ciad – ennedi ……….19.11

Nella parte meridionale del massiccio, esiste un luogo, chiamato Archei, dove tra pareti alte fino a 200 metri si insinua una gola stretta e sinuosa con al suo interno una profonda e lunga guelta dove vivono gli ultimi coccodrilli del Sahara. Dal campo, dopo colazione, si risale un ripido e difficile sentiero, in mezzo alle rocce, che con la luce del sole assumono colori straordinari. Fa molto caldo e il sole picchia, ma arrivati in cima dall’alto, lo spettacolo è degno del miglior documentario naturalistico: dal lato aperto del canyon, decine e decine di cammelli bramiscono, sono all’abbeverata, coordinati dai nomadi per evitare pericolose ammucchiate; l’acqua è scura e limacciosa. In un angolo della guelta dovrebbero vivere i coccodrilli, testimonianza di epoche remote, che però noi non vediamo. Anche la discesa al balconcino naturale dove osserviamo meglio i dromedari, abbastanza facile da fare, ma il vuoto si apre davanti a noi, alcuni dromedari in acqua, altri sulla spiaggietta a brucare le foglie delle poche acacie.

Per evitare il ritorno per lo stesso sentiero, per 5000 cfa cadauno, attraversiamo a dorso di dromedario le acque della guelta aiutati da un ragazzo nomade, immerso fino al busto in queste acque putride per l’urina degli animali, con una corda  guida l’animale sull’altra sponda. Attraversata la gola, troviamo altre mandrie di dromedari in questo grande area paludosa con la poca acqua che arriva dalla guelta, una grande grotta si apre sulla parete del monte usata, a suo tempo, per ricoverare gli schiavi prima di trasferirli ai mercati. A piedi breve camminata attraversando la rigogliosa vegetazione del wadi, per arrivare ad una grande acacia, dove è stato preparato il pranzo e per un breve riposo.  Nell’intera regione di Archei, immerse in un paesaggio di indimenticabile bellezza, si trovano, sparse qua e là in ripari naturali, considerevoli stazioni di pitture rupestri, eseguite in epoche sconosciute che sono arrivate fino a noi lasciandoci un divertente compito dell’interpretazione. Un’altra grande grotta si apre sopra di noi, facile da raggiungere, per vedere la ricchezza delle pitture e delle incisioni che rivestono le sue pareti.

Ci si trasferisce per il nuovo campo nella valle delle fanciulle, raggiungibile attraverso un difficile accesso pietroso e piste sabbiose, un incantevole labirinto di piccole torri e sculture di arenaria che poggiano su un morbido tappeto sabbioso. lasciate le macchine, subito in giro per queste affascinanti formazioni rocciose con attorno una distesa sabbiosa color arancione, uno dei luoghi più belli di tutto il Sahara. Curiose formazioni di arenaria a fungo o a ombrello, la fantasia del tempo ha prodotte alte ed affilate guglie, regalando un terreno fantastico e verticale. Il sole sta tramontando in mezzo a queste sculture, si torna al campo per montare le tende, in attesa della cena, stasera brodo caldo e un piatto di carne di montone, acquistato in mattinata dai nomadi. Dopo cena, abbiamo sopra di noi la volta celeste, e numerose stelle cadenti che fanno sognare.

ciad – ennedi……..18.11

Alle 4 sono già sveglio, tutti al campo riposano ancora, mi siedo fuori dalla tenda su una sedia per vedere l’alba, mentre le ultime stelle stanno tramontando. Mi torna in mente una canzone dei sulutumana ANAM…JI  che parla del silenzio scritta in ricordo di TIziano Terzani

…..e il silenzio lassù era voce mutabile, precipitare dell’acqua, della terra le lacrime, il rischiarare del cielo ed era un canto, un volo, era la gola del mondo, il suo respiro più profondo, il suo rimbombo, il suo battito, viene da dove non sai e non sai dove andrai…Anam….scordi i nomi delle stelle e il tuo nome, guarda voli senza ali, guarda sali….non hanno forma o parole, la bellezza e la verità …..chi ha il coraggio di perdersi la via troverà ed il tuo passo leggero apre le porte del mistero tra rivelarsi e nascondersi…

