ciad – ennedi……..t.i.

da terre incognite

Ciad

Sahara sconosciuto

Situato al  centro dell’Africa settentrionale il Ciad, grande oltre quattro volte l’Italia e quarta nazione per estensione del continente, per ambiente, clima e popolazione si presenta come un paese estremamente composito, cerniera e punto di transizione tra il Sahara, il Sahel e l’Africa equatoriale, tra l’Africa bianca e quella nera.      Infatti se il sud, ricco di pioggie e di acuqe, offre un clima semitropicale con foreste e savane alberate abitate da una tipica fauna africana, man mano che si sale di latitudine le savane diventano sempre più rade e aride, per trasformarsi al nord in enormi pianure sabbiose e ciottolose, con imponenti erg di dune racchiuse a nord e a est da due massicci rilievi montuosi, il Tibesti e l’Ennedi.     Per le caratteristiche geografiche e l’assoluta mancanza di strade, la regione settentrionale rappresenta il tratto di Sahara meno conosciuto e frequentato, ma estremamente ricco di peculiarità.   Anche la popolazione diverge notevolmente: al sud, dove su un quarto del territorio si concentra oltre la metà della popolazione, abitano africani neri sedentari, cattolici o animisti, che parlano francese (oltre ai dialetti locali di 200m diverse etnie) al nord prevalgono invece pastori nomadi bianchi berberi, di religione islamica e lingua araba.      Difficile convivere pacificamente con tante diversiytà, e infattinon a caso dopo l’indipendenza dal colonialismo francese il paese ha attraversato mezzo secolo di instabilità politica, caratterizzata da colpi di stato, guerriglia intestina e conflitti con i vicini, aggravata dal fatto di essere anche una delle nazioni più povere in assoluto, perchè solo il 3 % del suolo risulta fertile.   Il nome le deriva dal lago Ciad, maggiore eminenza geografica, ubicato non lontano dalla capitale N’Djamena e condiviso con i confinanti Niger, Nigeria e Camerun.  Curiosa, ed eloquente, la storia di questo corpo idrico, residuo di uno dei grandi sistemi idrografici africani, che occupa una vasta depressione tettonica.      Nel Cretaceo superiore, 70 milioni di anni fa, era un enorme mare interno che collegava l’Atlantico alla Rift Valley, poi pian piano cominciò a restringersi, tanto che nel Pleistocene (due milioni di anni or sono) misurava 350 mila km2, vale a dire mille volte il nostro lago di Garda, era fondo 160 m e rimaneva comunque il maggior lago del continente.      Da allora la consistenza è precipitata, restringendo le dimensioni attuali a 10-20 mila km2 (a seconda delle stagioni) e solo nell’ultimo mezzo secolo si è ridotta del 90% riducendolo a poco più di un ampio stagno paludoso.   Un disastro ecologico, ma anche un’immane catastrofe economica ed umanitaria, perchè la sua pescosità sfama oltre 20 milioni di popolazioni rivierasche.   Altre rilevanti eminenze geografiche sono costituite dai massicci del Tibesti e dell’Ennedi.     Il primo è un imponente rilievo vulcanico, il maggiore del Sahara (grande un terzo dell’Italia) e con cime oltre i 3000m m, che segna il confine a nord con la Libia. L’Ennedi, nel nord est al confine con il Sudan, si presenta invece come un tipica formazione tassilliana, un altopiano di arenaria grande quanto la Svizzera e alto poco oltre i 1000 m, frantumato dall’erosione in una miriade di guglie, pinnacoli, castelli di roccia, archi e canyon, solcato da oued verdeggianti con acacie secolari e lambito da imponenti erg di dune.   Viene definito il ” GIARDINO DEL SAHARA” per la relativa piovosità regalata dai monsoni e la presenza di sorgenti sotterranee, capaci di regalare una incredibile vegetazione tropicale per quelle latitrudini, dove propspera una fauna variegata formate da gazzelle, babbuini, scimmie rosse, mufloni, sciacalli, lepri e procavie, un’inattesa oasi biologica e un’incredibile arca di Noè. Per finire con pesci e anfibi endemici nelle guelte delle suggestive Gole di Archei, un enorme canyon alto 200 m, dove trova rifugio l’ultima colonia relitto di coccodrilli del Nilo, veri fossili viventi sahariani.

