante, per prendere a bordo i tre compagni tedeschi, il programma è nella testa del capo, così sarà per tutto il viaggio, vista la sua esperienza vissuta in prima persona in questo paese. Si esce da N’Diamena percorrendo una lunga strada asfaltata, molto traffico fino alla periferia della città, che non capisco dove sia, ai lati della stessa si susseguono  piccole basse costruzioni fatiscenti adibite sia per abitazioni che per le tante le tante varie attività, che per campare ognuno si dà da fare, niente di diverso rispetto alle altre periferie delle città africane già viste. Strada ora a pedaggio, che viene riscosso ad un quasi casello, fermando il poco traffico con un corda posta trasversalmente, ai lati caserme con alti muri con sopra filo spinato, diversi i posti di blocco si susseguono tenuti da militari armati che fermano la nostra carovana abbassando la corda dopo il controllo dei documenti, permettendoci di  proseguire.  Comincia a far caldo , in Ciad non piove da molti mesi, placidamente greggi di capre pascolano sulle distese di campi di sorgo, già raccolto, ora solo paglia secca con radi cespugli e boschi di acacie spoglie, dal tronco rosso, rallentamenti e gimkane per le molte buche sulla strada, più o meno profonde, in lontananza una raffineria per il petrolio che arriva dal sud del Ciad, realizzata da imprese cinesi che ormai stanno invadendo tutti i mercati africani. A circa 30 km dalla città, in uno slargo a lato della strada, usata anche come cantiere per la costruzione di blocchi squadrati di terra impastata,img_5994lasciamo l’autobus e prendiamo i cinque fuoristrada che ci hanno lì raggiunti, già carichi di tutto il necessario per la durata della spedizione. Per un migliore affiatamento dei componenti del gruppo, Piero chiede che ogni giorno sui fuoristrada vengano ruotati i posti a sedre fra di noi. Alle 13 ci si ferma per pausa pranzo all’ombra di una acacia pèoco prima del villaggio di Ngoura, un panino con frittata e una banana. img_6004Raggiunto il grande villaggio, si lascia la strada asfaltata per continuare in direzione est immersi nell’Africa saheliana, diversi sono gli stagni con acqua dove si abbeverano gli animali, stormi di cicogne che subito si alzano in volo, nelle poche le abitazioni che si incontrano diverse donne, dalle vesti colorate che  i loro bimbi si recano ai pozzi con gli asini per fare scorta d’acqua. A bordo strada, ai lati delle case, vengono accatastati in vari mucchi,  piccoli tronchi e ramaglia di legno, che verranno venduti per il fabbisogno di altre famiglie, contemporaneamente un grosso autocarro stracarico di legname, all’inverosimile, viaggia che più inclinato di così  può solo sperare di non rovesciarsi. Penso a un territorio ormai deforestato, in realtà si tratta del recupero di piante morte sparse pe r sulla sabbia delsahel, un duro lavoro che fanno sopratutto le donne. La prima giornata è corsa velocemente su queste strade o piste, tanta natura selvaggia, molta pastorizia, alle 17 circa primo campo, poco prima del villaggio di Ab Touyour. Siamo in un grande area piana sabbiosa ai piedi di una roccia, montiamo le tende con l’aiuto delle guide, ognuno  trova il  posto che gli aggrada, c’è solo l’imbarazzo della scelta dove mettersi per ascoltare il silenzio della notte, salvo la presenza di russatori, si resta in attesa del sorgere della luna piena. Giornata calda sempre sui 40 gradi, anche di notte, ma niente zanzare .

rumore del respiro

huff , huff……viaggia con le antilopi dirigendosi dove l’acqua e le rocce si incontrano, guarda il fiume scorrere oltre la scogliera. E’ uno spirito femminile che vive e si aggira tra certi spazi naturali. La chiamano mutaforma, una figura divina capace di assumere con facilità la forma di animali. La leggenda narra che sia figlia di Crono e di Cibele, guida e protegge, è messaggera degli Abissi. A volte è invisibile, un essere fiabesco che rappresenta l’elemento aria.

 

 

 

 

 

 