Inizia una nuova giornata che non sappiamo cosa ci riserverà: vediamo una donna con i suoi bimbi e il suo gregge di capre vicino ad un pozzo, i muli carichi di otri d’acqua e tre cavalli con un piccolo puledro, nato da poco, al loro fianco. Entriamo in questo oceano di pietre e di sabbia dove si apre una realtà diversa da tutto quello visto fin’ora, sorprese che ripagano ampiammente le difficoltà e le fatiche per accedervi. Lungo la pista, il paesaggio cambia continuamente, alcune rocce fuoriescono dalla sabbia, si costeggiano magnifiche serie di formazioni tasilliane arenacee che assumono forme stravaganti di castelli e cattedrali lambiti da sinuose lingue di sabbia . Ogni tanto si incontrano piccole case-capanne, a forma di guscio rovesciato, che ai lati della pista spuntano come dal nulla in luoghi inaspettati, sembrano disabitate ma al  rumore dei fuoristrada ecco apparire dei bambini con le loro madri alle spalle. La pista di sabbia spesso diventa rocciosa, mai in piano, gli autisti sono davvero bravi nel trovare il punto giusto per riuscire a superare certi tratti difficili, seppur rispettando la propria posizione prevista nella carovana, ognuno si sceglie il tratto di strada che ritiene migliore. Non trovando come superare certe dune, In molti tratti e per molti km si devono costeggiarle ritrovando infine il passaggio per scendere di quota ma grazie a Piero e alla guida, suo autista, con la grande conoscenza del deserto, sempre diverso per lo spostamento delle dune a causa del vento, trovano dove invertire la rotta per scendere e ritrovare la pista sottostante per proseguire. Per la pausa caffè ci si ferma alla base di un massiccio,mborroni_ciad-360

dandoci così la possibilità di salire a piedi sulla duna che si insinua fra i due picchi per ammirare l’immenso paesaggio che si apre davanti ai nostri occhi.

Un unico alberello cresce su questo pendio , si tratta di callotropis pocera , dai grossi frutti verdi , non commestibili, neanche gli animali li mangiano, quando maturano e si aprono moltissimi semi lanosi trasportati dal vento voleranno sulle sabbie del deserto per nuove piante se troveranno l’acqua . lasciata la duna, poco lontano troviamo delle grotte con il primo sito di incisioni rupestri, ci si inoltra dentro scoprendo sulle pareti o sui soffiti opere di milioni di anni fa, abbondano figure umane isolate o a gruppi, raffigurazioni di animali, cavalli e dromedari, alcuni disegni ben conservati.

Pausa pranzo all’ombra di una grande roccia con insalata di riso, prima di andare a vedere diverse tombe preislamiche costituite ,da grossi mucchi di pietre nere di epoca incerta e di origine vulcanica, probabilmente neolitiche, molto povere, con una o due sepolture e quasi sempre senza suppellettili di valore, in quelle poche che sono state aperte. Sopra una di esse sono riuscito a cadere rimediando contusioni e dolori per la botta all’osso sacro, con l’aiuto degli amici, con crema antidolorifica steso sui materassini usati per la pausa pranzo ho rimediato al forte dolore in modo da proseguire. Nei secoli l’erosione del vento ha creato un paesaggio davvero unico aprendo nelle rocce archi naturali di rara bellezza ed aperture nelle pareti indescrivibili

. Proseguendo, si raggiunge un piccolo villaggio, conosciuto da Piero, per concordare la visita di domani alla guelta di Archei, pagando il relativo contributo al capo villaggio anche per avere la guida che domani ci accompagnerà su per il sentiero del monte prima di scendere al lago. All’esterno del recinto delle capanne, diverse donne fanno un piccolo mercato esponendo la loro merce

costituita collane, conchiglie o pietre recuperate nel deserto, si riprende per arrivare al nuovo campo li vicino, nell’Uadi Archei, per cena dopo un nuovo aperitivo, spaghetti al pesto, zucchine fritte, prosciutto crudo, melone di frutta e tisana calda a finire . Bella la volta celeste da osservare, le galassie, le pleiadi e varie costellazioni, sempre con la testa all’insù.

ciad – ennedi ………..17.11

Dopo la sveglia, alle prime luci dell’alba, diversi di noi salgono, ognuno per conto suo, sui massi e sulle rocce fino alla cima, per vedere sorgere il sole che colora di un rosso scuro questi massi, alcuni piccoli alberi hanno la forza di riprendere la vita nascendo in mezzo a questo pietrame. A colazione Vittorio fa notare di aver notato sul monte escrementi di alcuni sciacalli che hanno passato li la notte, nessun altro animale avvistato.