l’itinerario

Un itinerario nel deserto del Ciad regala consistenti emozioni, ma richiede tempo e lunghi percorsi su pista e fuoripista, in quanto le strade non esistono proprio.   Si parte per ragioni logistiche dalla capitale N’Djamena puntando verso nord attraverso un’arida savana saheliana punteggiata da miseri villaggi, accampamenti di pastori nomadi e pozzi dove si abbeverano le mandrie, con scene davvero bibliche. Le arenarie color ocra dell’Ennedi invitano ad inoltrarsi nel dedalo di fantasmagoriche erosioni fino alle mitiche Gole di Archei, dove i nomadi dissetano i loro dromedari sotto gli occhi vigili dei minuiscoli e inoffensivi coccodrilli, oppure a scoprire le innumerevoli cavità decorate con scene di vita pasatorale lasciate dai predecessori preistorici, quando ancora il Sahara era verde, che non si discostano però di molto da quelle attuali.   Ancora più a nord occorre attraversare una serie di imponenti erg dunari e alcune oasi per raggiungere una delle meraviglie scenografiche del Ciad, i laghi di Ounianga, una serie di specchi d’acqua dolci e salati alimentati da falde sotterranee, entrati nel 2012 a far parte del patrimonio dell’umanità dell’Unesco, che dispensano i loro cromatismi tra cinture di palmeti, falesie di arenarie, dune policrome e accampamenti di nomadi intenti ad estrarre un sale rosso cristallino.      In queste regione non vivono i famosi tuareg, ma i meno noti tebu, popolazione isolata di ceppo etiope, scorbutici e solitari ma dalla forte coesione etnica, dotati di straordinaria resistenza alla fame, alla sete, che la leggenda dice capaci di vivere tre giorni con un solo dattero (il primo succhiando la pelle, il secondo gustando la polpa e il terzo per scioglier il nocciolo). Già nel 500 a.C. questo popolo manteneva rapporti commerciali con Cartagine.    Le imponenti cattedrali di roccia di Bishagara e le dune dell’erg di Djourab (dove di recente assieme a fossili di fauna sono stati trovati i resti di un ominide vecchio di 6-7 milioni di anni, il primo rinvenuto in Africa centrale) accomiatano dal Sahara ciadiano.

 

ciad – ennedi ……….28.11

Si ritorna a Milano nel primo pomeriggio, riportando tanti bellissimi ricordi di questo viaggio indimenticabile. L’Ennedi è una fortezza di arenaria, nel cuore del Sahara, conquistato un pò alla volta, cavalcando cordoni di dune, addentrandosi nei suoi canyon invasi dalle sabbie, fino a scoprirne i gioielli più preziosi. Presente e passato convivono nella guelta di Archei: carovane di dromedari si abbeverano dove gli ultimi coccodrilli sahariani testimoni viventi di quel mondo perpetuo che traspare da magnifiche pitture e incisioni rupestri. Dopo le falesie dell’Eannedi, ecco i laghi di Ounianga apparire tra dune e palmeti.

CHE VIAGGIO DA SOGNO !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

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ciad -ennedi …………….27.11

Ancora circa 300 km da percorrere prima di arrivare a N’Diamena, lungo la pista, caratteristici i piccoli villaggi a capanne di legno coperti con foglie di palma, chiuse da recinzioni con legni di acacie intersecanti fra loro. Pausa caffè in una radura dove incontriamo per la prima volta diversi grandi e meravigliosi alberi di baobab,

finora visti solo in fotografia, veramente maestosi. Alcune acacie sembrano essere in fiore, in realtà sono delle larve di cavallette pronte a prendere il volo.

