17 agosto…15

verso il VULCANO AVACHA

Questa mattina ci si sveglia con la pioggia, colazione e smontaggio delle tende, si scende a valle fermandoci per una bagno ristoratore nelle calde acque termali calde di Verkhne Paratunskie, ci si arriva dopo un breve sentiero in salita dalla strada di circa 20 minuti, indispensabile lavarsi dopo alcuni giorni passati con poca acqua. Si riprende dopo due ore per fermarsi in un centro commerciale per le ultime spese di gruppo, non posso non acquistare dei libri fotografici e un tubetto di maionese, tanto declamata da portare a casa. Lasciata la strada asfaltata, per raggiungere il nuovo vulcano, si deve percorrere una pista di circa 80 km, tutta lungo il letto di un fiume, ora in secca, Sukhaya. Non riesco a spiegarmi il perchè  ci siano molti fuoristrada, dove siano diretti, stanno risalendo come noi sulla stessa nostra pista. Eccoci arrivati in questo villaggio, ai piedi del vulcano, un immenso area adibita a parcheggio per i  fuoristrada, quasi un campeggio, ognuno ha la propria tenda montataa lato dei mezzi, senza servizi, persone arrivate dalla capitale, al centro del grande piazzale un grande palco montato, completo di impianti sonori e di luci, ci si ritrova in una bolgia infernale. Per noi era stato prenotato un cottage, dove dormiremo in un’unica stanza, in un sottotetto mansardato e basso, attenti ad alzarsi per non battere la testa. Ottima cena nel salone sottostante, doccia a pagamento al costo di 200 rubli cadauna in un bagnetto con accesso dall’esterno del locale. Il cottage è leggermente rialzato rispetto al piano strada, lì sotto vivono liberi diversi opossum, entrano ed escono ripetutamente per cercare da mangiare, attraverso  aperture appositamente fatte per loro, si avvicinano facilmente alle persone per prendere quasi dalle mani dei biscotti o del pane, lo rosicchiano o lo portano nelle loro tane. Notte quasi silenziosa, nonostante le musiche e i rumori che provengono dal parcheggio. Vedremo domani il motivo di questo raduno.

 

 

16 agosto …..14

 VULCANO GORELY

In sostituzione del ns. camion tornato in città per riparazioni nei giorni scorsi, oggi un altro in sostituzione, che ci trasporterà ai piedi del Gorely, a quota 1150 mt, risparmiandoci i 16 km di pista.Colazione alle 7 per riuscire a partire  entro le 8, lunga pista lavica nera piana sul camion con un tempo abbastanza bello, poco sole e molte nuvole all’orizzonte. Risalita su un facile sentiero e contemporaneamente a noi, stanno stanno salendo diversi altri gruppi di turisti. L’ultimo tratto è il più difficile, ma l’arrivo in cima a quota 1828 si resta senza parole, di una  bellezza unica diffcile da  immortalare con le fotografie, ma solo con il cuore restano queste immagini uniche: dentro il profondo cratere sommitale vediamo un  lago dalle acque rese blu, turchese e verdastre, colori per la presenza di diversi sali minerali, una bellissima visione aperta  sulla valle e sui molti vulcani circostanti. Continuano ad uscire, dalle fessure della crosta del vulcano,  molti fumi solforosi che il vento sposta sempre in diverse direzioni: ci fermiamo a mangiare appena sotto la cresta, in attesa che il vento si calmi o cambi direzione, in modo da riusciree a salire sulla vetta, ma non cessa costringendoci a rinunciare e scendere lungo lo stesso sentiero, si ritorna  a piedi al campo base percorrendo 16 km, su saliscendi continui, l’ultimo tratto su cenere vulcanica, un cammino sembra che non abbia mai fine,  stanchi al campo sotto una leggera pioggia dopo 5 ore di cammino. Cena ottima, a tavola seduto vicino a me un russo, su di giri forse per la troppa vodka bevuta: nessun problema in particolare, ma lui insisteva per farmi mangiare della maionese in diversi modi possibili: nella zuppa, sulla carne, sul pane, insiste in russo più volte, ormai ubriaco, Rousland lo accompagna alla porta, fuori al fresco,  e tutto finisce li. La maionese della Kamchatka dicono che sia la migliore del mondo, quando i russi  tornano a Mosca , la portano sempre con loro come ricordo e cibo preferito.