Mentre viene smontato il campo, un breve cammino per raggiungere un’altra piccola significativa roccia, che si eleva dal sahel, a piedi si procede verso i mezzi già fermi sulla pista, si attraversa l’asciutto stagno delle cicogne, subito alzatesi in volo, fermo in cima ad un albero, è di vedetta un avvoltoio . Oggi sono in macchina con Vittorio, che mi racconta molto delle sue esperienze sahariane, della sua avventurosa vita, descrivendomi il paesaggio che stiamo attraversando osservando bene alcune tende a fagiolo sparse casualmente nel deserto che appartengono ai nomadi di etnia tubu. Racconta che in questa parte del deserto è stato ritrovato parte delle ossa di un ominide vissuto qui oltre 8 milioni di anni fa, chiamato TOUMAJ ,progenitore anche della nonna Lucy vissuta in Etiopia 3 milioni e mezzo di anni fa, questo ritrovamento è ancora in fase di studio per accertamenti e conferme, fra due scienziati che si disputano la scoperta. Si raggiunge Kalait, questo grande villaggio sviluppato in questi ultimi anni, neppure segnato sulla mappa, vero crocevia sahariano per i suoi traffici, ci si ferma al mercato l’acquisto di generi alimentari per il gruppo, ognuno si compera le proprie bottigliette d’acqua o di coca, fredda, ma non vendono birra, nei vari negozietti lungo la strada si vende di tutto. Con le macchine ci si sposta fuori del villaggio per il rifornimento dell’acqua, da diversi pozzi esistenti: attorno ad essi ci sono molti automezzi, sopratutto carretti trainati da muli carichi di bidoni o serbatoi in ferro da riempiere; in questa grande piazza stazionano molte mandrie di dromedari, di vacche e di capre che si abbeverano nelle varie pozzanghere. Si punta ora verso nord in una regione ormai desertica, ai confini meridionali dell’Ennedi,mborroni_ciad-238 abitata dalla popolazione Gaeda, Tama e Zagawa, allevatori seminomadi

. Fa molto caldo, siamo a circa 450 mt. di altitudine, al passaggio dei mezzi una polvere impalpabile, quasi cipria, si solleva intorno a noi, ad un certo punto in un bivio, come un fantasma, appare un bianco cartello direzionale con due frecce con sopra scritti due nomi: una indica la pista per la Libia, l’altro la direzione del oued Archei per entrare nell’Ennedi. mborroni_ciad-244Nonostante i pochi cespugli e i ciuffeti di erba sulla sabbia del deserto, incontriamo diverse mandrie di dromedari, all’orizzonte appaiono le prime formazioni rocciose di arenaria, erose dal vento, dalle forme più disparate, Piero passa alla ricerca del 4′ campo che lo trova a Terkei Kisimi, presso la grotta dei cavalli volanti, prime pitture rupestri che vedremo domani. Cena con petto di tacchino e ratatui,  prima l’aperitivo con martini e vermuth, a finire tisana calda di karkadè, poi alle 8 tutti a nanna.mborroni_ciad-240

 

ciad – ennedi ……….15.11

Dopo molti anni sono tornato a dormire in tenda, questa volta nel deserto: alle prime luci dell’alba, alle cinque, dopo la sveglia ognuno smonta la propria tenda, viene riacceso il fuoco per scaldare l’acqua per il tè e per il caffè, per la pausa di metà mattina, si fa colazione. Scambio di impressioni sulla notte appena trascorsa, tutti contenti e positivi.  Una breve passeggiata su una lunga spianata di sabbia con pochi alberi e cespugli,  per raggiungere i fuoristrada.  Alle nove si riprende la strada, solita gimkana per evitare le buche, per questa lunga giornata di trasferimento verso l’Ennedi, immersi in una dimensione di verace e autentica Africa saheliana in cui si susseguono senza soluzione di continuità villaggi e mercati. Rallentiamo e ci fermiamo ad osservare un gruppo di pastori nomadi con la loro carovana di dromedari, attraversano la strada, diretti a sud, in cerca di nuovi pascoli, sul dorso di alcuni di essi sono stati messi piccole strutture per alleviare e far riposare donne e i bimbi durante la transumanzaimg_6121. Ancora posti di blocco dei militari armati per il controllo dei documenti, ogni volta Piero deve esibire  e spiegare loro con l’aiuto del suo autista di etnia tubu, credo che non tutti questi militari riescano a capirli e leggerli , da come leggono e guardano i fogli . Ci si ferma al villlaggio di Ab Touyour, primo incontro e impatto nella realtà del paese, fermandosi dopo circa due ore al villaggio di  Mongo per il rifornimento di acqua prelevata al pozzo, sollevata a mezzo di una pompa a motore così da riempire tutti i nostri bidoni, mentre altri persone del villaggio fanno le loro scorte con bidoni caricati sui carretti.