Si passa dal grosso villaggio di Moussoro, una breve fermata per gli ultimi acquisti per il prossimo pranzo, acquistate alcune bibite fresche attorniati da una moltitudine di bimbi, ognuno con una catino in mano per poter avere qualcosa da parte di noi turisti, subito però allontanati da qualche adulto del posto, ma ritornando subito alla carica. In questa area desertica a nord del lago Ciad sono stati trovati i resti del primo ominide preistorico,  si pensa che abbia oltre otto milioni di anni , chiamato TOUMAJ. Inizia ora la strada asfaltata, si fa per dire, con nuovi posti militari di controllo, a lato di uno di loro, appena fuori il villaggio, sono stati fermati alcuni grossi autocarri carichi al massimo e ora sottoposti a controlli, forse dovranno scaricare l’intero carico alla ricerca di armi, droga o migranti. Passa un autocarro carico di pelli di dromedario, diretto in Libia ad una conceriamborroni_ciad-1879. A Massaguet riprendiamo la strada fatta all’inizio del viaggio, fermandoci per il pranzo nella stessa area dell’andata,

prima di ripartire per l’albergo della capitale dove arriviamo nel tardo pomeriggio. Giusto il tempo per una doccia, cambiarsi, sistemare i borsoni prima della cena in in ristorante tipico.

ciad -ennedi ……..26.11

Dopo colazione, una lunga passeggiata sulle sabbie di questo deserto per osservarlo bene, oltre 3 km a piedi, calpestando orme di aninali fra i pochi bassi cespugli di una scarsa vegetazione, in lontananza diversi gruppi di gazzelle. Si riprendono le macchine che ci porteranno all’incrocio della pista con il Bar El Ghazal vicino al villaggio di Koro Toro, in un ambiente quasi privo di insediamenti se non le poche tende dei nomadi arabi che vivono di pastorizia e della raccolta di graminacee selvatiche, in una dimensione per noi irreale. Al nostro passaggio, sentendo l’arrivo delle macchine, da ognuna di queste tende escono di corsa per salutarci con le loro manine tanti bambini, contenti del passaggio, anche se non ci fermiamo, rallentando qualche volta si avvicinano e diamo loro qualcosa, solo una volta dei ragazzini più grandi titrano dei sassi che vanno a colpire il vetro di una macchina, subito scende un degli autisti, con un grande rincorsa a slalom lo raggiunge, oltre a richiamarlo, molla quattro ceffoni di lezione.

Le maccine procedono secondo il solito ordine , noi siamo sulla quarta quando l’autista si accorge di aver bucato un gomma: ci si ferma con la macchina che ci segue, gli altri avanti. Non è per niente facile cambiare una ruota della macchina su una pista, inserire il cric che poggia sopra la sabbia, sollevarla e sganciare la ruota di scorta dalla sua sede posta sotto nella parte posteriore del mezzo, rimontare il tutto sotto un sole cocente, veramente bravi questi autisti, di fronte ad ogni problema sanno cavarsela.

Pausa pranzo in un’altra piccola oasi all’ombra di una grossa acacia; oramai siamo entrati nel Bahr el Ghazal, il fiume delle gazzelle, antico emissario del paleochad, nella regione del Kanem. A fine pranzo, si avvicinano a noi alcune donne con i loro bimbi, alcuni già grandicelli, hanno con loro dei polli e dei galli da vendere, hanno le zampe legate con una corda che non possano scappare nel deserto e poi magari non riuscire a riprenderli. E’ l’occasione che cercavo da tempo di trovare un oggetto sui galli o eventualmente una foto di un gallo ciadiano, come mi aveva chiesto il proprietario dell’osteria del gallo di Como. Bella la foto del ragazzo con in braccio il gallo, che farò stampare su tela per fare un quadro da esporre all’osteria. mborroni_ciad-1832

Si riparte per il campo serale lungo piste di sabbia nera, molto polverosa che, al nostro passaggio, si solleva formando nuvole che oscurano completamente i vetri rallentando spesso la marcia dei mezzi.