ciad – ennedi………..13.11

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Il Ciad, un paese per me sconosciuto e tutto da scoprire, ex colonia francese, nessuna letteratura di viaggio trovata, nessun articolo e poche fotografie apparse su riviste patinate, solo articoli di cronaca riguardanti i migranti, che dai paesi sud sahariani, attraverso il deserto ciadiano, arrivano in Libia per poi raggiungere Lampedusa e l’Italia. Mi ritrovo in aereoporto a Milano Linate con i primi sei compagni di viaggio, assistiti da Andrea e Tommaso, guide di spazi d’avventura, che ci assistono nel disbrigo delle formalità d’imbarco e, a carico di ognuno di noi, viene consegnato un secondo bagaglio a mano, con provviste e materiale per la spedizione. Si parte per N’Diamena, capitale del Ciad, ex Fort-Lamy, scalo a Parigi e cambio aereo, pochi i  turisti  che salgono, solo ciadiani e diverse donne con abiti e vesti colorate, alcune con i loro bimbi, che rientrano in patria.  Alle 21 si atterra in questo nuovissimo aereoporto, controlli   doganali con solita burocrazia, fotografia e prelievo delle impronte   digitali da entrambe le mani, nell’attesa dei vari controlli incontriamo  gli  altri quattro compagni di viaggio, l’olandese e i tre tedeschi. Tempi  lunghi  prima di passare nell’area degli arrivi per il ritiro bagagli, dove troviamo Piero, Papik, che rientrerà in settimana a Milano, e alcuni collaboratori ciadiani, che conosceremo nei prossimi giorni. I bagagli vengono caricati su un loro autobus con il quale ci trasferiamo all’albergo in città, non molto distante dall’aereoporto, senza rendermi per il buio della notte della realtà che ci circonda. Lasciamo i tre tedeschi in un albergo cinese, per entrare nel nostro, circondato da alte mura, bisogna passare attraverso due cancelli ad ante sfalsate,  con una barra che li divide, controllati a vista da militari armati che passano in rassegna l’autobus con il metal detector, ispezionando con specchi anche la parte sottostante. Due sono gli alberghi inseriti in questa area, il Novotel e l’Ibis, con aree a verde, piscina e campi da tennis. Prima di entrare all’Ibis , dove sono state prenotate le nostre camere, ulteriori controlli da parte di un militare prima della hall, con metal detector frugando in ogni zaino alla ricerca di qualsiasi arma. Ci viene assegnata ad ognuno una camera per la notte e poter fare l’ultima doccia, prima del deserto. Piero ritira i passaporti da portare domattina al posto di polizia per la convalida dell’entrata nel paese, fissa l’incontro per domattina alle 8,30 gia colazionati e pronti per iniziare questa nuova avventura .

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ciad – ennedì

 Viaggio – spedizione

Alla scoperta del Sahara più selvaggio: l’Ennedì, regione che comprende tutta la parte nord orientale del Sahara ciadiano oltre a denominare il famoso massiccio montuoso. Caratteristica peculiare di questo sistema di montagne arenacee che si estende per circa 60000 kmq, sono le sue bizzarre e imponenti formazioni tassilliane che si sviluppano senza soluzioni di continuità per centinaia di km dando vita ad un dedalo di canyon, gole e stretti passaggi, che spesso nascondono fresche e limpide guelte. Nella parte meridionale del massiccio raggiungeremo le gole di Archei: un verdissimo oued si snoda tra torri di arenaria dalle forme bizzarre fino ad addentrarsi nella stretta gola che custodisce la splendida guelta, importantissimo punto d’acqua, in cui sopravvivono alcuni esemplari di coccodrillo nilotico. Siamo in uno dei luoghi più affascinanti di tutto il Sahara, ricco di flora e fauna e intensamente frequentato dai nomadi. Nelle grotte di Archei e in altri ripari poco lontani, si possono ammirare importanti e originali esempi di archeologia rupestre costituenti una particolare “eccezione stilistica” nel complesso mosaico dell’intera preistoria sahariana. Capoluogo della regione è Fada, caratteristica oasi desertica, costituita da case in banco riunite intorno al forte coloniale francese e al vivace mercato. E poi più a Nord la regione di Ounianga con i suoi laghi che, come per magia affiorano inaspettati tra le dune. Palmeti, falesie di arenaria multicolore, dune gialle e arancioni a picco sull’acqua e gli accampamenti Ounias, fanno da sfondo ad uno dei luoghi più spettacolari del Sahara.

 

kinshasa scontri

Il tempo scorre velocemente, questo lo sappiamo, il mio interesse per il lavoro a cui mi sono impegnato per dare il mio contributo per la costruzione di una casa per una piccola parte dei tanti bambini di strada di  kinshasa resta sempre. Personalmente sono sempre per il fare, l’attesa non fa per me anche se l’ansia non mi prende, nessuno sa quello che sarà il nostro domani, ma restare fra le nuvole non mi piace. Prima indiscrezioni, poi notizie frammentarie, solo sulla rivista “internazionale” appare un servizio con alcune immagini dei disordini scoppiati il 20 settembre con le proteste contro il presidente Kabila che hanno provocato la morte di centinaia di persone. Nessuna notizia sui quotidiani italiani o sui vari telegiornali nazionali, solo un piccolo servizio sulla tv svizzera di lingua tedesca, poi alcune conferme da parte di alcuni blog di persone che vivono e lavorano in Congo. Interpello, per mezzo di whats app, un amico responsabile della casa, da cui ricevo questo sms:

a Kinshasa ci sono stati scontri tra il governo e l’opposizione e sono morti in tanti. Adesso la situazione è un po calma ma l’opposizione non è d’accordo del dialogo politico che il governo ha organizzato per cercare di lasciare ancora il presidente al potere fino a quando si organizzeranno le elezioni che non si sa anche quando. Al fine l’opposizione e la chiesa cattolica sono contrari e dicono che il presidente deve andarsene alla fine del suo mandato che è il 19 dicembre. Quindi la situazione non è ancora totalmente tranquilla.

Sempre da un giornale leggo che Papa Francesco il 25 settembre ha ricevuto in udienza il presidente Kabila, vedremo i risultati. Coso posso fare io, nulla, solo aspettare tempi migliori, ma la voglia di conoscere e imparare altro non mi manca, salute permettendo, quindi pronto ad iniziare nuovi viaggi in altri paesi .