 

 

 

 

15 agosto…13

VULCANO MUTNOVSKY

Questo vulcano, dai tre crateri, è uno dei fenomeni geologici più suggestivi della Kamchatka, molte altre montagne circondano il vulcano dalla cui sommità la vista dovrà essere qualcosa di unico. Prima del 1999, anno dell’ultima grande eruzione, esisteva un unico grande ghiacciaio: da dove siamo ora, vediamo da uno dei crateri fuoruscire nuvole di vapore di gas sulfureo e sentire rumori assordanti. Si parte alle 9 dopo colazione risalendo su un sentiero facile, ad una prima fermata riusciamo a vedere delle marmotte, al fischio di una di loro, tutte fuggono nelle loro tane, salendo bisogna guadare piccoli ruscelli, camminare su nevai e su tratti di sentiero di cenere, dalle alti pareti lungo la gola che stiamo percorrendo scendono diverse cascate d’acqua, ad ogni tornante che si fa il paesaggio cambia continuamente  davanti a noi, con nuovi ghiacciai e altre fumarole si presentano diversamente.  E’ una bella giornata, il leggero vento non disturba, raggiungiamo il primo cratere attorno alle 13, ritrovandoci proiettati in un inferno dantesco, reso particolare dal vento che fa cambiare spesso direzione ai vapori solforosi e alle nubi, senza renderti conto di dove esattamente ti trovi. Il forte odore di zolfo rende la respirazione difficile, irrita molto gli occhi e non sempre permette di  vedere chiaramente, molte sono le pozze di fango bollente, impressionanti a vedersi, il vapore che esce direttamente dalle vicine  fumarole copre completamente di giallo la cenere circostante, bisogna prestare attenzione alle pozze d’acqua dai colori cosi violenti che potrebbero essere di sostanze acide e velenose. All’interno del cratere scorre un grosso ruscello in piena alimentato dai numerosi ghiacciai circostanti nella parte piu alta della montagna. Questa è la parte migliore fin’ora del viaggio in Kamchatka, può essere un angolo di paradiso oppure un vero e proprio inferno. Proseguiamo per il secondo  cratere, attraversando un nevaio e  un terreno melmoso dove gli scarponi  sprofondano molto, pur aiutandosi con le racchette non è facile andare avanti, è un percorso abbastanza duro per tutti noi, ma alla fine la vista stupenda ci ripaga dalla fatica:un ghiacciaio lambisce il fondo del cratere dove vediamo scorrere un fiume. Non c’è molto spazio per fermarsi, solo sguardi di un ricordo che si porterà a casa per sempre, si prosegue per il terzo cratere, dove ci aspetta la parte piu’ difficile e piu’ spettacolare dell’impresa, diversa rispetto agli altri due: l’ultimo tratto, circa 100 metri di salita, è da fare arrampicandosi sulla parete attacandosi ad una corda già fissata, si sale uno per volta alla cima dello strapiombo, sotto lo sguardo attento della guida che ci guida con i suoi consigli, si vede, si fotografa, si riscende rapidamente per permettere anche agli altri di osservare l’immensità dello spazio che si apre sotto di noi. Sono il primo a salire in cima sulla cresta, forse non avevo capito bene le disposizioni, tranquillo ad osservare qualcosa di unico, forse stavo aspettando gli altri, ma uno strattone alla corda dal basso mi ha richiamato per scendere. Dopo la risalita di tutti, iniziamo a  scendere dal vulcano, in una zona un pò riparata e asciutta, si pranza con quello che Barbara ha preparato, ghiacciai eterni di fronte a noi piccoli insignificanti uomini. Discesa tranquilla, la guida ci accompagna ad una cascata alta più di 100 metri, che precipita in un grande canyon scavato dall’acqua nei secoli: nuovo  spettacolo della natura, tra rocce e terre di vari colori e sfumature, con la lava che la fa da padrona. Ritorno al campo base dove troviamo nuovi gruppi di turisti di varie nazionalità, tutti giovani fra cui una coppia italiana di Parma, con un figlio ventenne, che hanno già trascorso una settimana, salendo con l’elicottero, nella valle dei geyser per vedere gli orsi. Stanchi, cena, due parole sulla giorna seduti attorno attorno al fuoco ,poi a nanna in tenda, veramente stanchi.