Sotto un albero, alcune donne sedute per terra, fanno un piccolo mercato ponendo davanti a loro dei catini per la vendita dei loro prodotti e di quel poco che hanno: frutti di mango , cavallette fritte insaporite con limoni, delle patate da sabucciare e altro, Paola ne prende un cartoccio che ne offre un assaggio a tutti noi , che non ci trova per niente entusiasti del loro sapore. img_6089 img_6097 img_6088Dall’alto, seduti a bordo strada, un gruppo di ragazzini osserva intensamente noi turisti , quali saranno i loro commenti? Dopo il rifornimento di carburante ad una stazione di servizio, e scorta d’acqua in bottigliette al negozio retrostante, si riparte per Abeche.  In macchina, su un lato della strada, vediamo camminare a piedi piccoli gruppi, o di solo uomini o di sole donne, in fila indiana, vestiti come fosse un giorno di festa, forse arrivano anche da molto lontano, così mi spiega Vittorio, del loro uso e costume di recarsi a fare le condoglianze a casa di una persona morta, forse importante da vivo. Lungo la strada sono stati piantati molti alberi di acacie,  protetti al piede grossi contenitori circolari di mattoni di terra per evitare di essere mangiate dalle capre o altri ruminanti. mborroni_ciad-1876Vittorio mi spiega del B R I C S , sigla di un’associazione di alcuni di stati del mondo, dalle loro iniziali, Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa, riuniti per aiutare economicamente, anche per i loro interessi, alcuni paesi sottosvilpuppati  del mondo.  Un argomento che a casa andrò ad approfondire. Ancora si incontrano molte carovane di dromedari, mandrie di vacche e greggi di capre, nomadi e pastori  seguono i loro animali in queste distese infinite del sahel alla ricerca dei pozzi, poca la vegetazione, solo alcune acacie dal tronco rosso, da cui dovrebbero ricavare della gomma arabica, si vede qualche raro campo coltivato a sorgo, poco a granoturco. Un carro armato, residuato bellico, fa parte ora del paesaggio,  li rimasto da quando il Sudan invase il Ciad. Pausa pranzo sotto una pianta di fichi, non buoni, mentre altre carovane di dromedari passano vicino a noi, in cielo corvi neri o avvoltoi in cerca di carcasse di animali morti. Si attraversa il fiume Batha, in secca, con un forte vento caldo di scirocco che solleva un gran polverone di sabbia, per riprendere la strada  principale per Abeche, sempre direzione est, ne mancano ancora oltre 150 km, una breve fermata per la preghiera islamica del pomeriggio dei nostri autisti sunniti, alla nostra destra un nuovo villaggio con un grande esteso mercato,  in lontananza grandi e alti silos cilindrici, forse granai, per la raccolta dei cereali .Attraversiamo la splendida regione del Guerà, all’orizzonte appaiano davanti a noi grandi montagne dalle forme più strane, ci si ferma ai piedi di una di esse per montare il nuovo campo, siamo alla roccia delle iene a circa 40 km da Abeche . Dopo la cena tutti ad osservare la luna piena che sorgerà fra due alti picchi rocciosi. Vedere sorgere la luna dalle cime sopra di noi che illuminana a giorno il nostro campo è stupendo, con molti alberi e cespugli alle nosgtre spalle nessun problema per i servizi, per evitare di inquinare bisogna bruciare la carta usata. Durante la notte alcune mandrie di vacche passano vicino alle tende, al mattino Piero racconta che un paio di persone del vicino villaggio sono passati di notte e l’hanno svegliato, per sapere chi eravamo e se avevamo i permessi per accamparci , come già successo in altre occasioni.

ciad -ennedi………… 14.11

gruppo

Ora ci siamo tutti, pronti alla scoperta di questo nuovo mondo:

Piero Ravà, guida e capo, e sua moglie Marina.

Boris Kester, olandese, che per lavoro e per passione ha visitato quasi la totalità dei paesi del mondo.

Tiziana Quattrocchi, medico.

Stefana Gavazova, medico di origine bulgara, ma residente a Milano.