Si incontrano diverse piccole carovane di dromedari, di ritorno carichi di sacchi di merce varie dal villaggio, seguiti al loro fianco da uomini e donne. Il nuovo campo poco prima di Moussoro, in una grande radura dell’antico lago, sulle sabbie trovo casualmente alcune piccole conchiglie di milioni di anni fa. Ultimo campo, ma ancora bellissime stelle cadenti.

ciad -ennedi……… 25.11

Siamo a 17 kilometri da Kalait, dopo la levata del campo, la raggiungiamo: siamo nello stesso villaggio attraversato all’andata del nostro viaggio, al pozzo si fa l’ultimo rifornimento d’acqua e l’ultimo pieno di gasolio ai serbatoi, eseguito sempre a mano, dai bidoni per mezzo di una pompa. Salutiamo Eduards, uno dei collaboratori di Piero, che ci lascia per raggiungere Rocco Ravà e unirsi ad un’altra spedizione di facoltosi turisti americania a Faya, giunti lì in aereo da N’Diamena per giro nell’Ennedi. Sempre con l’aiuto di Eduards, Fosco, nostro compagno, con grande difficoltà riesce a comperare delle bottiglie di birra fresca, qui merce rara, metre noi giriamo tra le bancarelle del mercato.

Seguiamo ora il corso naturale dell’Oued Achim in un’ambiente selvaggio  e ricco di animali, come gazzelle dorcas, otarde, iene sciacalli, gazzelle dorcas che velocemente fuggono davanti a noi al minimo rumore quando ci scorgono da lontano, attraversando la pista velocemente. Siamo a circa 500 km dalla capitale, percorso che faremo nei prossimi 3 giorni, in questa piana desertica con la vista che si apre all’infinito a 360 gradi su tutti i lati con leggeri ondulati saliscendi. Appena fuori dal villaggio, è stato cosruito un nuovo grande mercato in muratura, finito mai utilizzato ed  ora completamente vuoto perchè i mercanti vi si rifiutano di trasferirsi perchè sono nomadi e non vogliono essere inquadrati con regole ferree o per pagare eventuali tasse. La pista ora attraversa una grande area trasformata in una grande pista di atterraggio per aerei, un aereoporto nel deserto ma senza segnali o torre di controllo, subito dopo un cimitero di guerra che accoglie i resti dei morti libici nella guerra degli anni 80, e un ex forte coloniale francese, ormai in rovina. Proseguiamo su pista larga centinaia di metri, solo un piatto deserto su ogni lato della stessa, ogni tanto in lontananza delle gazzelle, alcuni sciacalli davanti noi di scatto attraversano la pista e volpi si ergono diritte in piedi a guardia delle loro tane. Ci fermiano vicino ad un pozzo, profondo un centinaio di metri, intorno al quale sono fermi decine di dromedari: l’acqua viene sollevata con un secchio legato ad una corda collegata alla sella di un dromedario sul quale sta seduto un bimbo che percorre un pezzo del deserto per tutta la lunghezza della corda, sollevata, i cammellieri svuotano il contenitore in una vasca per abbeverare i dromedari.

In un angolo poco lontano, vediamo una femmina di dromedario con il suo piccolo, bianco, appena nato. Questa è la vera vita dei nomadi per procurarsi l’acqua, sia per gli animali che per loro, questione di vita o di morte. Pausa pranzo in una foresta di spinose acacie, una zona secca e brulla, ma all’ombra per un breve riposo. Sempre sulla stessa pista si prosegue fino al campo che Piero trova alle piane della Morcha, un bel tramonto luminoso ,

dopo cena una volta celeste stupenda, una stella cadente lumisosa e una lunghissima scia la accompagna a spegnersi all’infinito, mai vista nella mia vita una stella simile a occhio nudo.