 

 

 

14 agosto..12

 PIOGGIA

Notte in tenda, mentre fuori piove in continuazione e fortemente, le tende tengono bene senza infiltrazioni, al mattino sempre acqua a catinelle, è veramente duro uscire per andare ai servizi e a colazione. Può sembrare un giorno perso, ma serve a conoscerci ancora meglio: la giornata si passa al campo, leggendo o sfogliando i libri appena acquistati, vediamo dei video  sulla Kamchiatka sul pc, che copio su una mia chiavetta, un fotografo della National Geografich, dell’altro gruppo, ci fa fa vedere, sempre sul pc delle bellissime foto da lui fatte e che saranno successivamente pubblicate sulla rivista. Ottimo il pranzo preparato da Barbara che ci rilassa ulteriormente, pomeriggio di riposo in tenda per riprenderci dalle fatiche dei giorni precedenti per recuperare le forze per le salite ai prossimi vulcani. Con Antonio e Maria si improvvisano al campo base dei giochi, serve poco: un blocchetto a quadretti e tre matite colorate per giocare a forza 4, per una battaglia navale, un corsa immaginaria su pista curvilinea, e cercare la chiusura di un quadrato con dei tratti in linea Antonio ha sempre nuove idee.  Continua a piovere, il tempo scorre ugualmente veloce, cena e di nuovo in tenda per la notte. Le guide preannunciano per domani un netto miglioramento.

 

13 agosto…11

di nuovo verso SUD

Si parte da Malki alle 9, dopo colazione, strada asfaltata e con poco traffico fino nei pressi dell’aereoporto di Yelizovo, siamo alla periferia di Petropavlosck-Kamchatskiy. Spesa al supermercato per acquisti dei vari generi alimentari per proseguire il viaggio, cambio del cuoco, ora arriva Barbara, formosa donna russa, da come si muove e si presenta, si vede che è un tipo deciso, alla prima fermata per lo spuntino di metà mattina ci accorgiamo subito delle sue qualità. Siamo in pianura, ma attorno a noi si innalzano diversi vulcani in un paesaggio fantastico, una fermata tecnica sulla strada, nei pressi di un grill, troviamo un monumento all’orso e al suo piccolo, dato che fin’ora non ne abbiamo visti dobbiamo accontentarci  di questo. Prendiamo la strada per Paratunka, dalla strada in  lontananza vediamo  una bellissima e veramente alta cascata, che scende dal vulcano Diviluchinsky, si prosegue per arrivare il prima possibile al campo base dei vulcani Mutnosky e Gorely, posto a 700 mt di quota, nostro prossimo campo, dove montiamo le tende cercando di trovare sul terreno in pendenza, un posto abbastanza piano per la notte, che sia lontano da fosse o canalette d’acqua, di cui è pieno tutto il versante, visto che si preannuncia pioggia. A tarda sera, andiamo a cena alla tenda del campo base, che la Kamchatka Lost World Tours ha in uso e che gestisce per i propri gruppi: Barbara è già al lavoro, ha preparato calamari fritti impanati, una bella e buona zuppa, un favoloso dolce al cioccolato, ora la birra fresca non manca. In questo ambiente davvero unico, abbiamo sullo sfondo due vulcani e sul terreno campi di maturi mirtilli a volontà, mentre ora comincia a piovere leggermente: oltre alle nostre  tende, altri gruppi stanno montando le loro tende, distribuiti sul pendio. L’unico problema serio resta il servizio igienico, un piccolo gabbiotto in legno, sporco, posto a metà pendio, non ci sono, ma che vediamo , anziche’ all’unico gabbiotto in cima al pendio. Molto meglio andare in natura, prestando attenzione agli orsi, ci sono ma non li vediamo. Divido, come sempre lo spazio in tenda, con Antonio, arragiandoci come possiamo con borsoni e bagagli all’interno della stessa .