Folco Fiocchi e sua moglie Paola Ferrari, di Saronno.

Selena Maltini, di Milano, grande viaggiatrice nei deserti sahariani.

Vittorio Gioni, romano ma nigeriano da oltre 50 anni, una grande persona.

Ursula Castelli, padre italiano, tedesca di Colonia, dai balli, a suo tempo, con Grace Kelly a Monaco, ora nelle tende del deserto.

Reinhard Temp, tedesco di Amburgo, professore di geografia.

Erhard Bielefeld, tedesco di Hannover, ottantenne fisico nucleare-

Vanni Piccoli, grande amico dancalico.

e per ultimo , Mario Borroni.

Negli ultimi giorni si è aggiunto a noi un altro collaboratore di Piero, di ritorno da un altro tour nel Ciad, Pier Paolo Rossi, ricercatore ed esperto di pitture rupestri, autore del libro “VIVERE IL SAHARA”

Cinque sono i fuoristrada, guidati da autisti ciadiani  e nigeriani, con noi un cuoco e due aiutanti.

In totale siamo in ventidue.

Ci aspettano 3300 km , fra pista e fuori pista desertica su vetture 4×4, con tappe quotidiane da 5 o 6 ore. Bivacchi e notte in tenda su materassini, cucina preparata da un cuoco esperto, servita su tappeti sahariani a mezzogiorno, sul tavolo con seggiole la sera.

programma giornaliero

Pur con tutte le possibili varianti che ci potranno essere,  la giornata tipo avrà questi ritmi:

  • sveglia all’alba, circa alle cinque del mattino.
  • ognuno si smonta la propria tenda, portata poi con il proprio materassino numerato sul tappeto sahariano per il successivo carico sui fuoristrada.
  • colazione alle 6 a base di tè, crostini per le marmellata, caffè, rifornimento d’acqua delle borracce, prelevata dai bidoni posti sui fuoristrada per il fabbisogno giornaliero.
  • alle 7,30, mentre i collaboratori di Piero smontano il campo, un breve passeggiata sulle sabbie del deserto per iniziare al meglio la giornata.
  • partenza  verso le 8,30 per arrivare entro sera al prossimo campo che Piero ha già in testa, profondo conoscitore di questi luoghi.
  • a metà mattina, verso le 10,30 pausa caffè con dolci a forma di palline di sesamo.
  • immancabilmente verso le 12, Piero trova sempre l’ombra di un’acacia per il pranzo e un breve riposo.
  • due ore dopo si riparte, paesaggio che cambia sempre, tutto da scoprire, fermandoci solo per sosta tecnica per servizi e per la preghiera di cinque dei collaboratori, mussulmani sunniti, riv0lgendosi verso La Mecca.
  • nell’immenso deserto, con la sua esperienza,  nuovo campo per la notte , sempre poco prima del tramonto, in posti quasi invisibili a noi ma che Piero conosce perfettamente.
  • scaricati borsoni e i materiali, viene montato il nuovo campo, ognuno si prepara la propria tenda, viene acceso il fuoco con la legna raccolta sul posto o in strada, preparata la cena, ogni giorno un menù  diverso.
  • ogni due giorni, possibilmente, un catino d’acqua per il proprio fabbisogno igienico personale.
  • prima di cena, ogni sera un nuovo aperitivo alcoolico preparato da Piero, con i vari liquori che ognuno di noi ha preso a Parigi.
  • sia a pranzo che a cena un primo diverso, seguito da un secondo e un dolce,  acqua e un bicchiere di vino, tisana finale calda a chiusura.
  • due chiacchere in compagnia, tutti a guardare il cielo stellato che solo così nel deserto si riesce a vedere, galassie e costellazioni, cercare di riconoscerle sulla volta celeste avvistando spesso diverse stelle cadenti, l’ultima veramente unica nella sua bellezza .
  • attorno alle 20, dopo una lunga giornata, ognuno alla propria tenda in attesa della nuova alba.

     insciallah

 

ora si comincia davvero

Colazione, in attesa dell’autobus per partire, faccio due passi all’esterno dell’albergo, sempre nel bunker supersorvegliato, con piscina e campo da tennis, qualche albero in mezzo ad aiuole squadrate, semplicità senza nessuna ricerca del bello, anche l’albergo alla luce dell’alba non è niente di speciale, rispetto alle abitazioni di N’Diamena è un superlusso.img_5993 Comincio a conoscere gli altri amici di questa nuova avventura, nella hall dell’albergo trovo Marina, moglie di Piero, e Vittorio, romano ma da cinquant’anni nigerino di Nimey proprietario di un famoso ristorante ad Agadez, un persona davvero unica. Caricati i bagagli sull’autobus , saluto Papik che rientrerà in Italia, si parte fermandosi subito all’hotel cinese, poco distante, per prendere a bordo i tre compagni tedeschi, il programma è nella testa del capo, così sarà per tutto il viaggio, vista la sua esperienza vissuta in prima persona in questo paese. Si esce da N’Diamena percorrendo una lunga strada asfaltata, molto traffico fino alla periferia della città, che non capisco dove sia, ai lati della stessa si susseguono  piccole basse costruzioni fatiscenti adibite sia per abitazioni che per le tante le tante varie attività, che per campare ognuno si dà da fare, niente di diverso rispetto alle altre periferie delle città africane già viste. Strada ora a pedaggio, che viene riscosso ad un quasi casello, fermando il poco traffico con un corda posta trasversalmente, ai lati caserme con alti muri con sopra filo spinato, diversi i posti di blocco si susseguono tenuti da militari armati che fermano la nostra carovana abbassando la corda dopo il controllo dei documenti, permettendoci di  proseguire.  Comincia a far caldo , in Ciad non piove da molti mesi, placidamente greggi di capre pascolano sulle distese di campi di sorgo, già raccolto, ora solo paglia secca con radi cespugli e boschi di acacie spoglie, dal tronco rosso, rallentamenti e gimkane per le molte buche sulla strada, più o meno profonde, in lontananza una raffineria per il petrolio che arriva dal sud del Ciad, realizzata da imprese cinesi che ormai stanno invadendo tutti i mercati africani. A circa 30 km dalla città, in uno slargo a lato della strada, usata anche come cantiere per la costruzione di blocchi squadrati di terra impastata,img_5994lasciamo l’autobus e prendiamo i cinque fuoristrada che ci hanno lì raggiunti, già carichi di tutto il necessario per la durata della spedizione. Per un migliore affiatamento dei componenti del gruppo, Piero chiede che ogni giorno sui fuoristrada vengano ruotati i posti a sedre fra di noi. Alle 13 ci si ferma per pausa pranzo all’ombra di una acacia pèoco prima del villaggio di Ngoura, un panino con frittata e una banana. img_6004Raggiunto il grande villaggio, si lascia la strada asfaltata per continuare in direzione est immersi nell’Africa saheliana, diversi sono gli stagni con acqua dove si abbeverano gli animali, stormi di cicogne che subito si alzano in volo, nelle poche le abitazioni che si incontrano diverse donne, dalle vesti colorate che  i loro bimbi si recano ai pozzi con gli asini per fare scorta d’acqua. A bordo strada, ai lati delle case, vengono accatastati in vari mucchi,  piccoli tronchi e ramaglia di legno, che verranno venduti per il fabbisogno di altre famiglie, contemporaneamente un grosso autocarro stracarico di legname, all’inverosimile, viaggia che più inclinato di così  può solo sperare di non rovesciarsi. Penso a un territorio ormai deforestato, in realtà si tratta del recupero di piante morte sparse pe r sulla sabbia delsahel, un duro lavoro che fanno sopratutto le donne. La prima giornata è corsa velocemente su queste strade o piste, tanta natura selvaggia, molta pastorizia, alle 17 circa primo campo, poco prima del villaggio di Ab Touyour. Siamo in un grande area piana sabbiosa ai piedi di una roccia, montiamo le tende con l’aiuto delle guide, ognuno  trova il  posto che gli aggrada, c’è solo l’imbarazzo della scelta dove mettersi per ascoltare il silenzio della notte, salvo la presenza di russatori, si resta in attesa del sorgere della luna piena. Giornata calda sempre sui 40 gradi, anche di notte, ma niente zanzare .

rumore del respiro

huff , huff……viaggia con le antilopi dirigendosi dove l’acqua e le rocce si incontrano, guarda il fiume scorrere oltre la scogliera. E’ uno spirito femminile che vive e si aggira tra certi spazi naturali. La chiamano mutaforma, una figura divina capace di assumere con facilità la forma di animali. La leggenda narra che sia figlia di Crono e di Cibele, guida e protegge, è messaggera degli Abissi. A volte è invisibile, un essere fiabesco che rappresenta l’elemento aria.